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-Sai, secondo me hai proprio un futuro da insegnante- mi dice Davide, non appena usciamo dall'aula.
Io lo guardo male, per poi scoppiare a ridere.

-Beh, diciamo che non è mai stato nei miei piani, però posso farci un pensierino- rispondo, raggiungendo tutti gli altri, che sono già seduti a tavola per il pranzo.
Oggi c'è persino qualcosa di commestibile, un semplice brodo accompagnato da dei crostini croccanti.

Lanciando uno sguardo all'altro lato del tavolo, vedo Valentina immersa nella lettura del libro di storia.
Arrotolo il mio fazzoletto e glielo lancio, centrandola in piena fronte.

-FEDE! Potevi semplicemente chiamarmi, sai?- protesta lei, chiudendo di colpo il libro e legandosi i lunghi capelli color nocciola in uno chignon disordinato.

-Scusa, ma lanciarti in testa un fazzoletto sembrava molto più divertente- rispondo io, per poi alzarmi e raccogliere i piatti ormai vuoti di tutti i miei compagni.

Mi avvicino a Giordano, che sta masticando un pezzo di crostino, avvolto nei suoi pensieri.

-Terra chiama Giordano- dico, sventolandogli il palmo della mano davanti gli occhi.
Lui sembra risvegliarsi da uno stato di dormiveglia, ingoiando velocemente il boccone.

-Non dirmi che è arrivata...-

-Si, è arrivata- mi ferma lui, prendendosi la testa tra le mani.

-L'ansia pre-esame- concludo io, posando la pila di piatti sul tavolo e sedendomi sulle gambe di Davide, così da essere accanto a lui.

-Senti, sappiamo entrambi che tu sei il migliore della classe. Sei bravissimo a scrivere, e per matematica ci penseremo io e Davide...- inizio, mettendogli una mano sulla spalla.

-No, non sono il migliore- mi interrompe lui, lanciando uno sguardo truce al ragazzo seduto a poche sedie di distanza da lui.

Sento Davide sbuffare.

-Non penserai ancora a Di Piero, vero?- chiede, anche se la risposta è abbastanza ovvia.

-CERTO CHE CI PENSO ANCORA! È NORMALE CHE CI PENSI ANCORA! LO SAPETE QUANTO MI DA FASTIDIO PENSARE DI ESSERE SECONDO- dice, alzandosi di scatto dalla sedia.

-Ma non sarai secondo. Ne sono sicura- cerco di rassicurarlo io, ma lui se n'è già andato, chiedendo il permesso al sorvegliante di ritornare in camera.

Io rimango stupita, voltandosi verso Davide.

-Ho detto qualcosa di sbagliato?- gli chiedo, rialzandomi e finendo di mettere a posto i piatti.

Lui scuote la testa, iniziando ad aiutarmi.

-No, non hai detto nulla di sbagliato. Sai com'è fatto Giordano, più di chiunque altro qui dentro. Deve essere il migliore-

-Ma lui è già il migliore! Non lo capisce! Crede che Di Piero sia migliore solamente perché già prima di arrivare qui indossava giacca e camicia! Senza offesa, Andrea- dico, voltandosi verso il ragazzo, che mi congeda con un gesto della mano e un sorriso.

-Lo capirà, tranquilla. Tu hai già fatto abbastanza. E poi...- continua, avvicinandosi a me e prendendo tra le sue mani tutti i piatti che già portavo io.

-Domani è il giorno della gara di ballo, e dopodomani ci saranno le prove scritte. Voglio passare ogni minuto che mi resta con te, prima che quel dannato treno mi porti lontano dalla ragazza che amo-

Io arrossisco, lasciandogli un dolce bacio sulle labbra.

-Stai diventando fin troppo dolce, Vavalà. Mi fai preoccupare-

Lui scoppia a ridere, raddrizzandosi la cravatta.

-Potrei farci l'abitudine-

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-E così sai suonare il pianoforte?- esclama Davide, seduto accanto a me su un divano nella sala relax.

-Sissignore, e anche da ben dieci anni- rispondo, poggiando la testa sulla sua spalla.

-E tu me lo dici solo adesso??- continua lui, mettendomi d'istinto un braccio intorno alle spalle.

-Non c'ho pensato, negli altri giorni. Credevo non ti interessasse-

Lui si gira verso di me, con la fronte corrugata.

Ma la sua espressione si addolcisce quasi subito, lasciando il posto a quel sorriso che mi ha fatto innamorare di lui fin dal primo giorno che l'ho visto.

-Abbiamo ancora...- inizia, facendo un breve calcolo con le dita.

-Tre notti, compresa questa-

Mi prende per una mano, facendomi alzare.

-Vieni con me, nell'aula di musica- dice, e io lo seguo senza esitare.

Camminiamo senza fare rumore, fin quando Davide apre delicatamente la porta di vetro contornata di legno.
Corre verso le sedie, poste scrupolosamente in quattro file.
Ne afferra una e la porta vicino al pianoforte, sedendosi.
Estrae dalla tasca del pantalone uno dei suoi blocchi per disegnare e una matita, per poi farmi segno di sedermi davanti allo strumento.

-Cosa hai intenzione di fare, Vavalà?- gli chiedo, facendo comunque come mi dice.

Lui posa la matita sul pianoforte, passandosi una mano tra i capelli.

-Tu mi insegni a suonare e io ti insegno a disegnare. Ci stai?-

❝ 𝐓𝐇𝐀𝐓 𝐃𝐀𝐌𝐍 𝐒𝐌𝐈𝐋𝐄 ❞ || 𝑫𝒂𝒗𝒊𝒅𝒆 𝑽𝒂𝒗𝒂𝒍𝒂̀Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora