Zaira desidera poche cose dalla vita: buoni amici, un paio di bicchieri di birra e passare gli esami per concludere la magistrale il prima possibile. Non crede le serva molto di più per essere felice, soprattutto dopo avere imparato a stare con se s...
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Certe volte, a Zaira sembrava di essere soggetta a impossibili accelerazioni del tempo, quasi fosse andata a dormire per svegliarsi qualche settimana più avanti, senza essersi persa nulla di importante nel periodo d'incoscienza. Talvolta una simile sensazione, invece, procedeva al contrario, portandola chiedersi come fosse possibile che fin troppi avvenimenti si concentrassero in un paio di giorni o poche ore e lasciandola con un vago senso di vertigine davanti a tutto ciò che le accadeva.
Quel venerdì, però, l'impressione predominante era di certo la prima: nei dieci giorni precedenti, infatti, non era successo niente. Il tempo si era diviso equamente tra università, discussioni con gli amici e nottate dedicate allo studio, alternate alla visione di film o alla lettura di fumetti. Grazie alla spinta di Michele e Ginevra, poi, si era decisa a scrivere a Elia per chiedergli se volesse accompagnarla alla festa dell'amica, ma il ragazzo le aveva risposto di avere un altro impegno.
In compenso, la sera precedente l'aveva chiamata a sorpresa dopo cena e, tra una parola e l'altra, avevano finito per chiacchierare fino alle due del mattino, quando Zaira, nascosta sotto il piumone, si era ritrovata a sonnecchiare sul cellulare a causa della stanchezza. Di cosa avessero parlato non lo ricordava neppure, ma durante quelle lunghe ore le era parso di averlo vicino a lei, steso sul suo letto e pronto a scompigliarle i capelli e farle il solletico davanti a ogni riflessione troppo cupa e pessimista – inutile a dirsi che era riuscito a farla sentire bene, tanto da rendere la successiva mancanza più acuta e difficile da sopportare.
"Cosa ne diresti di venirmi a trovare in Accademia la prossima settimana?" le aveva chiesto a un certo punto. "Così mi faccio perdonare per domani."
Zaira in un primo momento aveva nicchiato, non del tutto convinta che perdere delle ore di lezione fosse un'idea brillante o anche solo da considerare, nonostante il pensiero di rivederlo l'avesse fatta sentire subito su di giri, a un passo dal saltellare come una molla per tutta la camera.
"Dai, così andiamo in Pinacoteca" aveva continuato Elia con tono supplicante. "In supersettimana c'è sempre poca gente, se non qualche scolaresca da dribblare."
Alla fine, la ragazza si era ritrovata ad acconsentire, in parte perché curiosa di vederlo nel suo ambiente, in parte perché lusingata dalla sfilza di "Ti prego" con cui aveva deciso di convincerla. Oltretutto, l'ultima volta che aveva visitato Brera aveva ancora l'età dei bambinetti da evitare.
"Quando pensavi?"
"Martedì può andare?" aveva risposto lui. "Fino alle dieci sarò impegnato col torchio, ma poi sono libero fino al primo pomeriggio."
Dopo la piccola parentesi avevano ripreso a parlare del più e del meno, fino a quando, attorno all'una e mezza, la conversazione era scivolata nel sottile limbo di confessioni e pensieri capaci di nascere solo quando la mente è poco lucida. Zaira gli aveva raccontato a grandi linee dei genitori e di ciò che era accaduto, evitando però di farsi scappare tutto il ribollire di dubbi relativi al suo interlocutore, mentre Elia le aveva donato un nuovo pensiero fisso su cui fossilizzarsi.