39.

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Mi ricordi
poesia,
poesia
sfociata nell'eccesso
scagliata
scaraventata
nell'assoluto
trambusto esplosivo.

Hai il sapore di una
linea di confine
marcata
varcata
omessa
a causa di mancato
sfogo.

Ti allontani
fuggendo da ciò che
sei e
sai d'essere.

Ti travesti di
menzogne
udite distrattamente.

Eccoti
riversato
nell'esagerazione
nella vistosità
in questo osare
più del dovuto.

Non ti poni
limiti.

Strafai
stravivi
eccedi
ti affanni
nell'apparire.

Ti lanci oltre e di più
con fremente
noncuranza
verso te ed il tuo
corpo
consumato
modellato
plasmato
senza forma.

Solo così oscuri
quanto tutto ciò
non ti riguardi affatto.

Solo spingendoti
al di là,

riesci a non
smarrirti.

La tua integrità persiste
ma spesso
con altri
ti dimentichi.

Non potendo
raggiungere l'abisso
che insistente
ti canta
preferisci continuare a
nuotare
soffocando
piuttosto che risalire ed
ammettere
questa devastante debolezza.

Come Ulisse
trascinato dalla sua
arroganza
superò il suo limite
così tu
scegli di schiantarti contro
degli scogli,
pur di non paralizzarti
sospeso in
superficie.

Temi di soccombere alla
dolente
ripetitiva,
inerzia.

Ti osservo
seduta su la riva

disegnando onde.

Vorrei stringerti
sai.

Vorrei dirti che puoi
essere meno
con me.

Se vuoi posso
asciugarti di assillanti
paure varie.

Puoi essere
semplicemente
e abbandonarti
di fianco a me
su di questa linea
di confine.

Non dovrai mostrarmi
nulla,
se non ciò che ad altri
gelosamente
nascondi.

Cavami dalla
mente
l'immagine che ho
di te e
ricostruisciti
dinanzi al mio
inesperto
ingordo sguardo.

Sei più di questa
ostentata
esagerazione.

Se non ti ritrovi
io ti attendo qui

in riva al mare

per svelarti
per confessarti di

una comune
autentica

confusione
di stelle.

Giardino di CamelieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora