snow 3.

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Nonostante Olimpia apprezzasse molte sfaccettature e persone di questo mondo, il pensiero infantile della ragazza non mutò nel tempo, e davvero due cose si ostentò di amare follemente nella sua vita: il lago di Nikko e la torta di mele

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Nonostante Olimpia apprezzasse molte sfaccettature e persone di questo mondo, il pensiero infantile della ragazza non mutò nel tempo, e davvero due cose si ostentò di amare follemente nella sua vita: il lago di Nikko e la torta di mele.
Erano posizionati in quell'esatto ordine numerico, ma se allora Holly avesse saputo cucinare come si deve, sicuramente quel piatto prelibato avrebbe scalato le classifiche arrivando al primo posto.
Ma ciò non successe ne in quel periodo ne in quello seguente; e per gustarsela si dovette -quasi sempre- rivolgere a Giorgia del locale.
Invece, parlando del lago che faceva capolino ai piedi del monte, Olimpia ne era certa, sarebbe stato per sempre il suo posto preferito.
Ci volle tatto e cuore per ammettere che lei non fu mai stata amata come doveva e, fin dalla più tenera età, la sua famiglia decise di lasciarla in mani incerte.
Holly viveva in una piccola casina di periferia con sua zia, ma parve sforzarsi di rinnovarla ogni anno che passava; magari per tenersi impegnata in qualche attività produttiva.
Eppure quando sua zia spirò per l'ultima volta, avvolta nelle lenzuola di lino pulite, ella non aveva altro che quindici anni e la paura la sovrastò.
La donna pensò raramente alla sua famiglia durante la sua giovinezza, e doveva ammettere che non portava nemmeno così tanto rancore, o almeno fino a quell'istante.

Si congelò sul posto quando capì in che mondo spietato fosse appena capitata, in cui secondo un'opinione pubblica, un omega come sua zia non meritava nemmeno di una degna sepoltura.
Così, seguendo regole alternative e dettate sul momento dal cuore, invece che sotterrarla in qualche fossa comune Holly preferì cremarla.
Ebbe un fardello pesante come macigni sul petto per una vita, forse perché non aveva seguito le volontà dell'anziana signora o forse soltanto per la vista delle sue ceneri sul davanzale; la terrorizzava dopotutto.
Infatti la statuetta di ceramica bianca e blu stava sul mobile a raccogliere polvere e le si strinse il cuore, da allora nemmeno al funerale della vecchia i suoi famigliari si erano degnati di venire.
La ragazza passò interi pomeriggi seduta sul piccolo divano, come se vi riposasse da tutta la vita, e se ne stava ad osservare il contenitore artigianale; per giorni fece solo quello e le sembrò di impazzire.
Raccolse quel che era rimasto di sua zia, così come le vecchie pantofole di lana e lo scialle rattoppato, e infine uscì di casa chiudendosi la porta alle spalle con un giro di chiave.
Passò per i campi di grano in cui in estate i contadini lavoravano e discese il vecchio viale sotto i castagni, poi raggiunse le sponde del lago di Nikko e si accovacciò tra le sterpaglie e il fango.
Fece uscire dalla tasca del cappotto l'urna e l'aprì, come per assicurarsi che il corpo della vecchia fosse ancora lì dentro e che nessuno l'avesse profanato; cosa altamente improbabile.
Tracciò con le dita tremanti e sottili ogni crepa della ceramica lavorata, sospirò mentre ogni suo muscolo facciale era contratto in un'espressione spaventata.
Si chiese perché proprio lei dovesse fare una cosa del genere, e perché il mondo dovesse essere tanto crudele da togliere a una quindicenne ogni possibilità di vivere senza la costante paura di morire sola.
E come se dettasse un testamento, sigillò sua zia tra le onde placide dell'amato lago. Prese in un pugno la polvere grigiastra e la strinse sentendo come se ogni briciolo dell'esistenza della zia le scorresse nelle mani.
E poi la gettò nell'acqua con un lancio veloce, senza pensarci troppo, che nella primavera di quel giorno i pesci nuotavano felici e le rane prendevano il sole sui massi.
Il lago era trasparente e ogni sasso e alga sul fondo era visibile agli occhi della donna, la schiena argentata e brillante di qualche carpa spuntava curiosa e boccheggiante tornando poi nelle profondità.
Da lì Olimpia fu rincorsa perennemente dalla morte, e forse era anche per questo che molti omega non desideravano altro che la più totale sicurezza nella propria esistenza.
Così il lago di Nikko ci sarebbe stato in caso avesse fatto la fine di sua zia, e non sarebbe deceduta in un fetido lerciume di disperazione e solitudine che aspettava agli esseri come lei. Ed era certa che ogni alga, ogni sasso e ogni carpa avrebbe fatto le condoglianze al suo corpo senza vita; così facendo si sarebbe sicuramente sentita accettata come essere umano.

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