10. Playlist anni '80 (II)

273 28 51
                                    

Lullaby - The Cure

Più il tempo passava, più a Zaira sembrava che l'universo, grazie a lei e le sue uscite prive di senso, avesse preso una direzione sempre più strana e inimmaginabile

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Più il tempo passava, più a Zaira sembrava che l'universo, grazie a lei e le sue uscite prive di senso, avesse preso una direzione sempre più strana e inimmaginabile. Se gli avvenimenti di sabato sera avrebbero portato a una colorita serie di reazioni in Ginevra, dipingendo uno spettro dall'arrabbiato al su di giri, quelli di domenica l'avrebbero di certo spinta a guardarla con aria confusa – ma non in senso buono.

"Oh, è la prima idea che ho trovato" pensò la ragazza, rispondendo così agli immaginari commenti dell'amica. "Sempre meglio che rischiare di vomitargli addosso, no?"

Certo era che la sera precedente mai si sarebbe immaginata di dover reggere la scala al ragazzo, intento a guardare nello stipetto della tapparella e a borbottare qualcosa sottovoce.

"Si è sollevato un pezzo di questi" disse all'improvviso, picchiettando l'indice su un elemento orizzontale in plastica. "Quindi si incastra quando la usi. Non ho la più pallida idea di come potresti sistemarla, però."

Zaira sospirò e mormorò un "Grazie", mentre il ragazzo chiudeva lo sportello, per poi scendere dalla scala. L'idea le aveva fatto guadagnare, bene o male, una mezzoretta che, tuttavia, non aveva affatto sfruttato per pensare a cosa dirgli di più intelligente per convincerlo a rimanere; spiegargli cos'era accaduto quando si era svegliata sarebbe stata la molla migliore, ma non se la sentiva ancora di aprirsi così tanto. Oltretutto, temeva che una simile confessione l'avrebbe portato a sentirsi costretto, cosa che alla sola idea le faceva salire di nuovo la nausea.

"Io vado a metterla via" annunciò Elia, afferrando la scala prima di attraversare il salotto.

Zaira andò a raggomitolarsi sulla poltrona, lasciandosi soffocare dai suoi pensieri. Cosa ci sarebbe stato di male nel dirgli di restare, in fondo? Anche solo per rimanere in silenzio uno al fianco dell'altra, senza nessuna implicazione di diversa natura. Nel caso in cui non l'avesse capita, le avrebbe dato il giusto terreno per nuove riflessioni su quanto valesse la pena portare avanti la strana relazione in cui aveva messo piede.

"Ma tu non organizzi mai delle feste o altro, qui dentro?" le chiese Elia, distogliendola da simili riflessioni.

Zaira si voltò a osservarlo mentre si fermava nell'altra metà della stanza, occupata in parte da un tavolo e un mobiletto basso pieno di libri appoggiato al divano alla sua sinistra, che lasciavano comunque un ampio spazio centrale in cui muoversi.

"Non ho così tanti amici" gli disse. "Oltretutto, se rompessi qualcosa mia madre sarebbe in grado di impiccarmi al lampadario."

"Vedo..." mormorò Elia, avvicinandosi alla cassapanca posta tra le due finestre, su cui erano state appoggiate fotografie e un paio di statuine in ceramica. Prese in mano una cornice, per poi fargliela vedere. "Qui sembri una bimba adorabile." La mostrava all'età di cinque o sei anni, col volto aperto in un sorriso sdentato e punteggiato dalle lentiggini di gran lunga più visibili a causa del sole estivo.

TwitterpatedDove le storie prendono vita. Scoprilo ora