Questa one-shot non è scritta a scopo di lucro.
***
How do I fix it? Can we talk? Can we communicate?
***
Centinaia e centinaia di riproduzioni non casuali dopo
Lauren M. Jauregui non si era mai creduta capace di un gesto simile. Quietata definitivamente la furia, le era rimasto solo il coraggio di battersi ancora con determinazione. Così, aveva scritto una lettera; un gesto d'altri tempi, un modo d'amare, un modo di farsi perdonare, un modo per sperare. Aveva speso anni a meditare sulle domande che Camila recitava, soffrendo, nella stessa canzone, che alle sue orecchie era diventata un calvario incorrotto; un percorso appassionato ed edace che la fustigava da mattina a sera. Anche quando non indossava gli auricolari, i morsi di quelle note veraci straziavano le sue carni.
Quel solitario e gelido giorno di dicembre, rischiarato dallo smunto sole di mezzogiorno, ella incedeva sulle strade innevate della Grande Mela; nascosta nel doppiopetto, una busta paglierina, recante solo la dicitura To Camz. Aveva ponderato con presunzione che la firma non sarebbe stata più di un elemento accessorio. Chi altro ti chiama così, mio sole tramontato? Solo un incosciente!
Ora avanzava lentamente, perdendosi in una frenesia di pensieri di pochi eguali. Un dubbio enorme, voraginoso, inabissava i suoi folli sentimenti in luogo del raziocinio e sì, anche della vergogna. Una mano viscida scavava i suoi anfratti, dal basso verso l'alto, picchiettando sulle ossa e strizzando ferocemente gli organi.
C'è davvero del giusto, o del giustificato, nella scelleratezza che sto per compiere? A quale diritto mi appellerò quando lei mi urlerà contro o peggio, non aprirà nemmeno la porta? C'è una possibilità menoma che non rida di me quando leggerà del mio amore vivido e costante sulla carta e nelle iridi?
Tra preoccupazioni e relative rassicurazioni, Lauren si accorse di essere arrivata a destinazione soltanto quando rischiò di proseguire oltre. Titubante, si arrampicò con lo sguardo sino alla sommità del grattacielo dai netti finestroni di vetro. Il traffico impazzava tutt'intorno. Una fiumana di persone frettolose la sballottava, complice la fretta, ma ella non se ne curò. Deglutì, mentre le palpitazioni raggiungevano le orecchie e le tempie. Poteva chiaramente sentire sotto la pelle un formicolio familiare. Camila non doveva trovarsi altrove.
Non può. Lo capirei e sarebbe più molesto di così.
Salutò cortesemente il portiere, dichiarando di avere una consegna per Camila Cabello.
- La chiamerò subito, signora. Se ha la pazienza di aspettare... -.
- Ma certo -.
- Che nominativo fornisco? -.
Lauren si mordicchiò le labbra, visibilmente indecisa. Poi sospirò.
- Lauren Jauregui -.
- Ottimo -.
Il portiere fu di parola: pochi minuti e Camila sarebbe giunta al piano terra, dimostrando una maturità molto più progredita della sua.
I suoi occhi smeraldini caddero sull'indicatore analogico posto sopra le porte serrate dell'ascensore. Una lancetta dal design vintage puntava il piano ottavo. Ogni scatto verso sinistra stringeva atrocemente la morsa allo stomaco. Non ce la posso fare! Le ginocchia persero tanto vigore che ella dovette poggiarsi con un gomito al bancone della hall. I piani diminuivano a ritmo costante, portatori di una sorte inesorabile come il tempo. Presto la rivedrò davvero, ma quanto rancore coverà nei miei confronti? Sarà di intensità pari al mio amore?
![](https://img.wattpad.com/cover/271950806-288-k506761.jpg)
STAI LEGGENDO
The Moon told me
FanfictionRaccolta di one-shot ispirata ai primi due album da solista di Camila Cabello, "Camila" e "Romance". Contiene ventiquattro capitoli, sia inediti che extra, per quanto riguarda le fanfiction presenti sul mio profilo. "Señorita" non è presente a causa...