La ragazza entrò in aula dieci minuti dopo l'inizio della lezione, con il cuore che le martellava furioso nel petto. Si scusò timidamente con il professore per il ritardo e si affrettò a sedersi presso l'unico posto che trovò libero: quello vicino a Jason.
L'ennesima occhiata gelida che quest'ultimo le scoccò la indusse a esitare prima di accomodarsi. Cercò, ansiosa, altre sedie libere, ma destino volle che, quel giorno, dovesse sopportare lo strano ragazzo non solo come nuovo concittadino comparso all'improvviso in concomitanza alla morte di suo fratello, ma anche come vicino di banco.
Il professor Taylor ignorò completamente la studentessa ritardataria e continuò con la sua peculiare aria di sufficienza a spiegare in che cosa sarebbe consistito uno dei suoi nuovi lavori di gruppo. Contrariamente al ragazzo che le stava accanto, Evelyn non stava prestando troppa attenzione alle parole dell'insegnante. Come avrebbe potuto mantenere la concentrazione quando la persona che più la incuriosiva e, al contempo, intimidiva era proprio lì, vicino a lei?
Jason era così alto che era costretto a tenere incurvato il collo per scrivere sul suo quaderno. A quella distanza poté anche sentire il suo profumo, così penetrante e speziato che sembrava racchiudere, proprio come tutto di lui, un profondo mistero. La ragazza, inoltre, non riuscì a spiegarsi con esattezza il perché, ma il suo inconscio incominciò a essere misteriosamente attratto dalle sue mani. Erano grandi, scarne e pallide, ma stringevano con straordinaria calma e delicatezza la penna, appuntando sul quaderno ogni parola del professore.
Se avesse usato con lei la stessa premura che aveva in quel momento, probabilmente avrebbe conquistato la sua simpatia. Tuttavia, il suo sguardo torvo e le sue parole taglienti erano in netto contrasto con la sua calligrafia sinuosa e precisa come non ne aveva mai viste. Per di più, la sua inconscia attrazione non poteva non essere anche accompagnata e filtrata da un timore legittimo: imbattersi in un'ombra interna ancora più imperscrutabile e oscura di quella sottile e velata che lo avvolgeva.
- Io ti consiglio di ascoltare invece di continuare a fissarmi con tale intensità – sussurrò all'improvviso il ragazzo, senza distogliere lo sguardo dalla penna che la sua mano muoveva spedita.
Evelyn riemerse prontamente da tutti i suoi pensieri. La sua voce profonda l'aveva risvegliata e attraversata come un'improvvisa folata di vento – Non ti stavo guardando – replicò perentoria e tagliente, per nascondere l'imbarazzo e l'insicurezza che in realtà le avevano infuso le sue improvvise parole.
- Non mi permetto di contestarti: sai tu cosa hai fatto o non fatto – disse con nonchalance.
Evelyn stavolta non ribatté. Prese la penna e cominciò a segnare quello che il professore diceva, senza però dare peso al significato delle sue parole. Perché si agitava tanto? Perché, quando lui apriva bocca, sembrava sempre che rigettasse su di lei un connubio innaturale di gelo e calore? Il suo corpo s'immobilizzava, ma, dentro il suo petto, il cuore trepidava selvaggio. Si sentiva patetica. Non poteva permettere a uno sconosciuto di avere quell'effetto su di lei. Era ora di rinsavire: il suo animo era già turbato per altri motivi e non poteva farsi carico anche della battaglia di emozioni che quello strano, taciturno e scortese ragazzo sobillava.