La torta di mele, la musica rock, il lago di Nikko; le calze a rete e la pittura ad olio.
Le cose preferite di Olimpia non erano mutate nemmeno col passare degli anni, nonostante lo studio e il sapere avessero cambiato notevolmente le abitudini della bionda.
Non era vecchia, ma neanche così giovane per comportarsi come una ragazzina senza responsabilità, eppure qualcosa la spingeva a vivere ogni giorno come fosse l'ultimo.
Forse perché aveva paura di morire, o magari non aveva ancora trovato un buon proposito per tagliarsi la gola.
Se nella lettera di addio avesse scritto, o ben spiegato il motivo delle sue azioni in un riassuntivo 'colpa della società'
nessuno le avrebbe creduto, o peggio, avrebbero pensato fosse esagerata.
Fu così che i suoi dipinti vennero di meno, più cupi e scuri; ormai come da giorni erano le espressioni sul suo viso giovanile.
Olimpia nascose una cravatta di seta nera nell'armadio, la guardava ogni giorno come fosse l'alternativa più giusta alla sua miserabile vita, nel caso avrebbe desiderato fuggire altrove, e ogni volta faceva il nodo sempre più stretto per adattarla al suo collo.
I mesi seguenti la cravatta fu gettata a terra, e mentre giaceva sul pavimento Holly piangeva.
Lei fece gran parte delle scale di corsa, il condominio non era munito nemmeno di un ascensore, e si chiese come la vecchia vicina cieca facesse a salire tutti quei piani.
Aveva ancora il fiatone e il respiro corto quando era riuscita a spalancare le ante dell'armadio della sua stanza, i suoi capelli galleggiavano nell'aria pesante di marzo e si sentì sparire il terreno sotto i piedi.
Afferrò con una mano il tessuto morbido dell'indumento, mentre l'altra era ancora appoggiata al pomello in legno, e lo stringeva piantandoci dentro le unghie colorate; si sentiva morire.
Vide proiettarsi sulla parete bianca ogni singolo istante della sua infanzia, con quell'anima opaca dalle tante pretese giungeva fin troppo spesso a cattive e disperate notti, di cui la mattina seguente neanche avrebbe ricordato, sarebbero velocemente sparite come foschia in pieno pomeriggio primaverile.
Dopotutto Holly era umana, e ogni essere vivente difficilmente di distaccava da un'abitudine, un piacere di cui la ragazzina non voleva privarsi. D'un tratto stava bene, e il giorno dopo si trovava in quell'esatta condizione.
E ciò fece pensare che parecchi suicidi furono trattenuti in bilico,su un filo di cotone, tra la morte ed una partitella a scacchi,il sapore dei biscotti di prima mattina.
Non ricordò nemmeno lei come avesse concesso al moro di entrare, egli aveva tirato un calcio alla porta della stanza con ben poca grazia appena aveva sentito il pianto dell'amica. Non aveva mai corso così in fretta, udiva i singhiozzi e la puzza di tristezza in quell'appartamento.
Impregnava ogni mobile e ogni superficie, stagnava negli angoli della casa e pareva insopportabile perfino ai pesci rossi nella boccia sul davanzale.
Daniel boccheggiava in cerca d'aria, inciampò in qualche tela poggiata alle gambe del tavolo e si precipitò a trovare la stanza in cui riposava Olimpia.
Quel torrido mezzogiorno il ragazzo era venuto per visitare la bionda, aveva appena passato il periodo di calore e voleva ritornare ad abbracciarla come sempre, per lui in fin dei conti era stato semplice, anche se per lei evidentemente no.
L'aveva trovata rannicchiata in una pozza di sudore, nonostante fuori non vi erano più di dodici gradi, la guardava sulla soglia della porta che si portava le mani in volto, e se lo copriva.
Daniel avrebbe dato tutto, anche se stesso, per vederla sorridere; e quell'immagine tutt'oggi gli logora la mente.
Ora Olimpia era sotto il letto e da circa due ore si mordeva le mani in cerca di sollievo, il tintinnio delle chiavi di Daniel l'aveva quasi fatta uscire di senno; in quel periodo amava il silenzio.
La donna era sottoposta sia alla tortura del calore che a quella della sua mente, e tutto ciò che riusciva a pensare era diviso in due categorie: il sesso e il suicidio.
Si vergognava di pensare a questo, non era da lei, e faceva finta di non sentire i continui richiami del moro, cosicché potesse toccarla; da quando era diventata tanto patetica?
<<Holly.>>
con un'indifferenza passiva la biondina aveva zittito i suoi singhiozzi, premendo così una mano sulla bocca rosea. Per carità, da quelle labbra in quel momento poteva sicuramente uscire di peggio.
Lui si era accovacciato e guardava la donna stringersi e divincolarsi da una stretta inesistente; le aveva sorriso e le aveva preso il volto rigato dalle lacrime tra i palmi.
Si era abituato da tempo al suo odore, alla sua voce, al suo corpo, ma preferì non dirlo a nessuno; benché avrebbe sicuramente rovinato quel legame che si era creato con la ragazza.
Per di più avrebbe ferito quel suo orgoglio di ferro che si ritrovava.
Il moro fece si che i loro occhi si scontrassero, delicatamente le accarezzò le guance e si perse come sempre nel suo sguardo accaldato; come avrebbe gradito baciare ogni centimetro di quel viso.
<<Insegnami a lottare, ti prego.>>
Daniel non smarrì mai quella sensazione, che in quel periodo non era mai stata più consistente e concreta, ed anzi cercò di ritrovarla in altre donne e altri cuori. L'amore giovanile che provava per la bionda era imparagonabile alla stima che riteneva nei suoi confronti, eppure preferì tacere.
Aveva afferrato la sua mano e piano piano la tirava fuori da quell'angolino polveroso, la strinse in un abbraccio consolatorio. Era stretta al corpo di Daniel e si faceva piccola piccola accanto al busto del maggiore. Stavano in più totale silenzio, comodi sul materasso dalle molle cigolanti e si rassicuravano così. Di tanto in tanto spinti da un tenero desiderio di calore affettivo. Il moro gli osservava gli occhi arrossati e con sguardo luminoso cercava di ravvivargli l'animo spento, allora Holly sollevava il capo e piangeva, tanto che la maglia grigia del maggiore si bagnò di lacrime calde.
Da quel giorno il ragazzo si rifiutò di avere qualsiasi tipo di legame amoroso con l'amica, la conosceva fin troppo bene e sapere di non essere l'alpha giusto per lei gli mandava in frantumi il cuore, cocci che la bionda avrebbe recuperato e riassemblato con amore. Perchè era una passione benevole, capace di rimarginare le ferite di ognuno.
Nonostante uno dei due, in fin dei conti, si feriva le mani.
Da quel giorno passò un anno o due, e così il passare delle stagioni e dei mesi, ma Daniel non dimenticò mai la felicità che gli attraversava il petto.
E come un mare in tempesta, i suoi sentimenti se ne stavano alla deriva, lontani dalla sponda; qualche volta spintonati dalla corrente sugli scogli.
Avrebbe dedicato ogni sua canzone alla giovane, e avrebbe cantato per lei sotto le stelle; fin quando il suo cuore e la sua passione non si sarebbero placati.
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Valentina stava sviscerando un problema finanziario, quando lo sbattere delle porte d'ingresso risuonò in tutto il locale.
Prima la donna se ne stava comodamente seduta al bancone, si portava di tanto in tanto le mani al viso per asciugarsi la fronte imperlata di sudore. I capelli scuri e lunghi le ricadevano sulla schiena come un sipario e respirava tranquilla nella brezza fresca del mese, mentre indossava un abito piuttosto leggero. Era bianco e valorizzava gli occhi ambrati della giovane donna, rattoppato qua e là con qualche spillo recuperato dall'ultimo cassetto del davanzale.
Le dita esili erano pronte e scattanti, sfogliava con impazienza le bollette ricevute e osservava la compagna dinnanzi a lei.
Questa data la sua bassa statura, era solita poggiare i gomiti sul ripiano di legno cercando di scorgere qualunque cosa stesse svolgendo Valentina; si distrava parecchio facilmente e più volte era stata richiamata dalla maggiore.
Lei recuperò dalla mensola il giornale e per ammazzare il tempo si era messa a leggerlo pigramente, sfogliando le pagine di carta di tanto in tanto. Si era detta che se la maggiore l'avesse ignorata allora lei avrebbe fatto altrettanto; oltre che distratta era pure cocciuta.
Giorgia fece qualche piega a lato e sbuffò sonoramente, forse per farsi notare o forse per la noia che in quel momento l'attraversava; desiderava tanto ritornare nell'appartamento della sua metà e non fare un bel niente.
Tuttavia, quel "non fare un bel niente" assumeva un significato completamente differente dall'oziare, e si era sparsa la voce che per ammazzare il tempo di certo non si leggeva giornali a casa Williams. E Giorgia questo lo sapeva meglio di chiunque altro.
Si morse le labbra, e la gola le divenne presto secca e assetata, come il suo odore dolce, che presto assunse quella punta di lussuria che la mora seduta aveva imparato ad apprezzare.
<<Trattieniti, non ti è bastato?>>
Alle orecchie di un perfetto estraneo, un passante o un semplice cliente in cerca di caffè e biscotti, quella conversazione non era altro che un innocente dialogo tra un omega e una beta.
Eppure di pudico non c'era tanto, nonostante il viso della maggiore fosse più rigido, più pacato e più rilassato della mora; quest'ultima la guardava con occhi febbricitanti.
Mentre le pene passionali di un caldo primo amore venivano racchiuse in gesti fugaci, Daniel al contrario ascoltava penosamente il rumore dei suoi passi sulle tavole di legno. Faceva avanti e indietro per tutto il locale, teneva le mani racchiuse in due pugni per poi rilasciarli ai lati del bacino, non sapeva neppure lui perché fosse così preoccupato.
I capelli scuri e castani gli paravano gli occhi dal sole serale come una visiera, si sedette accanto all'amica ed ordinò a Giorgia di fargli un Manhattan.
