2. un ragazzo strano

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Quella mattina, in una piccola frazione di una città Californiana, c'era davvero un bellissimo clima, il sole splendeva in alto riscaldando l'aria che, nonostante il rigido tempo della stagione invernale, appariva tiepida e accogliente. Di questo strano ma piacevole particolare si era accorta una ragazza, una ragazza dai capelli lunghi e dorati come il miele e gli occhi celesti, splendenti come il mare in una giornata di agosto. La ragazza si ritrovò nel cortile della sua scuola, spaesata come non mai in mezzo a quello sciame di ragazzi in fuga dal quel posto infernale chiamato scuola
"Luna, ci vediamo stasera, ok? Non inventarti una scusa all'ultimo momento come al solito, non mancare!" La sua migliore amica, Madison, le aveva urlato queste parole riferendosi alla particolare asocialità dell'amica e della sua tendenza all'isolamento dai contesti sociali e dalle persone, non capiva neanche come mai fosse riuscita a diventare sua amica. Le schioccò un bacio sulla guancia prima di correre via e salire nella macchina di sua sorella per recarsi a casa.
La bionda provò una sana invidia per l'amica, lei avrebbe dovuto rimanere a mangiare fuori, da sola, dato che sua madre era a lavoro e lei, fra meno di un'ora, avrebbe avuto il rientro per i preparativi del ballo di metà semestre. Una vera rottura insomma.
Luna si sedette ad un tavolo di una bottega proprio accanto all'istituto e ordinò un panino con pomodoro e mozzarella, nel frattempo scrisse un messaggio a sua madre per avvisarla del fatto che non sarebbe stata presente neanche a cena, avrebbe preso una cosa con Madison prima della festa a cui, ahimè, era costretta ad andare.
Si guardò intorno cercando una distrazione per occupare il tempo di attesa che la separava dal suo pranzo e gli occhi le caddero su una figura parecchio stravagante: un ragazzo dai capelli corvini che fuoriuscivano da un cappello di paglia, il quale copriva anche i suoi occhi, stava camminando lungo la strada, portava un mantello nero costellato da nuvole rosse, a collo alto, talmente alto da coprire fin sopra il suo naso, non riusciva praticamente ad identificarne il viso. Aveva un non so che di sinistro e inquietante ma, allo stesso tempo, lo trovava così magnetico e attraente tanto da non riuscire a distogliere totalmente lo sguardo da lui.
Dentro di lei sentiva come un'energia, l'energia che aveva sempre ricercato tra la gente ma tutto le sembrava eternamente vuoto. Quella figura, seppur stramba, le sembrò particolarmente familiare, era una sensazione che vagamente ricordava e che aveva provato solo con una persona in vita sua: suo padre.

Che tipo strano.

Luna notò che il tizio misterioso, dal portamento fiero e altezzoso, si stava dirigendo verso la sua direzione, probabilmente accorgendosi dello sguardo insistente della ragazza seduta al tavolo
"Scusi, saprebbe dirmi dove sta il capo?" Chiese il ragazzo con voce profonda e con un tono molto gentile, in netto contrasto con la sua compostezza e serietà, infatti, agli occhi di Luna, appariva frigido, quasi severo, ma il suo tono di voce caldo e gentile riusciva a squarciare questo suo modo di atteggiarsi, come un fulmine a ciel sereno
"Ma il capo di cosa mi scusi? Intende il sindaco della città?" Itachi, dal canto suo, aveva avvertito una forte presenza di energia in quel punto della cittadina, aveva camminato in lungo e in largo seguendo quella sensazione, una sensazione che aveva sempre avvertito a Konoha essendo, la maggior parte degli abitanti, dotati di chakra; sensazione che, oltrepassando il portale, faticosamente aperto, era svanita nel nulla, ricomparendo flebilmente man mano che si dirigeva verso quella mandria di bufali che, al suono di una campanella, erano usciti, spintonandosi l'uno contro l'altro, da quella struttura che tanto ricordava l'accademia ninja. Seguendo quella sensazione trovò lei, quella ragazza e, man mano che si avvicinava, notò la potenza di quella energia accrescersi, la avvertiva come travolgente, limpida, era di una potenza inaudita. Doveva sapere di più e, nella fretta di raccogliere informazioni, aveva chiesto alla diretta interessata del capo, cioè, nella sua testa, del Kage di quel posto, ma, allo sguardo confuso di lei, comprese che, probabilmente, in quello strambo luogo, le cose non funzionavano come a Konoha.

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