capitolo tredicesimo

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La mattina dopo Federico, appena sveglio - come se avesse dormito - decise di incontrare Carlo.

Gli mandò un sms, sapendo che non leggeva messaggi che non provenissero da lì, e aspettò impazientemente una risposta che non tardò ad arrivare.

Era presto, ancora più di quando si erano incontrati la mattina precedente, ma Federico non era riuscito a chiudere occhio e Carlo era mattiniero per abitudine.

Il procuratore gli disse che avrebbero potuto incontrarsi direttamente a casa del ragazzo e che sarebbe stato lì a breve.

Il calciatore cercò di stemperare la tensione cucinandosi una colazione nell'attesa, ma le sue scarse doti culinarie non aiutarono e si ritrovò a stare peggio di prima e ancora a stomaco vuoto.

Alla fine prese una mela dal cesto dove teneva tutta la frutta e la addentò, decisamente affamato.

Quella mattina - stavolta per davvero - era libero dagli allenamenti, motivo per cui era da pazzi essere già in piedi alle otto, ma non per Federico.

Aveva passato la notte a pensare al patto che aveva stretto con Beatrice, sempre più convinto di dover smettere di pensare a lei, o almeno di vederla in quel modo.

La conosceva da poco e non poteva neanche più permettersi di innamorarsi di lei, soprattutto dopo l'aver stabilito quelle regole.

E mentre si diceva di smetterla, ma comunque faceva finire il suo pensiero sempre lì, venne disturbato dal suono del campanello.

Si alzò controvoglia dalla sedia su cui si era poggiato per fare colazione in tranquillità e frettolosamente aprì la porta d'ingresso: prima risolveva quella questione meglio era.

«Buongiorno.» Salutò educatamente il ragazzo quando l'uomo fece capolino nel salotto della sua abitazione, nonostante i toni che avrebbe voluto utilizzare fossero tutto meno che educati.

«'Giorno.» Salutò Carlo di rimando abbastanza freddamente e solo per circostanza.

Più passava il tempo e meno sopportava il suo procuratore con i suoi modi bruschi e arroganti che lo facevano sentire piccolo e impotente al suo cospetto.

Alla fine se quell'uomo guadagnava era tutto merito suo e del suo rendimento, unico motivo per cui gli interessavano così tanto le condizioni calcistiche del giocatore.

«Per quale motivo hai chiesto di vedermi?» Domandò, con fare non particolarmente interessato.

«Per parlare della situazione in cui mi hai messo ieri e per dirti che io una ragazza ce l'ho già, una vera però.» Spiegò, senza troppe cerimonie, il calciatore.

Non si fece problemi a mentire, solitamente non avrebbe avuto lo stesso comportamento ma doveva evitare che quella farsa venisse scoperta già dopo poche ore, motivo per cui assunse un'aria sicura che lo fece sembrare convinto delle cose che diceva.

«Mi fa piacere, lo comunicherò a Carlotta.» Rispose, con un'espressione indecifrabile che per un momento intimorì il ragazzo.

Era difficile non sentirsi in soggezione con quegli occhi severi a scrutarlo in quella maniera, facendolo sentire più osservato che mai.

Federico, però, ci passò sopra e accennò appena un sorriso in risposta, senza alcuna intenzione di dire altro.

«Quindi immagino che verrà lei con te alla cena di stasera con la squadra.» Mormorò, pacatamente, mandando Chiesa nel panico più totale.

Aveva una cena con la squadra quella sera? Evidentemente sì, e neanche lo sapeva.

La cosa più sensata da fare sarebbe stata rispondere di sì, poi chiamare il suo migliore amico per estrapolare più informazioni possibili riguardo l'impegno che non sapeva di avere e infine invitare Beatrice.

Fake love || Federico ChiesaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora