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Quindici giorni dopo arriviamo a Münsing.

Marco continua a ripetere sempre la stessa solfa: "Mal che vada, saremo di strada per Monaco" o anche "Su con la vita! Passata la stitichezza mentale, Al?".

"Il punto è che ho un pessimo presentimento da quando abbiamo lasciato il Liechtenstein, Marco" e quando lo chiamo col nome intero, significa che sono particolarmente serio. "Ragiona: quel messaggio potrebbe essere uno specchietto per le allodole. In più di un caso i Samorì si sono dimostrati più intelligenti degli zombie televisivi. Sanno creare trappole, organizzarsi in gruppi coordinati, appostarsi e attare alle spalle..."

Non mi ascolta, non è una novità. Io sono sempre più convinto di questa cosa; se stessimo andando incontro alla morte, giuro che sarei uno di quegli spiriti che tormentano le anime stesse dell'aldilà. "Ti verrò a cercare nell'oltretomba, Mac."

"Ti sei bevuto il cervello, amico."

Amico. Tra i mille soprannomi che mi ha dato: Al, Ale, Ally, ecc. deve proprio appellarmi come il primo giorno? Comincia a darmi fastidio e non so perché.

La conversazione finisce qua. Guarda tu se questa storia deve finire come penso io: una trappola e il massacro degli ultimi due uomini rimasti sulla faccia – o meglio, sulla feccia – della Terra.

Io e Marco non parliamo più per il resto della giornata. Ma arriva il momento di accamparsi, a una certa. Le strade buie della selva a sud di Münsing ci hanno impedito di proseguire alla cieca. Il nostro vero punto di arrivo, ovvero il topos esatto del messaggio superstite, è ancora a dieci chilometri da qua. Un'altra giornata di cammino e ci saremo.

In tenda, ci ritroviamo faccia a faccia come sempre. Devo avere proprio un bel visetto, per lui, perché Marco non riesce proprio ad avere il mio stesso broncio.

Le sue dita esperte saggiano la mia pelle come se dovessero ancora esplorare qualcosa, di me, quando già mi conosce tutto.

"Non mi basti mai."

E questa carineria da dove arriva? Lo guardo ancora ingrugnato. "Stai cercando di rabbonirmi?"

"Forse," ammette "ho voglia." Mi sussurra, e rabbrividisco per diversi motivi. Per eccitazione e paura. Paura di essere davvero diventato dipendente da lui, in tutto e per tutto.

Comincia a baciarmi con una dolcezza infinita. Non lo credevo capace di tanta delicatezza. Mi infila la lingua in bocca e mi assaggia come se stesse decidendo se sono commestibile o meno. Si prende il suo tempo, non ha fretta di scoparmi, perché sa che io sono tutto per lui.

Ricambio stringendo i suoi capelli neri e mossi. La sua barba da duro mi spazza la faccia, contrasta con le sue labbra morbide ed eccitanti... Mi sento ispirato. Così mi spoglio completamente e pretendo che lo faccia anche lui. Inverto la mia posizione sistemo la testa fra le sue cosce. Di lato, ci mettiamo in modo da poter prendere il pene in bocca l'uno dell'altro, con la testa comodamente appoggiata al muscolo sodo dell'adduttore.

Lui adora il mio corpo, gli ricorda molto lontanamente quello di una donna non depilata. Non ho i suoi stessi modi rozzi, sono quasi glabro fino al culo e più profumato in generale. Mi viene da ridere. Penso che gli piaccia solo questo, di me. E mi fa anche incazzare. Preferirei che mi apprezzasse per le mie qualità di uomo, di partner nella sopravvivenza. Invece lui è solo grato di essere incappato in una bella faccia con le chiappe lisce e l'ano pulito.

Non so perché sto pensando a queste cose, la verità è che mi sento cambiato, nei suoi confronti. Qualcosa mi brucia in petto. Mi morde lo stomaco e non voglio dargli un nome.

Cerco di cacciare indietro questo strano subbuglio mentale, spingendo il suo uccello più a fondo possibile nella mia bocca. Lo sento mugolare di soddisfazione.

Ben presto, il sessantanove fa perdere la ragione anche a me. Le gioie che dona questa posizione mi portano a stringere le cosce intorno alla sua testa e venire di pancia, con ardore. Come dice lui, i miei orgasmi sono "da porno premium". Ingoio il suo seme e lui il mio, per un duplice motivo: erotico, ovviamente, e per le proteine che ultimamente scarseggiano. Non è la prima volta che beviamo avidamente i liquidi l'uno dell'altro; quando non avevamo più acqua e stavamo crepando di sete, ad esempio, ci siamo calati i pantaloni a vicenda e...

"A che pensi?"

Batto le palpebre. Marco mi ha parlato nell'incavo del collo, solleticandomi i nervi sottopelle.

"A te."

"Wow" commenta, con un tono un po' strano. Si alza appena per guardarmi meglio.

"A questo..." continuo, a pochi millimetri dalle sue labbra. Con un dito gli sfioro pigramente lo zigomo. Mi sto riferendo al modo in cui mi guarda i lineamenti del viso, il corpo, i capelli che ama afferrare e tirare. Il modo in cui mi prende, come se volesse sfondarmi e diventare un tutt'uno con me. Magari, anche lui si sente cambiato.

"Che c'è tanto da pensare?" dice, strusciando la bocca contro la mia tempia, baciandomi la testa.

Magari penso al fatto che adoro immensamente le nostre coccole che, ultimamente, si sono fatte sempre meno bestiali e sempre più "devote"? E i nostri sguardi d'intesa? Mi bruciano la retina e arrivano dritto al cuore.

"Sono diventato un rammollito, da quando ho cominciato a prenderlo nel culo" dico invece, con la mia solita eleganza verbale.

"Fai sul serio?" e ride, poi torna serio. "Aspetta. Che vuoi dire?"

"No, niente..." Sospiro, e la mia faccia in questo momento deve dirla lunga. Sono il ritratto dell'adorazione. "Non so che cazzo mi succede. Quando torni dalla caccia e ti sento arrivare mi prende un colpo. Quando mi prendi casualmente per mano mi prende un altro colpo... E sono diventato praticamente ninfomane."

Marco si è ammutolito. E non è la reazione che mi aspettavo. Io so cosa vorrebbe dirmi, qualcosa come: 'Alex, tu sai che tutto questo è solo per necessità, vero? Per necessità di sanità fisica e mentale.'

"Penso sia normale, Al, rimuginare sempre l'uno sull'altro. Insomma, la situazione è quella che è."

Lo guardo e annuisco. Annuisco per finta. Lo bacio distrattamente e mi metto a dormire.

La questione si chiude qua, per ora.

Fame di carneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora