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Quattro ore dopo devo già alzarmi e smontare baracca e burattini, come si dice.

Marco è già fuori, mentre mi sveglio in uno stato di effimera beatitudine. Quello che è successo poche ore fa mi ha lasciato appagato come non mai, ma anche in imbarazzo. Non posso farci niente, perché so quanto Marco tenga ancora a Silvia. Ho sentito il freddo metallo della fede contro la mia pelle, per un attimo.

Tento di scacciare le mie insicurezze. Metto su un muso stoico ed esco dalla tenda, trovandomi un Marco tutto contento alla luce dell'aurora.

"Guarda che ho trovato! Dio, se è un colpo di fortuna" e mi fa vedere quattro uova di tortora, che ha messo in un sacchetto di stoffa.

Sorrido, profondamente sollevato per due motivi: dopo avermi segato come se niente fosse, Marco è rimasto lo stesso e abbiamo pure la colazione.

La nostra marcia verso nord riprende, ci fermeremo alla prima città o paese di passaggio sopra Como. Ad essere onesto continuo a chiedermi se Marco abbia ragione o meno. In Germania troveremo un'auto con la quale spostarci? Sarebbe una vera benedizione, perché smetteremmo di dover procacciare un rifugio diverso ogni notte, potremmo dormire in macchina e in caso di pericolo mettere in modo e andare.

"Finché la tua ferita non guarisce, evitiamo di passare dentro i paesi. Ci terremo ai margini delle campagne." Marco mantiene il percorso protetto dagli alberi e all'ombra, per non soffrire il caldo di maggio.

Non sono pienamente d'accordo. "Le provviste sono finite e i farmaci cominceranno a scarseggiare tra meno di un giorno..." fortunatamente, di acqua ne abbiamo a sufficienza. Al limpido ruscello del Parco Spina verde abbiamo riempito due borracce a testa.

"Lo so, Alex, ma di questi tempi chi si ferisce diventa automaticamente una zavorra. Per ora è come se avessi un braccio in meno, il dolore ti rallenta e ti rende più esposto ai morsi di infetti col ceppo mutato. E dopo quelli non c'è scampo, lo sai."

Odio il fatto che quest'uomo ha sempre, dannatamente ragione. Mi rassegno al mio stato di quasi menomazione, augurandomi di guarire più in fretta possibile. Nel frattempo, gioisco dentro quando ricordo in che verso è finita la nostra relazione: nel modo più sereno possibile. Nessuna inutile tensione da sentimentali, solo la voglia reciproca di scoprirsi.




"Ah! Nh- Marrrco..."

"Sì, fammi sentire. Non trattenerti."

Mi sembra di vivere un sogno, o un porno di alta qualità.

Alla fine, non siamo riusciti a resistere: il desiderio ha prevalso e ci siamo letteralmente aggrediti a vicenda, lottando brevemente per il ruolo da attivo. Ha vinto lui, per dimensioni e forza fisica.

La mia prima volta con un uomo me l'ero immaginata diversa. Anzi, non me l'ero mai immaginata proprio.

Sono pressato contro un muro pieno di graffiti, i nostri zaini a terra. Dopo esserci assicurati che la zona fosse pulita da eventuali infetti, gli sono saltato al collo e la prima cosa che ha fatto è stata strizzarmi le chiappe. Questo gesto apparentemente istintivo mi ha invece confermato che anche lui mi desiderava da tempo. Dal primo giorno che ci siamo visti, per l'esattezza.

A questo punto mi chiedo: l'apocalisse ci ha tolto l'umanità, o l'ha esacerbata? Siamo diventati animali senza razionalità né freni inibitori? Non lo so, posso solo lasciarmi andare senza ritegno. Ho voglia di essere posseduto da lui, anche se farà male, dannazione.

Crollo con le ginocchia nude sul cemento, mentre lui si versa un goccio d'acqua sul pene. Molto meglio di niente, dato che il gel Durex è un lusso divenuto quasi inesistente. Poi mi infila due dita in bocca e io collaboro per il resto. Non ci capisco più niente. Non è difficile immaginare come possa funzionare il sesso tra uomini, conosco il mio corpo e la stimolazione prostatica. L'ho praticata in passato, con la mia ragazza, ma è tutta un'altra cosa. Non ero pronto a questo.

