Capitolo 1

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Erano le 5 del mattino, me ne sono accorta guardando il telefono, avevo molto caldo e sete. Così mi sono alzata, sono andata in cucina per bere e li ci ho trovato anche Meow il mio gattino, si stava lavando ma appena mi ha visto ha miagolato e si è avvicinata alle mie gambe per strusciarsi e fare le fusa. L'ho guardato e sorriso per un istante, poi mi sono rigirata ho aperto il frigo ho preso dell'acqua fresca e ne ho versato un po anche nella sua ciotola. Lui si è voltato ha miagolato come segno di ringraziamento, ho bevuto e ho aspettato che finisse anche lui, l'ho preso in braccio e l'ho portato sul letto con me e la mamma. Eravamo in vacanza, da sole. La mamma e papà avevano divorziato non molto tempo fa, ma non andavano più d'accordo da molti anni ormai. Il papà è andato via, per meglio dire è stata mamma a cacciarlo, perché aveva scoperto che la tradiva con un altra donna già da 3 anni, perché più di una volta c'aveva messo nei guai, per i suoi stupidi debiti ed era violento. A papà piaceva scommettere una volta, se non fosse stato per la mamma, avrebbe scommesso la casa dei nonni,esattamente un anno fa papà ci aveva lasciate, e ora eravamo sole, la mamma da allora non era più la stessa, prima era una stupenda donna d'affari. Dal nonno aveva ereditato la più grande azienda di cosmetici d'America, ora invece era diventata tutt'altra persona, andava a ballare, usciva con gli amici single, con i ragazzi, più di quanto non facessi io. Era ritornata una ragazzina. A volte era divertente altre volte fastidioso, anche io fumavo e bevevo, dopotutto avevo 20 anni. Non sono mai stata la ragazza sempre alla moda che tutti credevano che io fossi per via del lavoro di mia madre, sono sempre stata un maschiaccio, il trucco e i tacchi non facevano proprio parte di me. Ritorno a letto e provo a dormire. Mi sveglio alle 9:30 e la mamma non c'è, "sarà andata al bar" penso. Meow era con me ancora sul letto, avevamo il condizionatore acceso, mi sono alzata e mi sono vestita, ho preso il primo costume che ho trovato, un pantaloncino e una canotta, l'ho indossato e sono uscita, sbattendomi la porta alle spalle. Ero venuta al campeggio con la mamma per le sue ferie estive, io odio i campeggi, ho la fobia di qualunque insetto che voli o strisci e non è un vero campeggio se non ci sono insetti. Sono andata al bar e la mamma non c'era, ho chiesto al barista se l'avesse vista, mamma in meno di due giorni si era fatta conoscere da tutti, parlava con chiunque, grandi, piccoli, uomini o donne. Soprattutto con il proprietario, che più di una volta ho visto che ci ha provato con lei. Quasi quasi lo avrei preso a pugni, invece come faccio negli ultimi due mesi, da quando papà si è dimenticato di me, ho preso una birra, l'ho messa sul conto di quel viscido che ci provava con mia madre e sono andata a ballare o in qualunque altro posto lontano da loro. Me ne stavo sempre in disparte, non sono mai stata un tipo a cui piace stare al centro dell'attenzione, me ne stavo sempre sola, anche perché non ho mai avuto un infanzia tutta rose e fiori, le mie due uniche amiche dal principio erano Lexie e Rina che però purtroppo sono andate a vivere a San Francisco, perché i loro genitori hanno aperto un ristorante quindi le vedevo e le sentivo di rado, sapevo che entrambe si erano fidanzate ed erano felici. Solo questo mi importava, mi sono state vicine l'anno scorso per i primi mesi ovvero le vacanze estive, poi è cominciata la scuola e sono dovute ripartire.
Ho finito la mia birra e sono tornata a casa verso l'ora di pranzo. Mi sono riposata e svegliata al tramonto, la mamma non è in casa, non ci sono biglietti, ne messaggi sul mio cellulare. Deve essere uscita mentre dormivo. Mi sono alzata e fatta una doccia, sento la porta di casa aprirsi, era tornata urlando e cantando, mi farfuglia qualcosa capisco poco, ma obbedisco. Mi vesto, inserisco le cuffiette nel mio cellulare e comincio a camminare.
