3. Qualcosa non va

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Itachi se ne andò, se ne andò da quella ragazza che tanto lo incuriosiva ma con cui più parlava e più si infastidiva, la sua voglia di conoscerlo, di sapere, tutte quelle domande, aveva il mal di testa, era sempre stato un tipo silenzioso, abituato a marcire nella sua solitudine, non era abituato a tutto quello, a tutto quel calore umano, non era abituato a vivere.
Il ragazzo dai capelli corvini cercava di distrarsi mentre camminava per le strade di quel dannatissimo mondo che non conosceva affatto, nella speranza di capirci qualcosa, aveva visto una cosa mentre andava via, ed era andato via con un forte dubbio che pesava sulla sua coscienza e che non abbandonava la sua mente

Quando sono arrivato in questo posto la prima cosa che ho fatto è stata quella di controllare se gli abitanti del pianeta fossero dotati di chakra, tramite lo sharingan. Niente. Nessuno dentro di sé possedeva un briciolo di potere.
In poco tempo ho capito che quel mondo era basato sulle invenzioni tecnologiche.
Ma allora perché, perché quella ragazza possedeva il chakra, e perché era così forte e fluiva così ardentemente, perché?

"Signore, ecco a lei le chiavi della sua stanza" Itachi aveva trovato un posto dove alloggiare, la gente del posto lo chiamava 'hotel', si era informato in giro, era tipo una locanda, ma diversa, come ogni cosa d'altronde. Lo aveva illuso, tramite una semplice arte illusoria, di aver pagato, quindi rivolse al signore della hall un sorriso gentile e si diresse verso la sua stanza, seguendo le indicazioni.
Quel posto appariva molto strano agli occhi dell'Uchiha, non vi era nessuna guerra, solo pace e armonia. Durante il tragitto per arrivare in hotel vide dei bambini giocare per strada con la palla, urlavano e si rincorrevano, vide anche delle donne sedute su un terrazzino a bere un liquido rosso con del ghiaccio e a mangiare stuzzichini, degli uomini con delle cartelle in mano tornare a casa con il sorriso e salutare le loro mogli, infine, la cosa più toccante per lui, fu vedere due bambini, uno leggermente più alto dell'altro, quello più piccolo era caduto e si era scorticato il ginocchio, il più grande, per farlo smettere di piangere, lo abbracciò e poi, per far sì che non si affaticasse, lo portò a cavalluccio fino a casa

questa ha fatto male

Ad Itachi venne subito in mente Sasuke, tutte le volte che si allenavano adorava farsi portare sulla schiena fino a casa, Sasuke lo vedeva come il suo eroe, la cosa più bella e più cara che potesse mai avere, tutto ciò che la vita gli aveva regalato e che lui, con prepotenza e presunzione, aveva mandato in frantumi, aveva fatto a pezzi la sua felicità pensando di aiutarlo

che sciocco

Aveva continuato a guardare quei bambini finché non li vide entrare in una stradina per poi sparire in essa, sorrise amaro

Però grazie a questo sacrificio chissà quanti bambini potranno continuare a salire sulle spalle del loro fratellone.

Itachi era un caso perso, non riusciva a non pensare al bene comune neanche nei momenti di tristezza o disperazione più totale, non riusciva a non pensare razionalmente, non riusciva ad essere egoista, mai, e questo, insieme a tanti altri lati del suo carattere, lo aveva portato alla distruzione della sua vita e, a malincuore, anche a quella di Sasuke.
Quando arrivò in quell'hotel cercò di concentrare tutte le sue energie sul capire il perché Luna fosse l'unica a possedere chakra in quell'universo, perché mai avrebbe dovuto possederlo? Uno dei due genitori doveva essere per forza di Konoha, appartenente al suo di mondo e, dato che nessuno oltre Indra era riuscito a passare qui, chi potevano essere i genitori? Indra stesso? Impossibile. Quella ragazza di certo non aveva millenni.

Come è possibile?

Con questi pensieri si addentrò nella sua camera d'hotel, bellissima e accogliente, fece un sospiro profondo e si liberò dallo stress. Quella notte, forse, avrebbe potuto dormire sereno.
La prima cosa che fece fu la doccia, notò che vi era tutto a disposizione gentilmente offerto da quel luogo; si rivelò molto utile, lui aveva portato con sé poco e niente, aveva previsto di stare lì un altro giorno al massimo, sarebbe bastato, doveva solo trovare il modo di vedere i suoi genitori.
Subito dopo essersi lavato e asciugato si mise nel letto, aveva portato con sé la sua katana per sicurezza, la teneva sempre con sé la notte, la stringeva nella sua mano destra per non abbassare mai la guardia. Quella sera però si sentì al sicuro, senza un motivo preciso apparente, forse era la calma di quella città, forse era la consapevolezza che lì nessuno aveva la più pallida idea di chi fosse, di ciò che avesse fatto, forse era la totale assenza di conflitti...
...sta di fatto che decise di non toccare la katana.
Dormì serenamente quella notte, non aveva paura, non aveva paura di essere trovato, non stava in allerta pronto ad uccidere chiunque avesse provato a toccarlo, ad avvicinarsi, no, quella notte si sentì umano anche lui, e prima di profondare in un sonno profondo, pianse.

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