Capitolo quindicesimo - "L'incubo si ripresenta"

100 5 10
                                    

Una forza misteriosa e occulta penetrò nel suo inconscio e la spinse verso l'aula d'arte dove erano appesi i lavori di Peter

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Una forza misteriosa e occulta penetrò nel suo inconscio e la spinse verso l'aula d'arte dove erano appesi i lavori di Peter. In quel momento di forte scombussolamento psicologico, non era in grado di spiegarsi questo istinto viscerale: poteva trattarsi di un bisogno di trovare conforto in oggetti familiari così come di un'irrefrenabile tendenza masochista della volontà al ricordo di un ancora fresco e radicato dolore di lutto.

Il suo passo celere, però, faceva trapelare, con chiarezza, tutta la sua palpitante voglia di fuga; ma fuga da che cosa? Da Ava ed Helena? No, loro erano state solo la goccia che aveva fatto tracimare un vaso già soffocato da un'esorbitanza nociva di bisogni, paure e ansie.

A un certo punto, però, un tonfo inatteso contrastò con il silenzio che fino a quel momento aveva attraversato il corridoio come un felino pronto a sobbalzare e a fuggire al primo rumore. Si girò di scatto e si annichilì: a pochi metri di distanza poté distinguere una figura curva, intenta a raccogliere da terra un enorme e ingombrante valigia nera.

Si trattava senza dubbio del preside Williams.

Evelyn non riuscì più a percepire il controllo delle sue gambe: era come se i suoi piedi fossero sprofondati, in tutta la loro interezza, nel pavimento sottostante, fino a lasciare queste senza delle basi dinamiche che ne potessero guidare i movimenti.

Non era in grado di guardare quell'uomo facendo finta di niente, illusa che l'incubo dell'ultimo incontro con lui potesse ricacciato nell'oblio della sua memoria. La distanza che li separava, tuttavia, non le impedì di notare che i suoi occhi, indirizzati verso di lei, erano, per sua sorpresa, normali: le sue pupille non avevano più quelle dimensioni tali da nascondere le sue intere iridi verdi.

Se, però, l'assenza di quella caratteristica, che l'aveva tanto inquietata l'ultima volta, ebbe il potere di rasserenarla in parte, il suo incarnato cereo esercitò su di lei l'effetto contrario. Quel pallore tendente al verdognolo era estremo, tanto che la ragazza tornò a considerare la congettura per la quale l'uomo fosse gravemente malato.

Non ebbe, però, il tempo di riflettere a lungo perché presto il signor Williams s'incamminò nella sua direzione, con una mano alzata in segno di saluto e un'altra stretta attorno al manico della valigia sollevata.

Il suo sguardo era tranquillo, eppure l'animo di Evelyn non si sentì riappacificato come avrebbe potuto: ancora non riusciva a scacciare dalla testa quell'immagine che aveva reso di lui uno dei suoi peggiori incubi. Si guardò intorno in cerca di un'anima viva che la potesse confortare con la sua presenza, ma niente da fare: solo le loro figure interferivano con il vuoto del corridoio. Dopotutto, però, non si sarebbe potuta aspettare altrimenti, dato che otto aule su dieci del secondo piano erano destinate ai laboratori delle attività pomeridiane.

- Buongiorno, signorina Randall - esordì con garbo l'uomo. - Che ci fa da queste parti? Non dovrebbe trovarsi in classe?

Evelyn, prima di rispondere, indugiò. Una volta ridotta la distanza tra i due, le narici del suo naso furono attraversate da un odore raccapricciante e nauseante, come se l'uomo, all'interno di quella valigia, custodisse animali in decomposizione.

I misteri di StreamvilleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora