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Come può
il mio essere
vagamente intatto
sentirsi sopraffatto
quando sfugge
insofferente
il controllo?

Necessario arrestarsi e
abolire pensieri,
ricordi
oramai insabbiati.

Eppure tu capisci,
eppure tu mi comprendi
anche quando non ti
parlo.

Poco ti importa del mio corpo
imperfetto e
carente,
cadente e
maltenuto.

Assecondi con
spontanea naturalezza
la mia pelle
riversata,
affacciata quasi
su di te.

Le mie labbra
dischiuse
impazienti di un
contatto
trattenuto e
vissuto solo in sogno.

Il mio sguardo
non resiste
ti rincorre
attraversa e
squarcia il tempo,
teme di smarrirti
fra la folla.

Non ho mai distinto
i contorni della mia
forma,
ma so ricompormi
se mi stringi a te.

Dipendo così tanto
dal tuo dolce dipendere
da me
e non è forse questo un
lieve accenno
seppur malsano
d'amore puro?

Non è forse questa
la prova inconfutabile
d'esser oltre il nostro
riflesso?

Esistere,
esistere al di fuori del
nostro specchio,
al di là delle proporzioni,
oltre i canoni prepotenti
imposti
quasi con violenza
da altri.

Non ho mai
accudito
la mia forma
ma se tu
riesci ad afferrarla,
io riesco a sentirla mia.

Ma se non m'ami
poco importa.
Non ho contorni e
non ho limiti,
vorrei saper amarmi
eppure riesco solo a
scriverti.

Se vuoi questo corpo
è tuo
puoi tenerlo,
dopotutto non m'è mai
appartenuto.

Se vuoi
domani
al mare
puoi immergerti prima di
me.

Giardino di CamelieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora