· Extra - Anormalità ·

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Softcore – The Neighbourhood

Elia alzò lo sguardo dal blocco e si portò la matita alla bocca

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Elia alzò lo sguardo dal blocco e si portò la matita alla bocca. Mangiucchiò il fondo, il sapore della grafite esposta gli accarezzò la lingua, e osservò con attenzione la figura del Cristo alla colonna del Bramante, confrontandola col disegno che aveva abbozzato nell'oretta precedente. Aveva deciso di lasciare da parte lo sfondo a favore di una maggiore attenzione per l'anatomia possente del corpo del Redentore, focalizzandosi soprattutto sulle braccia tagliate dalla stretta delle corde che lo intrappolavano – una meraviglia della tecnica pittorica che lo lasciava sempre senza fiato. Negli ultimi dieci minuti era passato al volto, in precedenza solo tratteggiato nella forma, ma ora si sentiva in estrema difficoltà davanti agli occhi, così espressivi da fargli tremare la mano e portarlo a chiedersi perché avesse deciso di copiare proprio quell'opera, tra le tante che affollavano la Pinacoteca.

"Che il Veronese sia stato tolto è un inizio" pensò, facendo rimbalzare lo sguardo tra il foglio e il dipinto.

Quando aveva scoperto che la millantata riorganizzazione della collezione esposta aveva colpito il suo quadro preferito, finito in magazzino a favore di un altro veneto, Elia aveva valutato di abbandonare i piani che aveva per la giornata e tornarsene a casa. Tuttavia, il bisogno che gli scavava la carne era stato troppo forte. Aveva vagato per un po' tra le sale vuote delle prime ore del martedì, valutando quale opera potesse essere l'egregia sostituta di quella che tante volte aveva copiato e studiato, e infine si era seduto per terra davanti al Bramante, gambe incrociate, zaino e giacca di jeans appoggiati vicino a lui e la mano che subito aveva attaccato il biancore del foglio. Qualche guardia l'aveva squadrato confuso, e una donna era arrivata addirittura a chiedergli che cosa stesse facendo, ma erano bastate poche parole o il rapido mostrare del suo lavoro perché lo lasciassero in pace.

Non voleva pensare, e il disegno era sempre stato per lui l'unico mezzo per svuotare la mente. Anche a Trieste, approfittando del biglietto ridotto per gli studenti, si era nascosto spesso tra bianche mura del museo Revoltella per copiare i De Chirico o le figurette dell'Art Déco, o solo per rintanarsi all'ultimo piano e osservare il nastro azzurro del mare che spuntava dalle feritoie; quando non aveva abbastanza soldi per farlo si era limitato a copiare le statue bronzee che puntellavano la città – Joyce, Saba, Svevo... –, ma non gli avevano mai dato la stessa sensazione di pace a causa degli sguardi incuriositi dei passanti. Meglio la calma di un museo, i silenzi dei corridoi poco trafficati. Quando aveva scoperto che gli studenti dell'Accademia di Brera entravano gratis alla Pinacoteca era rimasto estasiato.

"Finalmente un luogo civilizzato!" aveva detto a Yukie.

Lei aveva accolto il commento con una smorfia. "Non capisco il tuo entusiasmo" aveva replicato con un grugnito. "Facessimo pittura o qualcosa di figurativo..."

Nel corso degli anni successivi era riuscito a farle capire il suo punto di vista, a spiegarle perché sentisse un bisogno fisico della calma di un museo, e talvolta anche lei si era unita alle sessioni di disegno. Yukie preferiva i leonardeschi e correva sempre a rintanarsi nel lungo corridoio con Luini e gli affreschi del Bramante, per poi raggiungerlo dopo un paio di ore e spiattellargli davanti una copia perfetta o una rivisitazione in stile cartoon che gli faceva sempre venir voglia di stracciare i suoi lavori. Elia si era chiesto perché non avesse scelto di fare altro, l'avrebbe vista perfetta come fumettista o illustratrice, ma ogni volta che aveva provato a parlargliene lei era stata così drastica nelle riposte da lasciarlo senza repliche.

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