Fino a qualche tempo prima, quando ancora era acerbo e infantile, era complicato procurarsi dell'alcol, perfino in Europa; sebbene avesse raggiunto da tempo la maggior età.
<<Dove cazzo è?>>
Daniel si calmò solamente quando ebbe tolto tutti i petali dei bei fiori di Valentina, dopo che il pavimento di legno non fu cosparso in gran parte da germogli giovani e bianchi.
Allora era facile capire a chi si riferisse il bruno, non era ancora diventato del tutto impenetrabile, come d'altronde era la giovane donna accanto a lui; ancora indaffarata a dividere le buste di carta.
Dall'altro lato del bancone, persa tra le pagine vissute di un libro, vi era Giulia, inerme ascoltava la conversazione che il suo capo stava avendo con i suoi amici.
Tuttavia se ne stava in disparte con gli occhi cupi piantati sulle parole del manuale, e pieghettava la carta nervosa; decise di rifugiarsi sotto il mobile fin quando Valentina si alzò per stanarla.
Ahimè, la donna pareva sapere tutto.
<<State tranquilli, è fatta così.>>
La mora aveva ancora una mano stretta sulla spalla della giovane dipendete e la guardava sorridendo, era riuscita a tirarla fuori dal suo nascondiglio e le aveva recuperato il libro con poca fatica; ora si guardavano e sembravano capirsi.
Mentirei se dicessi che niente tra le due era stato rivelato; perché era da tempo che Valentina sapeva la verità su di lei e su chi stava cercando. Per di più sapeva per chi provasse quel senso di preoccupazione opprimente.
Giulia guardava ovunque le capitasse di posare l'occhio, non appena sentì la presa dell'amica farsi più stretta sulla sua spalla sospirò e cercò di dirigersi altrove.
Alla sua destra trovò l'altro alpha, concentrato a scrutare le vetrate che davano sulla strada, e per cortesia decise di rivolgergli la parola:<<Sei molto legato a lei?>>
La voce le uscì molto più bassa di come voleva farla apparire, ma non ci badò troppo. Stette in silenzio aspettando una risposta dal ragazzo e si guardò i piedi leggermente infastidita da quel silenzio che si era venuto a creare da qualche minuto.
Daniel tacque, colpito da un'improvvisa gelosia che gli sollecitava l'orgoglio, fu in quel momento che i loro sguardi si scontrarono e per un istante ognuno dei due si ritrasse.
<<Ti interessa?>>
Il castano ne era più che certo, da qualche parte in quella vasta galassia, una supernova era appena esplosa; e le sue radiazioni lo avevano investito in pieno.
I clienti e la proprietaria della struttura sembravano non lamentarsi dopotutto, neanche quando il trambustò che i due provocavano andò a sovrastare le voci dei telecronisti.
<<Tranquillo, puoi andare non c'è problema.>>
La porta si aprì e rivelò la sagoma di Olimpia, si guardò attorno con il capo basso, e senza troppe parole mise un braccio sotto quello dell'uomo. Per tutto il tempo in cui i due amanti si salutarono, i due alpha al bancone non fecero altro che agitarsi sul posto, una avrebbe voluto dargli del cane, mentre l'altro saltargli alla gola.
La biondina non fu trattenuta a lungo e con passo veloce si era diretta verso Valentina, l'aveva abbracciata e le aveva lasciato sulla guancia un bacio leggero e pacato. I tre amici si voltarono verso le due e schiusero le bocche rassegnati, forse un po' sorpresi dai gesti avventati delle giovani donne.
Holly aveva un'espressione felice sul volto, e quell'aria primaverile che la caratterizzava sembrava regnare su ogni centimetro di pelle.
<<Menomale che non volevi fare la mantenuta.>>
La mora si tastò la nuca e sistemò gli occhiali sul naso, raddrizzandoli con cura. Scrutò la ragazzina irrigidirsi e le puntò in maniera infantile un dito contro; aprì la bocca in cerca di parole e per un secondo tornò a respirare.
Le gambe della bionda erano strette in un paio di calze a rete che parevano aver vissuto anni di sofferenze, Giulia posò l'attenzione sulla gonna che le cingeva la vita stretta e per un attimo si sentì morire d'eccitazione.
<<Guarda che Daisuke non mi ha mai dato neanche un soldo!>>
Holly aveva alzato la voce e si sedette accanto all'amico a braccia conserte; cercò un contatto consolatorio con le braccia di Daniel.
Si sistemò la gonna nera, si arrotolò le maniche della camicia bianca sopra i gomiti e face uscire dalle labbra rosee e piene un sospiro pesante.
Giulia, poco più lontana dalla ragazza aveva stretto le palpebre in due fessure sottili, poggiò l'asciugamano sul lavello bagnato dall'acqua e parlò:<<Che stupida, in tanto che c'eri potevi scroccargli un po' di soldi, non ti pare?>>
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adrenaline
Romance"Holly era fermamente convinta che nessun posto potesse essere tanto accogliente quanto il lago di Nikko; eppure quel giorno si dovette ricredere."