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Münsing. Quella è la nostra destinazione.

Marco non sta nella pelle, dice che è una città tedesca anche più vicina di Monaco. Io sono ancora sconvolto, anche dopo tre giorni di marcia non ho ancora elaborato la cosa.

La verità è che niente ci assicura che la voce della trasmissione radio sia ancora viva. E che lasciare Vaduz mi ha stracciato il cuore: era il nostro paradiso, quello, io e Mac eravamo i due Adamo in quel giardino meraviglioso fatto di castelli e prati rigogliosi. Ma Marco ha dovuto saltare alle conclusioni e trascinarmi via da quel sogno. L'ho odiato per questo, ma finché sto con lui non mi posso lamentare più di tanto. È un killer spietato di infetti, un buon cacciatore e un amante, beh, fenomenale. Facciamo l'amore due volte al giorno, così ci assicuriamo le nostre dosi di scarico-testosterone e rimaniamo tranquilli e concentrati.

Inutile dire che, da quando scopo così tanto e regolarmente, l'ansia è sparita e dormo come un poppante.

Quello di trombare con lui è un bisogno primitivo, per me. Per Marco non saprei, molto probabile che sia lo stesso. Adoro questo tipo di rapporto, è trasparente e perennemente eccitante, scopro ogni volta una nuova forma di godere. Capita che ci guardiamo con occhi dolci, ma è perché siamo fieri l'uno dell'altro, come due migliori amici nel mondo dei balocchi. Ne abbiamo superate tante in soli tre mesi, abbiamo collaborato per una questione di vita o di morte.

Siamo a circa metà strada, abbiamo fatto parecchie soste perché il mio umore non è dei migliori. Continuo a lagnare e a rimpiangere Vaduz, mentre Marco mantiene sempre quell'ottimismo che a volte mi irrita un po'.

"Dormiamo in tenda, stanotte?"

"Sì, Penzberg non è sicura. Troppi edifici tutti attaccati, meglio rimanere nelle foreste accanto." Marco ha come un sesto senso e si gira a guardarmi. "Al, tutto bene? Hai una faccia di chi va stitico."

"Hai azzeccato" rispondo, sbuffando. La coltre nuvolosa sulla Germania del sud mi ha reso caustico. Ora faccio una scenata random. "Possiamo rallentare?"

"Abbiamo fatto una sosta solo due ore fa..." si avvicina e mi stringe le spalle. "Ti fa male qualcosa? Forse ho esagerato, l'ultima volta?"

"Mh, forse sì" prendo la palla al balzo. "Magari, potresti farti scopare tu, la prossima. Sono due mesi che lo deside-"

"Che? Io?" sbotta, con una faccia da cazzo che, Dio, me lo aspettavo. "Frena, amico. Abbiamo stabilito i ruoli a letto, lo sai. Sarebbe grottesco a posizioni invertite: una fata dei boschi che si fa un orso marsicano, per intenderci."

"Grottesco? Ma di che minchia stai parlando? Viviamo in un mondo di mostri cannibali!" allargo le braccia, e comincia a piovere. Adesso so pure evocare la nuvoletta di Fantozzi.

"Sì, insomma... Tu hai un corpo così bello, elegante, ormai elastico. Non ci tengo a prendermi un palo nel culo. Ecco." Marco avrebbe anche potuto rispondere solo con la seconda parte della frase. La prima è ipocrisia.

"Cristo santo, Mac, pensi davvero di aver trovato una donna o peggio, il tuo buco personale?" okay, ora sono partito. "Sono un uomo. Sono biologicamente fatto per penetrare. Non fotto qualcuno da cinque anni! Per te mi sono fatto il culo, letteralmente. Ogni tanto potresti ricambiare, ne avrei bisogno..."

Come non detto. Le ciglia folte di Marco formano un cipiglio di totale negazione. Sembra un cavernicolo, una scimmia da grotta.

"Fotterai qualcuno quando incontrerai una donna."

Mi lascia a bocca spalancata.

Non va bene, non va affatto bene. Questo è quello che succede a stare a contatto con qualcuno ventiquattro ore su ventiquattro. A dargli tutto te stesso senza freni, ottenendo paletti in cambio.

La pioggia si fa più forte e io vorrei bestemmiare; sembra che le condizioni meteo si siano fatte avverse per farci smettere di discutere. Ci decidiamo a riparare nella foresta più fitta e a montare la tenda.

Inutile dire che, dopo solo venti minuti di broncio, ho di nuovo voglia di lui. Fortuna che è Marco ad approcciarmi, lasciandomi un briciolo di dignità.

"Ti posso dare un bacio?" mi sussurra all'orecchio, mentre uniamo i nostri sacchi a pelo.

"Sì..." rispondo impercettibilmente. Non posso resistergli. Il suo respiro è diventato il mio, il suo corpo è la mia estensione, lo conosco a memoria, e questo mi eccita. Ci eccita.

Siamo animali perennemente in calore, c'è da ammetterlo. Siamo in mezzo al nulla e solo per questo mi sembra giusto fare quello che faccio con lui.

La sua mano si intreccia alla mia, mentre l'atmosfera si riscalda. Nella nostra piccola tenda c'è spazio quanto basta per scopare alla missionaria, la mia posizione preferita. Mi piace essere penetrato da davanti, lo sento molto più vicino. Posso guardare tutte le espressioni di godimento che gli contorcono la faccia. Ma non stasera. Stasera non mi fotte.

Marco divora il mio corpo, mi succhia i capezzoli e scende verso il centro delle mie gambe, che divarico senza pudore. La sua testa si infila e rimane lì, dove mi fa impazzire. Con un lento ondeggiare cerco di entrare completamente nella sua bocca, e la sua gola si rivela più profonda di quanto avevo considerato. I miei gemiti stanno già galoppando fuori dalla tenda.

Senza forzare troppo, spinge un dito per aprirmi, ma faccio resistenza. "No. Mi fa male."

"Vero, scusa. Aspetterò." Marco non la prende sul personale, per fortuna, ma stasera non ho proprio intenzione di dargli il culo. Deve continuare a succhiarmelo fino a farmi scaricare tutto nel suo esofago, e così fa. Il crepitio incessante della pioggia e l'ululare del vento coprono il suono del mio orgasmo sconquassante.

Lui mi accende, mi brucia come una candela e alla fine mi ritrovo a essere altro da quello che ero tre mesi fa. Come un cerino arso. E non è così male. Noi due ci apparteniamo, la sua pelle è mia proprietà e io la sua.

Mentre glielo succhio per bene, mi ritrovo stranamente a pensare.

Siamo stati fortunati – troppo, per i miei gusti – a incappare in quella trasmissione, guarda caso a relativamente pochi chilometri da noi. Se non fosse che Marco mi stia spedendo in gola il suo sperma, forse giungerei a una qualche conclusione più complottista e intelligente. Invece, mi limito a crollare sul suo petto, provato. Voglio solo addormentarmi abbracciato a novanta chili di carne sudata e tiepida.

Fame di carneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora