La campana che annunciava la fine delle lezioni mattutine suonò.
Quelle ore erano trascorse con tediosa lentezza.
I professori si erano limitati a descrivere il programma che la classe avrebbe dovuto affrontare quell'anno, sottolineando la difficoltà che la sua qualità di "ultimo" avrebbe comportato.
Solo il professor Smith, non smentendo la sua avversità per gli inconcludenti preamboli, aveva incominciato a spiegare le prime pagine del nuovo libro.
Evelyn, però, aveva ascoltato ben poco.
Dalla notizia della morte di suo fratello, la ragazza aveva cessato di attribuire troppa rilevanza alle valutazioni scolastiche. Questa nuova tendenza, tuttavia, non si era rilevata dannosa per la sua istruzione, in quanto non aveva apportato in lei nessun rifiuto verso dello studio: esso continuava a essere uno dei suoi più intimi ripari dai tormenti.
Questo era cambiato: maggiore era l'interesse per il sapere, minore quello per le valutazioni.
Quando studiava a casa da sola, riusciva a immergersi in uno stato di assoluta concentrazione.
A scuola, però, la situazione era mutata.
La sua attenzione alle lezioni era calata drasticamente. L'insonnia, infatti, frutto velenoso della sua mente instabile e tormentata, aveva sconvolto la routine precisa e ordinata che era stata per molto tempo piedistallo della sua vita.
Mentre prima dormire il pomeriggio era sempre sembrato impensabile per una studentessa come lei, in quel periodo, invece, rappresentava la migliore soluzione per recuperare le ore di sonno perse e focalizzarsi sullo studio appena il riposo e la rinnovata concentrazione glielo avessero concesso.
Evelyn, però, sapeva che non ascoltare in classe equivaleva a trascorrere un'intera mattinata della propria giornata senza uno scopo, perciò, qualche giorno prima del rientro a scuola, si era promessa di liberarsi di questo vizio con un po' di forza di volontà, accompagnata però anche dall'irrinunciabile caffeina.
Dopotutto, però, era ancora il primo giorno e il soporifero tono di voce del suo professore di storia non l'aveva di certo incoraggiata a rispettare il proposito.
Per quanto riguardava il problema dell'insonnia, invece, si era arresa: più si accingeva a dormire un giusto numero di ore, più questa glielo impediva con risolutezza.
Come avrebbe potuto la sua mente abdicare di fronte alla follia dei sogni quando era così sovraffollata dai pensieri?
Inoltre, in quell'ultimo periodo, le era accaduto diverse volte, cedendo la sua coscienza alla forza dominatrice dell'abbraccio di Morfeo, di fare sogni terribili. Uno di essi, in particolare, si presentava con una tale ricorrenza e lividezza che le era impossibile dimenticarlo una volta sveglia.
Riusciva a vedere ancora nella mente l'immagine delle gocce di sangue sparse a terra e la comparsa di una figura scura e irriconoscibile che si avvicinava a lei sempre di più, con un'arma da taglio. Questa visione notturna le suscitava un terrore tale che, ogni volta, proprio nel momento in un cui l'ombra andromorfe alzava il braccio per colpirla con l'utensile che teneva in mano, la ragazza si destava di soprassalto dal suo sonno.