03. Un caffè (II)

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Fino a quando il cielo esiste – Mox (feat. Fulminacci)

Tra le idee più folli che Zaira avesse mai avuto, quella che si era lasciata sfuggire ormai una mezz'ora prima assumeva a volte la faccia della vittoria, altre della sconfitta

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Tra le idee più folli che Zaira avesse mai avuto, quella che si era lasciata sfuggire ormai una mezz'ora prima assumeva a volte la faccia della vittoria, altre della sconfitta. Insomma, offrire un caffè delle macchinette – che non era neppure riuscita a pagargli, tra l'altro – aveva un qualcosa di pessimo, ma in fondo era solo grazie a una simile pensata dell'ultimo secondo che si era trovata seduta con Elia sulle panchine in legno del piccolo tavolo presente nel cortile del dipartimento, sotto un tiepido sole invernale che li scaldava quanto bastava per non farli tremare dal freddo.

Ci era voluto ancora qualche minuto perché la conversazione ingranasse e trovasse il giusto ritmo con cui procedere, ma, nel momento in cui erano riusciti ad abbracciare un buon equilibrio, tutto aveva iniziato a scorrere nel migliore dei modi. Elia era divertente, pieno fino all'orlo di parole e idee da scambiare, e certi commenti e battute mostravano un'intelligenza lucida e un buon intuito; ciò che, però, Zaira preferiva era la semplicità con riusciva a farla sentire a suo agio – doveva aver compreso il suo imbarazzo e deciso che era meglio non pungolarla.

"Visto che ormai l'hai finito, devo rivelarti una cosa" disse Zaira, picchiettando sul bicchiere di carta delle macchinette. "Una volta ci hanno trovato delle formiche."

L'altro spalancò gli occhi. "Stai scherzando" replicò. "Vero?"

"Ahimè, no."

Elia afferrò il bicchiere, osservò con fare critico l'interno ormai vuoto e, infine, si appoggiò allo schienale della panca. "Almeno si spiega cosa fosse tutta quella roba croccante" sentenziò alla fine, lanciandole un'occhiata divertita.

Zaira si mise a ridere, subito seguita a ruota dal ragazzo. Ci volle un po' prima che la leggera ilarità svanisse, lasciando spazio a un silenzio che lei ruppe con tranquillità. "In realtà è successo in Festa del Perdono" gli spiegò, mentre l'altro tirava un teatrale sospiro di sollievo. "Ma l'idea fa comunque abbastanza schifo."

"Sarebbe strano il contrario" replicò lui, per poi infilare una mano in tasca ed estrarre un pacchetto di sigarette. "Non ti spiace se fumo, vero?" le chiese, prendendone una.

Zaira lo osservò mentre se la portava alle labbra sottili e screpolate dal freddo. "Non c'è nessun problema" rispose, costringendosi a distogliere lo sguardo. "Anzi, ne approfitto pure io."

Elia le allungò la confezione, ma lei scosse la testa e recuperò, invece, il tabacco e le cartine. "Se devo farmi male, almeno preferisco sia un po' meno male" gli spiegò, per poi prendere il filtro.

Distolse del tutto l'attenzione dal ragazzo per concentrarsi sulla sigaretta che prendeva forma tra le sue dita esperte. Aveva iniziato in terza liceo, nonostante Michele avesse fatto di tutto per dissuaderla, al contrario della madre che, invece, aveva accettato la sua stupida ribellione con un mugolio infastidito; in fondo, Zaira sapeva bene che non avrebbe mai comprato il primo pacchetto, se solo la donna si fosse opposta.

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