La mia infanzia a scuola è sempre stata tremenda, venivo presa in giro da tutti per i miei genitori, mio padre ha sempre campato sulle spalle di mia madre e lei per portare avanti la famiglia non veniva mai agli incontri, alle mie recite, alle mie gare, a firmare le mie pagelle. Mi lasciava all'asilo alle 7 del mattino con gli inservienti e le lezioni non incominciavano prima delle 9. Alle elementari era lo stesso, alle medie credevo di aver trovato un'amica vera, vicina e invece si è rivelata anche lei viscida e falsa, venivo sempre presa in giro per come mi vestivo, sempre a maschiaccio e mi comporto come tale. Mi chiamavano "strega" perché avevo i capelli rossi, con una particolarità: con il sole si schiarivano, dicevano che ero io a fare un incantesimo per mandarli tutti fuori di testa. Fuori dalla scuola mi sentivo me stessa, nessuno che mi prendeva in giro o mi giudicava sui miei genitori così assenti, ho iniziato a fumare le sigarette a 13 anni, dopo meno di un anno ho inziato a fumare anche altro. La gente di strada era la mia famiglia, ero sempre nei guai, i miei non me lo hanno mai voluto dire, ma la causa dei loro litigi negli ultimi due anni ero soprattutto io. Papà dava la colpa a mamma e viceversa, le urla in quella casa erano infinite. Io per non ascoltarli prendevo il mio zaino, quello che mi aveva regalato la nonna l'ultimo natale, prima di morire, è stata come una mamma per me, ma come tutti anche lei era andata via, l'ho odiata per questo, aveva il cancro e aveva smesso di lottare. Quando è morta tornavo a casa solo per cambiarmi ma passavo le giornate in strada,i miei unici amici erano Nick, Lucas e Logan. Odiavo la scuola, non entravo mai, di rado legavo con i ragazzi degli ultimi anni, perché ero consapevole che l'anno successivo non ci sarebbero stati. Mi preparavo psicologicamente dall'inizio, ma per quelle poche volte che frequentavo, non stavo mai in classe, sempre per i corridoi, nell'atrio a fumare, o nei bagni a non fare nulla.
Persa nei miei pensieri mi sento toccare il braccio. Mi sono alzata di scatto, mi sono guardata intorno. Ero in un boschetto, su un tavolino da pic nic, avevo una bottiglia di birra semi vuota tra le mani e un'altra vuota sul tavolo, mi giro e vedo un viso angelico, o forse era solo la birra nella mia testa o la luce alle sue spalle che le faceva da aura magica. Mi sono alzata e messa dietro di lei con le mani sulla fronte per coprire la luce, l'ho vista era davvero un angelo, bella come la luna, era una ragazza, bionda, riccia, gli occhi azzurri nel quale ti potevi specchiare. Aveva un vestitino blu a pois bianchi, e delle sneakers bianche della Nike vedevo che mi dicesse qualcosa, ma It's My Life di Little John mi risuonava nelle cuffiette così ho staccato le cuffiette e le ho chiesto scusa con un cenno. 《Mi presento, mi chiamo Rose Crics》 mi tende la mano e io ricambio, 《ti ho visto tutta sola qui, li ci sono i miei amici, perché non vieni con noi? Ti ho notata anche ieri ma, scusami ero troppo ubriaca per poter ascoltare qualunque cosa》. Sorrideva mentre parlava e mentre indicava i suoi amici alle sue spalle, non li avevo nemmeno notati, non prima di allora almeno. Sono rimasta per un secondo meravigliata poi le ho risposto 《Piacere mio, sono Alex Fuller, ti ringrazio dell'invito ma non sono molto brava con le persone》. Lei non prese bene quel mio no, così mi trascinò per il braccio ridendo e ripetendo che ci saremmo divertite, che non voleva stare li da sola come ragazza con quelli lì e indica il gruppetto di ragazzi in fondo al tavolo che fumavano e mettevano la musica. Mi fermo, la guardo e le sorrido, lei capisce il mio si finito. Ci guardiamo per un secondo, occhi negli occhi e ridiamo come delle amiche che si conoscono da tempo.

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