"Dio, Alex..." avverto queste parole appena prima di sentirlo entrare. Urlo di dolore, mi contorco come un'anguilla sotto le sue mani, e per fortuna si ricorda che ho un uccello anch'io. Inizia a masturbarmi curandosi di fare il più piano possibile, lì dietro. Una lacerazione anale è l'ultima cosa che mi serve, in mezzo a questo nulla fatto di polvere e microbi. "Sei fantastico" aggiunge, ipereccitato.

Ci credo. Sono un bocconcino prelibato, dato che poteva capitargli un vecchio o un obeso con le piaghe. Avrei anch'io voglia di penetrare un bel corpo, dopo anni di magra. Ma il dolore mi sta facendo perdere di vista quello che voglio davvero: sesso. Non importa come o dove o con chi. Lo desidero anche se è brutale, perché sentire finalmente un corpo che spinge contro di me, che mi tocca, che agisce su di me, mi eccita da morire. Marco sta impazzendo di piacere, lo sento. Il sedere mi fa dannatamente male, brucia, ma lui riesce non so come a evitare il peggio. Il suo liquido preseminale inizia a lubrificarmi meglio e finalmente posso tentare di rilassarmi, diminuendo la resistenza muscolare. Con pazienza, le sue spinte si regolano in base alla mia risposta elastica. Poi aumenta il ritmo, fino ad arrivare a scoparmi come un dannato.

"Cazzo... piano, Marco!" gemo forte, chiamo il suo nome e, quando lo faccio, sento il suo pene diventare ancora più duro. Dio, se fa male, ma un piacere perverso supera lo sforzo fisico e mi travolge. Mi sento una vacca da monta. Sono a quattro zampe e lui mi stringe il codino biondo fino a distrarmi dal dolore con altro dolore.

È questo il sesso tra uomini, quindi? Niente carezze, niente effusioni... Ci siamo morsi, presi a schiaffi sulle natiche, ci siamo buttati al suolo e sollevato polvere come due lottatori di Sparta. Mi piace. Marco mi piace.

Quando sento l'orgasmo avvicinarsi come l'onda di uno tsunami, urlo più forte. Non me ne fotte niente. Non mi vergogno, mi sta facendo suo e io gli permetto di prendersi quello che vuole, perché lo voglio anch'io.

"Alex..."

Stringo i pugni, cerco di aspettarlo. Lui gode come un grosso gorilla africano. Non mi sento più io, a dir la verità. Sto scoprendo un altro me, un lato sadico e lussurioso che non credevo mai di possedere. Me l'ha tirato fuori lui.

Poi accade. L'ossigeno mi arriva al cervello tutto di botto quando sento qualcosa di liquido invadermi a getto il basso intestino. Mi ha voluto fino in fondo, il bastardo. Altro che pudico ex maritino in lutto. Mi sento farcire come un tacchino del giorno del ringraziamento, ma non ho tempo di elaborare perché anch'io butto fuori il mio piacere, un po' nella sua mano, un po' al suolo. Nettare sprecato.

Dire che sono sbattuto è dire poco. Sono schifosamente esausto e la spalla mi brucia da impazzire. Più del culo. Anzi, il dolore alla spalla mi fa dimenticare che cosa ho appena fatto del mio povero ano.

Quando Marco esce da me, mi giro a guardarlo e trovo la sua faccia il ritratto della beatitudine. Mi fa un sorrisone e mi tira a sé, non mi dà neanche il tempo di rimettermi le mutande.

"È stato... Wow" ha gli occhi lucidi. Gli viene da piangere per la felicità e anche a me. Soprattutto perché il mio sedere sembra abbastanza intatto, a parte il fatto che colerà il suo sperma almeno per qualche minuto. O direttamente domani sul cesso.

Crollo con la fronte sulla sua spalla. Lui mi scioglie i capelli e mi rifà il codino. Gliene sono grato, dato che avevo tutti i ciuffi appiccicati al collo e alla faccia.

"Potrei diventarne dipendente, Al."

Ansimo contro il suo collo bronzeo. "Dobbiamo... andare via. Trovare un rifugio. Abbiamo fatto casino, potrebbe esserci qualcosa nei dintorni."

Marco mi stringe la nuca e mi lascia un bacio in bocca. È rozzo, mi piace. La sua barba mi invade la faccia, facendomi sentire ancora strano, perso in questo tipo di sessualità. Ma le sue labbra ben definite mi rassicurano, come sempre.

"Finché stai con me, avrai sempre un rifugio." 

Fame di carneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora