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POV MARCO

La sera ci riuniamo attorno a quattro falò di campo, disposti agli angoli di un ipotetico quadrato. Duemila persone in cerchio a chiacchierare di tutto e niente.

Attraverso le fiamme intravedo il volto di Alex. È angelico come sempre, ma non mi sembra raggiante come lo sono io accanto a mia moglie. Alla mia nuova moglie. Da due mesi a questa parte.

Sono stato capace di sotterrare il passato: Silvia e Alessandro sono un ricordo. Solo che uno dei due è vivo e vegeto, respira la mia stessa aria e siede a pochi metri da me.

Sarò immune al batterio che ha sconfitto l'umanità, ma non allo sguardo di Alex.

So cosa vuole, quello che i suoi occhi da cerbiatto mi chiedono costantemente. Per prima cosa vorrebbe parlare, capire come mi sento, chiarire la situazione o fare un qualche tipo di chiarezza sulla cosa. I suoi occhi azzurri li sento dentro lo stomaco, si muovono nella mia carne. Per mesi ho guardato solo quelli, ora me ne trovo migliaia tutt'intorno e i suoi li riconoscerei anche in una folla al buio.

Non c'è niente da chiarire, ragazzo mio. Presto saremo padri, poi nonni, se Dio vuole.

I nostri figli giocheranno insieme, magari. Se io farò un maschio e tu una femminuccia o viceversa, potremo essere parte dello stesso nucleo famigliare allargato. E questo è tutto quello che ci è concesso, Alex...

"Marco?"

Sobbalzo sul tronco della mia seduta. Non mi sono minimamente accorto del fatto che Alex è sparito da dov'era prima. E ora è esattamente dietro di me e mi ha appena richiamato tra i vivi.

Mi volto come un assassino di fronte alla polizia.

"Sì?"

Lui si umetta le labbra, tenta di contenersi, lo vedo. "Possiamo parlare un attimo?"

Accanto a me, Samantha alza gli occhi e lo guarda strano. Lei è intelligente, sa che Alessandro Costa è il bel ragazzo col quale ho passato mesi da solo e col quale sono arrivato. Ma nient'altro. Devo fare molta attenzione.

"Sì, certo" rimango come sempre tranquillo all'apparenza. Prego che nessuno stia guardando la sua faccia implorante e sottomessa, che mi prega di seguirlo. Devo mantenere la calma e il contegno sul mio presentimento.

Seguo la schiena dritta e familiare di Alex fino al primo angolo, poi svoltiamo. Ci addentriamo ancora in un vicolo dietro a una pila di container abitativi, che ora sono vuoti; sono tutti alla cena collettiva in piazza.

Alex si volta, poi bestemmia, facendomi trasalire.

"Marco, non so da dove cominciare, cazzo!" si mette le mani nei capelli. Ha il respiro spezzato e inizia a piangere come non l'ho mai visto fare. "Perché mi stai evitando come la peste da due mesi?! Sei una testa di cazzo!"

"Perdio, Al, mi stai spaventando." Sembra che stia avendo una vera crisi di panico. "Alex, guardami. Okay, guardami."

È sconvolto, respira a fatica. Prendo il suo viso tra le mani e, quando tocco la sua pelle, una scarica elettrica mi attraversa la schiena. La consistenza della sua pelle, così diversa da quella molle e scura di Samantha, mi porta a galla tutti i ricordi che ho cercato di seppellire.

"Marco, non ce la posso fare. Questo posto mi sta stretto. Sono dei fottuti dittato-" il pianto rompe le sue parole. Capisco che ha una crisi di nervi non solo perché gli manco. Ma anche perché non vuole diventare padre. Forse non vuole neanche la giovane Vera.

Io scuoto la testa, cerco di restare risoluto. "Mi dispiace, Al. È... è così."

"Non voglio che sia così! Io mi sentivo libero, prima! Disperato e impaurito per il futuro, ma libero!"

E come dargli torto? Ma io la penso un po' diversamente da lui. Devo pensarla diversamente. Me lo sto imponendo per non ritornare in mezzo al nulla e in balìa degli infetti e dei pasti irregolari.

"Per favore, calmati. Sta' calmo e ragiona" asciugo le lacrime sotto le sue palpebre, non lascio la presa. La sua pelle ha l'odore che non scorderò mai: fuoco sui ceppi e pioggia nella selva. "Solo qui possiamo sopravvivere a lungo termine, Alex. Solo qui. Abbiamo fatto tanta strada e meritiamo delle sicurezze."

"Io non sono più sicuro di niente!" sbotta, e io non lo lascio. Mantengo la presa finché lui mi si butta contro e mi stringe forte.

Non farlo, Alex, non mi provocare così... Adesso devo chiedertelo.

"Che cosa vuoi, tu?"

Lui smette di piangere improvvisamente. Mi guarda con due occhi che sono specchi da evitare, per me. Non voglio sondare i suoi desideri, le sue verità.

"Voglio te, rivoglio noi."

Fame di carneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora