4

4.3K 103 21
                                    

Per evitare gli infetti bisogna spostarsi continuamente. Fortuna che ho due polmoni da nuotatore, o non avrei mai retto la falcata di Marco.

Nel Parco della Spina verde le distanze sono ampie, il panorama della città sul lago ci accompagna. È un'altra, atroce giornata di sole. Per due che camminano tutto il tempo non è piacevole stare sotto lo zenit cocente. Ma teniamo duro.

"Siamo diretti in Germania a passo di gallina, quindi. Mi dici cosa speri di trovare?" esordisco, col fiato corto dopo due ore di passi svelti.

"Tecnologia" spiega lui, sbrigativo. Le sue cosce taurine si contraggono a ogni gradino naturale, come sempre cammina davanti a me. "Sono un patito di auto e che possano ammazzarmi se in Germania non troveremo macchine elettriche ancora utilizzabili. È una vergogna che nel mio tour per l'Italia non ne abbia vista neanche una. E comunque mancano i punti di rifornimento."

Ora è più chiaro. "Che facevi nella vita?" mi rendo conto che, dopo due settimane dal nostro incontro, ancora non gliel'avevo chiesto.

Marco si passa il dorso della mano sulla fronte abbronzata, ma senza rallentare. "Capocantiere. Lavoravo per una ditta di costruzioni internazionale. Mi sono innamorato di Berlino, avrei voluto portarci Silvia, un giorno..."

Quando nomina sua moglie ho sempre un groppo in gola. Non so perché, ma mi sento in colpa per qualcosa di non bene identificato. No, stronzate, so io cosa: negli ultimi sette giorni mi sono regolarmente masturbato pensando a quello che potrei fare e non fare con Marco. Inutile dire che, immediatamente dopo l'orgasmo, mi sono sempre sentito un guscio vuoto. Una persona di merda. Continuo a comportarmi come se niente fosse mentre di notte lo fioro, poi lo stringo, senza il suo esplicito consenso. Ha il sonno pesante, non si accorge di niente. Mi sento un pazzo, uno che non ha tutte le rotelle a posto. Se avessi le palle di dirgli quello che voglio, quello che sento, potrei vedere la sua reazione e mettermi il cuore in pace. Invece ho paura e rimango nel limbo, a coltivare un'amicizia 'casta e pura'.

"Qui va bene!" punta il ramo-bastone al suolo e mi fa cenno di avvicinarmi. "La terra è buona per la tenda. L'albero fa ombra e non perde pigne. I picchetti e gli altri ganci ce li hai tu, tira fuori tutto. A lavoro! Le scorte sono finite e se non cacciamo qualcosa prima di sera rimarremo a digiuno."

Parole sante. Dopo un'estenuante mezz'ora di montaggio, ho l'idea di controllare la mappa e scoprire qualcosa di molto interessante. "Hey, Mac, c'è un ruscello qui vicino."

Lui si rianima, spegnendo immediatamente la cicca contro la corteccia di un albero; sigarette che si porta dietro dopo aver svaligiato ben due tabacchini. "Porca vacca, andiamo subito a mollo!"




Ed eccoci qui, a sguazzare come due papere tenute per troppo tempo in cattività.

Il fiumiciattolo scorre abbastanza rapido, modellando le rocce muschiate. Gli uccellini cantano e tra un po' sento pure la ghiandaia imitatrice di Hunger games, se Marco non la smette di fischiettare. Rischia di attirare l'attenzione di qualche infetto errante. Anche se, effettivamente, tutta questa luce dà un'ottima visibilità.

Ci siamo spogliati completamente. Il sole rivela i nostri corpi per quello che sono, giovani e sodi. Lui è il triplo più peloso di me, meno affusolato e, come pensavo, il suo pene è abbastanza grande pure da moscio. È buffo come io tenti di distogliere lo sguardo e lui non capisca un cazzo della trama che si agita nella mia testa.

La verità è che ormai ci ho fatto il callo, dopo giorni e notti in cui mi sono ritrovato a non pensare ad altro: lui che mi prende selvaggiamente contro un albero, una roccia o un carrello da gelataio – non importa – o io che prendo lui, o un bel sessantanove coi fiocchi che soddisferebbe entrambi allo stesso tempo. Lui che mi stringe i capelli e mi dà della puttana mentre glielo prendo in bocca. Perché è questo quello che sono: solo una stupida vacca frustrata come me potrebbe fare certe fantasie su una persona innocente, che non mi ha mai dato modo di pensare male.

"Sai che hai proprio una bella faccia, per la tua età? Ti invidio, dimostri vent'anni."

Questo commento di Marco arriva come un fulmine a ciel sereno. Anzi, come una strana scarica di adrenalina. Mi accorgo che siamo a una decina di centimetri di distanza l'uno dall'altro, immersi nell'acqua fino a metà busto. Ci stiamo rilassando e solo ora mi rendo conto che lui mi guardava da almeno un minuto buono.

"Mh, sì, so di essere bello" mi paro e sondo pure il terreno. Ma non ottengo nessun cenno particolare nelle sue micro-espressioni.

Lui ridacchia come farebbe un nonnetto, non risponde subito. Alla luce del sole, il mio viso pallido e imperlato d'acqua deve essergli apparso come una sorta di visione, dopo ben sette anni di stenti, cadaveri putrefatti e mostri non-morti. È così, infatti, e si perde nei miei occhi. O forse sono io che mi perdo nei suoi. Momento romance no-sense.

"Senti, Marco... Io..." mi fermo. Dura un secondo, perché qualcosa porta via da me la sua attenzione.

Un fruscio, appena dietro un cespuglio troppo vicino, ci fa schizzare fuori dall'acqua e recuperare due teli. Marco afferra il fucile che porta sempre vicino, e per fortuna. Ci abbiamo visto giusto.

Un gorgoglìo osceno ci fa rizzare le antenne. Due figure nodose e deformi saltano fuori come grilli mostruosi e ci ringhiano addosso.

Infetti. Marco mi urla di scappare, ma non ha capito niente di me. Non lo lascio; dovessi combattere a mani nude. Esatto, non abbiamo ancora trovato un'armeria e questo genio qua non ha pensato, durante il suo viaggio, a sgraffignare altro oltre al fucile.

Ho un coltello a serramanico. L'ho fatto altre volte, quindi mi butto senza ascoltare le sue direttive.

Fame di carneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora