POV MARCO
Alla fine, l'ho ucciso.
Il cranio sfondato del medico giace ai miei piedi. Oggi era venuto da solo per comunicarmi il mio imminente trasferimento ai campi di lavoro. Non essendo riusciti a prelevarmi neanche un goccio di sperma, mi hanno classificato come soggetto mentalmente instabile e pericoloso, e hanno ragione.
Con la sola forza delle mani, ho aggredito questo povero diavolo grazie al fatto di essere riuscito a evitare di ingoiare la dose di tranquillante. Sono ufficialmente un assassino e adesso... posso immaginare quello che accadrà. Le mie mani grondano di sangue, dato che il cranio gli si è rotto a pochi centimetri da me.
Il colpo è stato secco; non gli ho dato il tempo di reagire. Pessima idea quella di presentarsi senza uomini armati, un errore fatale. I compagni di prigione intorno mi guardano in silenzio e con il massimo rispetto.
Il mio senso di soddisfazione dura ben poco, comunque. Sento già dei passi avvicinarsi alla cella. Sono solo due piedi, non ha molto senso...
Mi sporgo appena per guardare, anche se non ci vedo benissimo, ultimamente: la fame, i cali di zucchero, il sudore e l'orrore per quello che ho appena fatto mi offuscano la vista.
È un uomo con un tutone bianco, i guanti e la mascherina. In testa ha la cuffia igienica degli infermieri. Pensavo si fossero arresi, quei bastardi! Bene, vorrà dire che oggi, in questa cella, si consumerà un duplice omicidio.
Indietreggio, pronto per l'attacco. L'uomo dà un paio di inchiavate alla cella e apre. Mi trova come un orso appostato per la caccia. Prima che possa dire qualcosa, l'ho già sbattuto forte contro le sbarre, accompagnato dagli applausi degli altri prigionieri.
"Nnh- idiota, sono io!"
La sua voce è strozzata e ovattata dietro la mascherina, ma questi occhi... io li conosco bene. Sono gli occhi più belli del mondo.
"Ale-"
"Sssh" mi zittisce premendomi un guanto contro la bocca. Mentre gli altri non si spiegano come abbia potuto risparmiarlo. Alex non vuole essere riconosciuto e io ho già le lacrime agli occhi per la gioia.
Lui sposta lo sguardo verso il cadavere, lo guarda per un attimo, poi mi prende per un braccio e mi porta via. "Abbiamo quattro minuti, Mac, quattro minuti per salire sul rover e sfondare il cancello nord delle mura."
"Alex, come... come hai-"
"Non c'è tempo. Nel portabagagli del rover..." spiega, conducendomi con sé e ponderando attentamente gli angoli da svoltare e gli scenari da evitare "ci sono due taniche benzina. Ci basteranno per arrivare a Monaco."
Il mio cuore scoppia letteralmente di felicità. Io credevo che fosse morto.
Mi sono disperato per settimane! Ho desiderato di morire per raggiungerlo e con la mente ho ripercorso ogni singolo istante passato insieme, ogni centimetro della sua pelle... che invece è ancora viva, e mi sta portando con sé.
Ero convinto che fosse morto credendo che non lo amassi, dato che non ho fatto in tempo a dirglielo, e mi sono odiato a morte. Mi sono ferito ovunque. Ho urlato di disperazione. Ho sbattuto la testa contro il muro ma gli infermieri mi hanno legato per non farmi continuare. Alex... sei un'ossessione simile a un gemello siamese, di quelli attaccati per il cervello, che non possono essere chirurgicamente separati. Sei il mio sistema nervoso, i recettori dei sensi sotto la mia carne. Ho provato a staccarmi da te, ho fallito atrocemente.
Ci buttiamo nel rover militare e lui si libera di tutti gli orpelli igienici di dosso. Noto che ha tagliato leggermente i capelli. Sta bene, così. Il suo profilo perfetto è la Luna del mio cielo, la mia salvezza...
"Mac! Togliti questa faccia da ebete e imbraccia il bambino!"
E mi spinge un grosso mitragliatore tra le braccia. Ha proprio ragione, devo riprendermi e collaborare.
È sera e il confine nord della colonia ci attende con almeno due sentinelle di guardia. Alex accelera, spinge il pedale fino in fondo.
Le guardie in cima alle due torri di calcestruzzo avvistano la nostra corsa e iniziano a sparare. Mirano alle ruote e al vetro del guidatore, che si spezza in basso a sinistra per il colpo di un proiettile. La carrozzeria diventa immediatamente bollata di colpi, ma miracolosamente le ruote vengono solo sfiorate di striscio.
"Pronto all'impatto!" urla.
Con un boato assordante, il paraurti corazzato dell'auto sfonda il cancello nord e siamo fuori. Corriamo all'impazzata. A cento all'ora, ci lasciamo alle spalle la soffocante colonia nazista.
Ci dirigiamo verso nord-est a tutta corsa. Mentre sgancio i cavi delle trasmissioni dalla plancia del rover, per non essere rintracciati tramite gps, Alex continua a spingere sull'acceleratore.
"Li abbiamo seminati da un pezzo! Ahahah!" la risata di Alex è musica.
Sento di capire meglio Alessandro. Perché ora sono io quello che sta per avere un crollo nervoso. Mi sento orribilmente sollevato, perché sto tentando di elaborare la realtà atroce in cui ho vissuto nelle ultime settimane e il fatto che Alex sia vivo e di nuovo con me.
Sfrecciamo verso Monaco. Abbiamo due taniche di benzina, quanto basta per arrivare a Monaco in fretta e furia e cercare un nuovo mezzo con cui affrontare la vita. Ma la voglia di fermare l'auto per abbracciare Alex mi sta facendo impazzire. Stringo il suo ginocchio, lui posa la mano sulla mia e poi cambia marcia, mette la quinta.
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Fame di carne
AdventureAlex e Marco credono di essere gli ultimi rimasti sulla Terra. Si abbracciano appena s'incontrano, non credono ai loro occhi. Hanno vagato singolarmente per anni, disperati, soffrendo la mancanza di contatto fisico. Più che per gioco, il sesso tra...