Evelyn si svegliò nel suo letto.
Si scostò dagli occhi la mascherina per dormire e rivide la sua camera: le pareti verniciate di viola, le foto con Noah e con le sue amiche, gli scaffali di legno con i suoi libri allineati meticolosamente e tutti i premi vinti nei tornei di tennis, gli attestati che le davano ai saggi di flauto e i certificati di francese.
Si stiracchiò le braccia intorpidite e, ancora avvolta da un sottile velo di torpore, allungò una mano verso il cellulare situato sul comodino.
Si strofinò gli occhi e, quando vide che ore fossero sullo schermo, trasalì e si alzò scattante dal letto.
Erano le sette e mezza e si sarebbe dovuta trovare a scuola alle otto in punto.
Non si spiegava perché questa volta la sua sveglia non avesse suonato e i suoi genitori non le avessero detto niente, ma non era il momento di farsi domande: il tempo non ti aspettava, dovevi tu stare ai suoi comodi.
Indossò veloce i vestiti del giorno prima e corse verso la porta.
C'era, però, un unico grande problema: questa non si apriva.
Tirò su e giù la maniglia con insistenza, ma niente da fare: qualcuno doveva averla chiusa a chiave dentro la sua stanza.
Produsse quanto più rumore possibile tirando forti pugni contro l'anta della porta mentre chiamava a squarciagola i genitori, ma, ahimè, non ci fu nessuna risposta o alcuno scatto della serratura.
Tirò un ultimo pugno contro di essa e, alla fine, sospirò rassegnata.
Anche se era autunno, una luce estiva illuminava la stanza e il pulviscolo aleggiava nell'aria stantia come polvere dorata.
Evelyn, tuttavia, si accorse che le ante in vetro della finestra trasparivano uno scenario differente, fatto di lampi, pioggia e nuvole che dominavano il cielo.
Non capiva.
Sembrava che la luce si fosse rintanata nella sua camera per fuggire ai nuvoloni dell'esterno che la soffocavano sprofondandola nell'oscurità.
Il boato dei tuoni e il ticchettio delle gocce di pioggia che tremavano sul vetro della finestra non erano percettibili.
Evelyn aveva la sensazione che il diluvio non fosse reale, ma solo un'immagine illusoria che avvolgeva il buio mondo esterno, come una maschera celante il vuoto dell'inesistenza.
Si avvicinò lentamente alla finestra, aspettandosi che a ogni suo passo il potere di quell'illusione si sarebbe indebolito sempre di più fino a mostrare una realtà ancora più terrificante: il Niente.
O forse ciò che stava fuori era tutto reale ed era la luce della sua stanza a essere illusoria?
L'unico modo che aveva per appurare cosa fosse vero e cosa falso era aprire quella finestra e percepire con la propria pelle il tocco solleticante delle gocce di pioggia.