53.

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Ritornerò quando
rinasceranno
rami forti

quando baci
recisi
e sorrisi
annodati
saranno candidi ed
espiati.

Assolti
da banchetti
e coperte
intrise di fango
e mera vergogna.

Labbra che inciampano
s'insidiano

rattristate
s'aggrappano
e annodate
strette
s'affollano di
violente bugie.

Sicure

si tentano.

Era nei tuoi
sfrenati accennati
discorsi
che udivo i miei.

Nel riflesso dei tuoi gesti
immersa
mi agitavo
anch'io.

Una donna nell'ombra
posata

poi ripresa,

lavata
stirata

coricata

e poi rivestita.
Pronta all'uso.

Prestare attenzione
a ciò che si osserva
al di là della
fiducia.

Infreddoliti e nudi
in piazze di scelte
affrettate

respinte in
ritardo.

Nido di risa e
smorfie spillate,

ancora calde.

Sole
premi su di me e
schiaccia
con tono pacato
questo
mare limpido e opaco.

Mi trattieni.
T'affacci nei miei chiarori
e nei miei continui
sbalzi d'umore.

Timoroso,

adesso
spari oltre.
Proprio non riesci a
mirarmi al petto, vero?

Giardino di
vasi pieni e
gigli caduti,

caduti
reggevano
giovani api inesperte.
Ricominciare.

Incerta mi rialzo,
mi son persa nella
sabbia informe
del tuo sguardo
in festa.

Ti ho amato più volte
in primavera ed
in silenzio
a luci spente
tu anche sconfitto
e rassegnato

hai ricambiato.

Naufragio di camelie,

camelie rosse
e avvizzite.

Agisci.

Quando anche
il vento e la pioggia
interrompevano
il suo parlare

eravamo lì
su un divano
ad affidarci.

Dimenticarsi.

Le ninfe delle querce
si risvegliano

riconoscono
una mancata
primavera

ribollono di rancori
e spietate
fremono di roventi
vendette.

Rinnegano
l'amore bugiardo

dettato
dalla scabra
solitudine.

Sporgi il petto e
riempiti dei
loro striduli
versi.

Le senti?
Intonano l'inno dei corpi
destinati
e controvoglia separati.

Canto delle gesta
dei cuori indifesi.

Divenire poeta degna
di nota

m'osservi perplesso e
incuriosito
mentre te ne confido
l'impaziente bisogno.

Lascia che la paura
del bosco entri
e respingimi prima
che ti annienti

devastandomi.

Ho rami che non san più
stringere.

Cumuli di
monotonia
appaiono come
bianche inconsistenti
orchidee senz'acqua.

Cosa mi resta
di me stessa?

D'amore non ne capivo
granché
spiavo da altri e,

imbarazzata quasi,

appuntavo

fingevo di riuscire
a leggerlo
e poi fraintendendo

confusa e sorpresa
traducevo.

Pareti che s'illuminano
di un'alba che
sbircia tranquilla

dal soffitto
di una camera.

Una camera con
lenzuola
che han appena racchiuso
l'essenza di una nuova

via di fuga.

Ti annoio se a quest'ora
ti parlo un po'

di me?

Giardino di CamelieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora