Un mese dopo...
La ragazza si destò a causa dello squillo della sveglia.
Quel giorno avrebbe dovuto riprendere la sua routine scolastica dopo un interminabile periodo di pausa estiva.
Si promise che non avrebbe assecondato, come l'anno precedente, la sua necessità di saltare giorni di scuola, anche perché avrebbe dovuto affrontare l'ultimo anno di liceo, quindi quello che l'avrebbe condotta al diploma.
Questo non rappresentava più una fonte di apprensione e di gratificazione per lei: la sua indole ambiziosa, infatti, l'aveva sempre indotta ad aspirare ai più alti risultati, ma come avrebbe potuto rinnovare queste ambizioni quando neanche queste avevano il potere di penetrare e colmare la voragine che permaneva nel suo animo?
Allora che fare?
Soffrire e rinunciare a ogni apparente gioia e gratificazione?
Più volte la psicologa le aveva assicurato che, alla fine, il dolore avrebbe assunto la forma di ricordo e che, se lei fosse stata forte, non le avrebbe più nociuto fino a ombreggiare e svalutare tutto ciò che sarebbe dovuto essere fonte di gioia per lei.
A quel punto, non le rimaneva che sperare che quelle parole si realizzassero al più presto nel concreto.
Quella mattina Ava passò a prenderla da casa con la sua Ford F serie che prima era appartenuta a suo fratello.
Dal posto di guida, la ragazza guardò l'amica dal basso verso l'alto.
Quel giorno Evelyn aveva indossato una semplice tuta nera e aveva legato i suoi capelli in una disfatta coda di cavallo.
Dalla scelta del look, l'amica della ragazza intuì subito che, nonostante tutte le sedute dallo psicologo e il periodo di pausa estiva, Evelyn non era ancora ritornata quella di prima; ma non si espresse a riguardo e salutò calorosamente l'altra che, però, reagì senza il medesimo entusiasmo, con un misero "ciao" accompagnato da un abbozzato sorriso forzato.