pt.4 [This side of Paradise-Coyote Theory]

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“Me ne dai una anche a me?”
Quella voce potrei riconoscerla tra mille, la sua voce, mi alzo di scatto e mi giro, è proprio lei, è qui adesso, adesso che stavo per andarmene lasciando quella parte della mia vita negli archivi della mia memoria.
Ignorando la domanda le vado incontro e l’abbraccio “Sei qui” lei ricambia l’abbraccio e mi sussurra “Anche tu”, la stringo ancora di più, forse ancora incredula che lei sia veramente lì con me, ma lei emette un gemito di dolore, mi allontano leggermente e noto la sua espressione parecchio addolorata, non mi sembra di averla stretta così tanto forte, e poi perché diavolo indossa una felpona con il caldo afoso che fa stasera, ma soprattutto perché è così magra, voglio dire, è stupenda come sempre, ma questa cosa mi sta preoccupando.

“Quindi me la dai questa sigaretta?”
“Le tue?”
“Lunga storia”
“Ho tutto il tempo, ma intanto tieni” le dico mettendole tra le labbra la sigaretta che poco prima stavo per fumarmi io, gliela accendo e fa un’espressione molto buffa che mi fa sorridere, sicuramente sente la differenza di sapore

“E’ diversa”
“Se non ti piace te ne vado a prendere altre al volo”
“No, no tranquilla va bene questa”
“Allora mi vuoi dire dove sei finita per tutto l’ultimo mese, ti ho aspettata”

“Ti dirò tutto ma ti chiedo di non interrompermi, non so se riuscirei ad andare avanti e soprattutto non mi chiedere dettagli.”

Aveva la voce tramante, lo sapevo che stava trattenendo delle lacrime, mi sono ammutolita e ho lasciato che lei si sentisse pronta a parlare.
Siamo di nuovo sullo stesso cornicione, nella stessa posizione della prima volta, ad osservare lo stesso e magnifico panorama, oggi leggermente più morto, considerato che tutti sono andati in vacanza al mare o magari in montagna.

Sento che sospira pesantemente e poi inizia a parlare “Quella sera, quando sono tornata a casa mia madre ancora non era andata a lavoro purtroppo, mi ha iniziato ad urlare contro, mi ha picchiata a sangue, e poi, non so se per caso o se volontariamente, mi ha fatto sbattere la testa all’angolo del muro, sono stata in coma per 12 giorni e oggi sono stata dimessa dall’ospedale, infine mia madre mi ha cacciata di casa, prendendosi le miei sigarette e minacciandomi di uccidermi se mi dovesse di nuovo vedere a casa sua. Penso sia tutto” non so cosa dire, voglio sapere quello che quell’animale le aveva fatto, voglio sapere cosa le aveva detto, vorrei che lei iniziasse a piangere e a sfogarsi invece di fare la finta dura.

Scendo dal cornicione, lei continua ad avere lo sguardo perso nel vuoto, l’abbraccio da dietro, cercando di non premere niente per non rischiare di farle del male, allaccio le mie braccia sul suo ventre, sento che sussulta all’inizio ma poi si rilassa lasciandosi cadere contro il mio petto

“Piangi piccola, non tenerti tutto dentro, siamo solo noi, il nostro tetto, e delle sigarette ormai ridotte a cenere” sono così arrabbiata, come potrebbe una madre fare questo alla propria figlia, una bambina è solo una bambina, che rabbia vederla stare così.
Sento che inizia a singhiozzare, la avvicino ancora più a me per farle sentire che ci sono e piange, quel suono, quel suono orribile dei suoi singhiozzi, una cosa che non voglio più risentire nella mia vita, una fitta al cuore e delle lacrime si formano anche nei miei occhi.

Quando si è calmata la faccio girare, mi metto in mezzo alle sue gambe, che lei allaccia dietro alla mia schiena, e poi si butta sul mio collo e mi abbraccia, la tengo stretta a me, essendo più delicata possibile, perché lei adesso è un cristallo fragile e delicato che io devo proteggere, da questo mondo orribile che non merita un’anima così pura.

“Ehi piccola koala, lo vuoi un gelato?” sicuramente non mangiava da giorni, sentivo il suo sorriso premere sulla mia spalla, e sapere che ero io la ragione di quel sorriso mi rendeva molto contenta “Ok, chi tace acconsente” prendo il suo zaino e mi incammino con lei in braccio
“Ehi Lex fammi scendere”
“No no, ora stai ferma così e vediamo se una gelateria che conosco è aperta”
“Non puoi camminare così”
“Si che posso, almeno mi alleno per domani”
“Che succede domani?”
“Ho un incontro importante, faccio pugilato diciamo come lavoro, mi organizzano degli incontri e da delle scommesse ci guadagno, ovviamente se vinco, è l’unica cosa che posso fare dato che non ho un diploma e mai lo avrò”
“Sono legali questi incontri?”
“No non penso” le dico sorridendo, lei alza la testa dalla mia spalla e mi sorride “Ok siamo arrivate, puoi scendere se vuoi” lei slaccia le gambe e io l’aiuto a scendere per terra.

su un tetto per una sigaretta- CLEXA FFDove le storie prendono vita. Scoprilo ora