capitolo quarto

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I due ragazzi, subito dopo essere usciti dal locale, si diressero verso il parcheggio, ancora senza un piano ben definito.

«Tu non porti la macchina, vero?» Chiese Federico, sperando di trovare una scusa per poter passare più tempo con lei.

Beatrice in risposta scosse la testa: da anni aveva la patente, ma non amava particolarmente guidare, quindi non lo faceva mai.

«Ottimo, allora sali?» Domandò lui, poggiandosi sulla sua Audi nera opaca, per poi aprire lo sportello del posto passeggero anteriore, consentendo alla ragazza di entrare.

«Che gentiluomo che sei.» Lo prese in giro lei, facendo ridere il ragazzo, per poi salire in auto.

Il calciatore successivamente chiuse lo sportello e si diresse dall'altro lato, entrando anche lui in macchina.

«Allora, dove vorresti andare?» Chiese Federico, girandosi a guardare la ragazza seduta al suo fianco, mentre l'auto era ancora spenta.

Lei ci pensò un po' su, e ci fu un posto che le venne in mente, ma era abbastanza lontano da fare in modo che quel pensiero venisse subito scacciato dalla sua mente.

Pensò che sarebbe stato meglio se la decisione l'avesse presa lui.

«Decidi tu. Sei tu che guidi.» Rispose, e ci fu qualche secondo di silenzio.

Poi Federico annuì, a dimostrazione del fatto che aveva qualcosa in mente, e accese l'auto.

Lui, in realtà, pensava da un qualche minuto che avrebbe tanto voluto portarla in quel posto, ma non voleva farsi vedere troppo convinto.

Il tragitto fu abbastanza lungo, e anche molto silenzioso, perché nessuno dei due parlò per tutto il tempo, mentre in sottofondo la radio suonava qualcosa a volume non troppo alto.

Fu un silenzio leggero, però. Privo di tensione, anzi, fu quasi rilassante.

Quella strada era, per Beatrice, tremendamente familiare, ma si rese conto che davvero stavano andando dove pensava solo pochi minuti prima di arrivare.

Rimase piacevolmente sorpresa quando l'auto di Federico si fermò proprio nel punto più vicino al lago, perché era proprio il luogo in cui sarebbe voluta andare lei.

«Eccoci.» Esclamò Chiesa, sorridendo, per poi scendere dall'auto.

Beatrice stava per fare lo stesso, ma fu preceduta dal calciatore che replicò il gesto che avrva fatto quando erano entrati in macchina, facendo scendera la ragazza e richiudendole la portiera alle spalle.

«Sembra che tu mi abbia letto nel pensiero, sai?» Disse lei, ridendo, consapevole che il ragazzo non avrebbe capito a cosa faceva riferimento.

«Che intendi dire?» Chiese di rimando, in un misto tra il confuso e il divertito.

«Intendo dire che sarei voluta venire anche io qui, ma non te l'ho detto perché non volevo proporti posti troppo distanti dal centro.» Spiegò la ragazza.

«Perché ti sei fatta questi problemi? Ti ci avrei portato comunque.» Rispose lui, sorridendo, ma pronunciando quelle frasi con tono quasi di rimprovero.

Beatrice alzò le spalle, reputando la cosa abbastanza irrilevante, anche se aveva dato un certo peso alle parole del calciatore, che l'avevano resa felice nonostante non fossero chissà che cosa.

Forse, a farla sentire in quel modo, era stato il tono in cui le aveva dette, mentre la guardava fissa negli occhi come era solito fare ogni volta che doveva dirle anche la più stupida delle cose.

Cercò di non farlo notare nè a lui nè a sè stessa. Non voleva problemi per la testa, soprattutto in quel periodo.

Si diresse verso il prato che costeggiava il lago e vi si sedette sopra, seguita da Chiesa.

Poco dopo, però, si trovarono stesi, uno di fianco all'altra, con la testa di Federico sulla spalla di Beatrice.

Entrambi erano in una posizione veramente scomoda, ma nessuno dei due parlò, perché era un momento così bello e tranquillo che interromperlo sarebbe stato un peccato.

Stavano guardando il cielo, che quella sera sembrava essere più luminoso del solito, mentre parlavano.

«Sono sorpresa che siamo qui, non pensavo ci fossero molte persone a cui piace il lago.» Mormorò Beatrice.

«Pensavo la stessa cosa, sai? Infatti temevo potessi rimanere delusa.
In realtà però io preferisco il lago da sempre, non ho mai sopportato il mare, o almeno non d'estate.» Spiegò lui, mentre con una mano le accarezzava lentamente i capelli lunghi.

«Io e te abbiamo più cose in comune di quante pensassi, Chiesa.» Ribatté, sorridendo, nonostante lui non potesse vederla.

«È vero, ma non chiamarmi così, per favore. Per te sono solo Fede, d'accordo?» Chiese, rendendosi conto che in poco tempo aveva già acquistato un buon grado di confidenza con quella ragazza.

Solitamente faceva fatica a fidarsi delle persone: essendo un calciatore la gente era solita avvicinarsi a lui con un secondo fine, ma in Beatrice aveva colto la sensazione opposta.

«D'accordo, Fede.» Rispose, facendolo sorridere.

Anche lei era felice del rapporto, se così poteva chiamarlo, che aveva instaurato con Federico.

Preferiva comportarsi con lui come se fosse una persona normale, non un calciatore.

Sebbene l'idea di avere un calciatore per amico non le dispiaceva per nulla, preferiva non metterlo a disagio.

«Ora però devo prendere una cosa in macchina. Torno tra un secondo, non muoverti.» La avvertì Federico, facendole capire di rimanere così per potersi rimettere poi nella stessa posizione di prima.

Poi si alzò, e Beatrice sentì come un piccolo vuoto al suo fianco.

Quella sensazione, per sua fortuna, durò solo qualche secondo, perché subito dopo Chiesa tornò con in mano una felpa della Juventus.

«Ho notato che avevi freddo e mi sono ricordato di avere questa in auto, pensavo potesse aiutarti.» Spiegò lui, mentre a grandi passi si avvicinava nuovamente alla ragazza.

Lei lo trovò un gesto estremamente carino, perché aveva davvero freddo ma aveva preferito non dirlo.

«Grazie.» Sussurrò, alzandosi, mentre lui le infilava la felpa.

Cercò di essere il più delicato e meno brusco possibile, soprattutto quando le spostò i capelli lunghi che erano rimasti incastrati tra la maglia che aveva sotto e la sua felpa.

Subito dopo, si riposizionarono allo stesso modo in cui erano poco prima.

Probabilmente, se fosse stato giorno e senza la suggestione del lago una cosa del genere non sarebbe mai successa, ma decisero di godersi il momento senza darci troppo peso.

«Te lo giuro che rimarrei qui anche per sempre, ma è già quasi mezzanotte e mi sa che ci tocca tornare in centro.» Disse Federico, nonostante lui volesse davvero rimanere ancora lì con lei.

«Hai ragione, si è fatto tardi, andiamo.» Rispose lei, con lo stesso tono, dirigendosi verso la macchina di Chiesa.

Il tragitto di ritorno fu altrettanto silenzioso, ma altrettanto leggero.

A fine serata Federico, guidato dalle indicazioni della ragazza, parcheggiò l'auto sotto casa sua.

«Grazie mille della serata, è stato tutto veramente bello. E, quasi dimenticavo,  ecco le tue foto.» Disse Beatrice, porgendogli un pacchetto con dentro le fotografie scattate qualche giorno prima.

«Eccole queste famose fotografie.» Rispose lui, ridacchiando.

«E comunque, è stata una bellissima serata anche per me. Buonanotte.» la salutò, prima che scendesse, con un bacio sulla guancia.

«Buonanotte.» Salutò lei di rimando.

Fake love || Federico ChiesaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora