dragonfly 13.

13 1 0
                                    

esistono due tipi di consapevolezza, quella cosmica e la tua, amore mio

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

esistono due tipi di consapevolezza, quella cosmica e la tua, amore mio.

Un caleidoscopio di sogni indefiniti. Giulia non aveva una forma e non aveva un volto, si era lasciata plasmare dall'insicurezza di Olimpia e si stava trascinando piano verso il precipizio che era quest'ultima. Ormai a Nikko era giunta la primavera, la neve si era sciolta e intorno ai loro corpi i ciliegi si decidevano a sbocciare. Sperava che la meta di quella passeggiata organizzata soltanto la notte prima giungesse presto, perchè le facevano male le gambe e si sentiva salire un fiatone difficile da controllare; guardò l'omega determinata mettere un piede dietro l'altro, e così la imitò. Arrivarono verso le due e un quarto, dopo vari metri di salita incessanti, con le mani sui fianchi e i volti arrossati dal caldo e dalla fatica, le fronti appiccicaticce. I monti coprivano i raggi del sole, che a stenti riuscivano ad illuminare il terreno falciato sotto i piedi. Si divertiva a formare ombre di petrolio, distorte sulla terra e sui ciottoli, scure come i suoi occhi e i suoi capelli. Confuse come le sue intenzioni. Eppure ti ammaliavano, tanto belle e inconsistenti che nel tempo che una sigaretta ci mette a diventare cenere già fumavano via.

Alzò lo sguardo su Olimpia che fissava il lago di Nikko, ebbe un fremito ma cercò di camuffarlo strofinandosi una manica del maglione sotto il naso, irritandolo. Era inutile cercare di capirla, ci avevano provato in tanti, bastava assecondarla.

In realtà Olimpia le appariva diversa da quella sera, aveva un'espressione inquieta e non la classica rilassata di sempre, tendeva i muscoli ogni volta che se ne presentava la possibilità. Holly infatti si era presentata alla porta di camera sua con gli occhi lucidi e scattanti e le labbra impegnate a farneticare ubriache riguardo argomenti che sul momento Giulia non capì. Le mani agitate, i capelli biondi arruffati, gli occhi di vetro leggermente rossi e la camicia di tessuto di flanella abbottonata male la fecero domandare se non fosse stata appena espulsa da una lavatrice. In realtà si chiese di cosa si fosse fatta. Dove fosse stata e con chi non lo sapeva e con fastidio capì che le importava. Si era fatta con Daniel, per poi finire annoiata e presentarsi alla sua porta? O forse era uno di quei suoi momenti di grande fragilità, in cui perdeva l'equilibrio, traballava sulle gambe molli come un cerbiatto inesperto della gravità e inconsapevole della pesantezza del proprio corpo, e vagava alla ricerca di una tana sicura in cui raggomitolarsi e nascondersi dalla spietata consapevolezza di sè. Di solito quel rifugio lo trovava in Giulia. Non voleva lasciarla sola e non voleva restare sola, quindi la fece entrare, concedendosi di disobbedire ai sui buoni propositi. Subito dopo l'ansia le attanagliò lo stomaco, la biondina era sdraiata sul suo tappeto ed era troppo seria per essere ubriaca, fatta, o solamente se stessa. Le aveva chiesto di accompagnarla in un posto, e lei si era solamente limitata ad accettare; come da tempo già faceva.

Olimpia rimase in silenzio, un lungo e ingombrante silenzio che riempiva la stanza e soffocava l'aria. Giulia, al contrario di Holly, iniziò a percepire un vago senso di disagio. Erano passati meno di pochi secondi eppure le sembrava di aver addosso la pesantezza di quello sguardo da molto più tempo. La mora non aveva mai capito molto bene il concetto di spazio-tempo, in fisica era stato bocciata più volte, e in quel momento credette fermamente di vivere in una linea temporale piegata e distorta, che l'avesse imprigionata in un acquoso loop infinito.

adrenalineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora