Capitolo secondo - " Un inaspettato incontro"

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Evelyn obbedì a ciò che le aveva ordinato di fare sua madre

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Evelyn obbedì a ciò che le aveva ordinato di fare sua madre.

Quel giorno avrebbe dovuto trascorrere una mattinata come un'altra: scuola, amiche, interrogazione di scienze e pranzo insieme al fidanzato dopo la fine delle lezioni. Tutto sarebbe dovuto essere perfetto e ordinato come ogni giorno, ma la ragazza aveva sempre ignorato un precetto fondamentale: la vita non va sempre secondo i piani.

Non accettava, infatti, che parte della sua esistenza fosse nelle mani della sorte; aveva creduto che niente potesse privarla del totale controllo della sua vita, eppure le circostanze avevano squarciato il velo opaco di quella capziosa illusione.

Quando tutto procedeva per il meglio, si sentiva appagata e fiera di sé, ma, appena accadeva il contrario, si colpevolizzava duramente; e mai come in quel momento si sentì tanto in colpa, come se la scomparsa del fratello fosse stata scatenata direttamente da lei.

Non capiva che tutti abbiamo irrevocabilmente colpa in quest'universo: le nostre esistenze sono placche che collidono, si fondono, si allontano, si riavvicinano, determinando un concatenazione di eventi dalla quale spesso è impossibile svincolarsi.

Era strano non vedere suo fratello nella sua stanza a dipingere e a studiare: aveva passato così tante ore della sua vita chiuso in quell'angusta camera che la sua assenza lasciava un segno più tangibile della sua stessa presenza

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Era strano non vedere suo fratello nella sua stanza a dipingere e a studiare: aveva passato così tante ore della sua vita chiuso in quell'angusta camera che la sua assenza lasciava un segno più tangibile della sua stessa presenza.

Alcuni dipinti erano appesi sulle pareti, altri erano appoggiati verticalmente su una mensola, mentre quelli meno recenti, che aveva realizzato tra i dodici e i quattordici anni, periodo in cui aveva iniziato improvvisamente a isolarsi, erano conservati in un armadio a parte, affiancato a quello destinato ai vestiti.

I soggetti di quelle opere sembravano proiezioni del suo mondo interiore, come se durante la notte, mentre sognava, li plasmasse nella mente per poi raffigurarli, durante il giorno, su tela.

Peter era solito rappresentare paesaggi idilliaci: foreste con alberi dalle foglie blu e dai tronchi bianchi, ruscelli dall'acqua rosea, lande di terra che fluttuavano nel cielo collegate da ponti, monti attraversati da sinuose correnti di energia azzurrina che illuminavano i cieli notturni, abnormi cristalli che si ergevano come tanti grattacieli dalle più svariate altezze.

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