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Il silenzio afoso e opprimente di quella serata invernale è per Olimpia indimenticabile

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Il silenzio afoso e opprimente di quella serata invernale è per Olimpia indimenticabile. Si sentì sola e ansiosa, e cercò di colmare il sentimento col sapere e con lo studio. Non mise piede al di fuori del suo appartamento, o almeno fin quando la sua gola non divenne secca e assetata.
E allora fece l'identica stessa strada di sempre, saltò giù dalla scala di pietra e si spolverò la veste con movimenti svelti della mano.
In realtà la giovane possedeva un brutto presentimento nel cuore che le affaticava il respiro, e da tempo stava cercando di scovarlo in ogni modo a lei possibile. Si manifestava in piccoli gesti timorosamente presagiti, e questo Holly non lo sopportava; perché in fondo amava avere il controllo su se stessa.
Calpestò le aiuole rovinate dalla pioggia e si sporcò le scarpe in tela di terriccio bagnato, osservò gli steli dei fiori umidi di rugiada e si commosse di tanta bellezza.
La brezza invernale cullava le ciocche dei suoi capelli color miele, accarezzava piano la pelle nivea e giovane, pareva amarla come nessuno aveva mai fatto.
Erano trascorsi pochi istanti da quando il sole era calato su Nikko, e vi fu un gran via vai di persone e di macchine, tutti stavano tornando a casa; pensò lei.
Nonostante l'orario si soffermò ancora un po' ad osservare le strade, le giungevano alle orecchie il rumore delle sedie scricchiolanti di legno e dei passi sul parquet; come se già avesse messo piede nel bar dell'amica.
Spinse la porta del locale verso l'interno e si sentì accolta da un dolce profumo di caffè e biscotti.
L'attutito senso del tempo si fece più vigile ed esigente, il senso di pericolo che divorava Holly la fece sedere a testa bassa davanti al bancone.
Nonostante il calore non fosse sopraggiunto quel giorno ne quello successivo, per essere precisi, Olimpia si sentiva osservata e pregava che quella sensazione svanisse al più presto.
Alzò il capo quando sotto i suoi occhi una mano svelta e agile era riuscita ad acciuffare il barattolo delle mance.
Daniel, seduto al tavolino di fianco a gambe incrociate, si passava tra le dita gli spiccioli accumulati durante la giornata. Si guardava intorno con aria sospetta e li contava scrupolosamente per poi metterseli nelle tasche dei jeans.
Solo allora Holly si rese conto di essere venuta a conoscenza dell'identità del ladro, e oltretutto assistendo ad una delle sue più innovative prestazioni. Quindi, in un certo senso, si sentì onorata.
Quella volta Daniel si accorse del suo sguardo, eppure sul viso della giovane non vi era nemmeno un briciolo di rabbia, ma un sorriso ad incorniciarle le guance arrossate.
E così si rese conto, per la millesima volta, che la ragazza sarebbe inevitabilmente stata sempre sua complice.
L'uomo sollevò il fondo del bicchiere ormai vuoto, in segno di saluto. Holly non perse tempo a ricambiarlo facendo brillare di gioia gli occhi vispi al più grande.
Tuttavia, solamente il giorno successivo Daniel si accorse di non averle rivolto neppure una parola.

Dato che nessuno badava ad Olimpia, e dato che non riusciva a decidersi quando tornare nel proprio appartamento per preparasi, si sentì in dovere di sostare sulla sua panca preferita per qualche minuto ancora; finché non si sentì richiamare dalla proprietaria.
<<Non è sicuro uscire di sera, la condizione per voi continua a peggiorare.>>
Valentina si era decisa a cambiare camicia da lavoro, insomma la vecchia non era degna di chiamarsi tale; la ragazza era riuscita a sgualcirle i taschini e Holly non si sarebbe sicuramente stupita di trovare qualche bottone nei drink dei clienti.
Le venne dato uno dei giornali che l'amica conservava nella credenza, e le fu indicato un rigo grigiastro e mezzo rovinato dalla stampa in cui affermava un'altra vittima.
Il corpo dell'omega era stato ritrovato giù al molo, incastrato tra qualche barile e cassa utili in caso di merce da trasportare; e furono le prostitute a scovarne i resti.
Olimpia si appoggiò una mano sulla fronte scostandosi le ciocche più scure che le impedivano di leggere, e si drizzò sulla panca quando nel secondo trafiletto vi era scritto a caratteri cubitali che il caso non era stato ancora chiuso.
A ogni parola dell'articolo il sorriso della ragazza, che poco prima regnava sul suo viso, si trasformò in una pozza di pura ansia e rabbia.
<<Siamo a undici quest'anno, undici!>> scandì lei e riversò sulla mora ogni dannatissimo insulto che avrebbe desiderato lanciare all'assassino del ragazzo.
Poi un senso di vuoto le si formò nel petto, si voltò a guardare l'amica immobile e si schiarì la gola.
<<Che diamine hai in mente?>>
Olimpia di alzò dalla panca per trovarsi alla stessa altezza della donna, e i loro occhi parlarono nonostante sembravano non dirsi granché. Quelli della bionda erano colmi di paura, ma lasciò correre e prese la borsa che aveva lasciato sul pavimento cosparso di briciole.
<<Posso riuscire a guadagnare onestamente; fidati.>>
E come era abituata a fare da tempo, la mente della giovane cominciò a viaggiare. Insomma, con i soldi guadagnati sarebbe riuscita a esplorare il mondo, e non avrebbe mai più avuto il bisogno di chiedere il permesso a nessuno.
E ne era eccitata, perché mai si sarebbe immaginata un futuro così ricco e prosperoso.
Tutto questo le sembrava assolutamente estraneo, come se niente le aspettasse, perché si sentiva così inferiore, sbagliata.
La più grande la guardò con un'espressione interrogativa sul volto, tirò fuori dalla tasca del grembiule un fazzoletto e cominciò a pulirsi gli occhiali.
<<Devo solamente posare per un collega, sta sera.>>

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