blackout 8.

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Olimpia indossava solamente una collana di perle quel martedì mattina

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Olimpia indossava solamente una collana di perle quel martedì mattina. Perché lui l'aveva costretta a spogliarsi di ogni paura e come un'ombra della notte vegliava sulla sua immagine; macchiando di nero la pelle lattea e il sorriso ammaliante, che però ora sembrava più una smorfia di preoccupazione.
Daisuke non le degnava nemmeno di una parola, se non per ordinarle, con tono distaccato, di starsene ferma davanti al suo viso; cosicché il disegno sarebbe sembrato il più realistico possibile.
I talloni della donna erano aggrappati come una pianta parassita alle gambe dello sgabello e parevano fatti d'argento, facevano avanti e indietro colpendo il legno scuro e rovinato. Mentre teneva le mani in grembo, impercettibilmente, puntava gli occhi verso la porta; perché quella strana sensazione che le aleggiava intorno da qualche ora non le piaceva neanche un po'.
Lei sentiva uno strano ronzio nelle orecchie, come quello che fanno le api nella stagione primaverile; e capiva poco o niente di quel che le diceva l'uomo.

<<Diamine ragazzina!>>

Era un'imprecazione. Olimpia odiava quando le urlavano contro, perché per la maggior parte delle volte queste persone avevano delle buone ragioni; e lei odiava aver torto. Il pittore si strinse il ponte del naso con indice e medio, sollevando di poco il mignolo, mentre l'altra mano impugnava con tutte le sue forze il pennello. La bionda si mosse in avanti, verso l'uscita, perché aveva dannatamente paura degli sbalzi d'umore dell'amante, o magari aveva semplicemente guardato la sua mano e si era terrorizzata all'istante. Questo non era riuscita ancora a capirlo.
Si immaginava solamente quel pugno, ora rigido e poco simile a quello di un artista, colpire la sua faccia; o il suo petto, togliendole piano piano il respiro.
L'aria si era fatta stagnante e bagnava le gambe nude della ragazza di umidità, nonostante fosse freddo fuori e si fosse formata la brina sui marciapiedi.
Ingoiò la saliva, da quando si era fatta così codarda?
<<Daisuke non sto tanto bene.>>
Olimpia cercava di non pensare al passato, ne al futuro prossimo, e si aggrappava a quell'attimo meraviglioso; al tempo presente.
<<Perciò? Pensi che io stia bene?>> La donna provò ad aprir bocca, ma fu preceduta nuovamente dal signore
<<Non mi importa di ciò che provi, puoi tornartene pure a vivere sotto i ponti. Ma io devo lavorare e non starò a sentire le tue lamentele da adolescente ancora a lungo.>>

Daisuke aveva fatto tre passi avanti, o forse quattro ma Olimpia aveva perso per qualche secondo la capacità di udire completamente e perciò non ne aveva la certezza. Provava ad ascoltare però le onde calme del lago, lontano da dove stava lei ora; non si mosse.

<<Io pensavo significasse qualcosa per te.>>

Indicò prima il suo petto poi quello di Daisuke, e con un dito tremante cercò di toccare la sua spalla. Cosa che, tuttavia, non le fu consentita, perché venne spintonata a terra e guardata con sdegno. Sdegno incomprensibile.
Tuttavia il futuro la travolse lo stesso, nonostante tutti quei disperati tentativi per rimandarlo.
L'alpha si accovacciò su di lei, come una volta faceva per sussurrarle smancerie all'orecchio o per leccarle le ferite della vita, ogni tanto ci ripensava.
Ma ora non le stava baciando le guance, le stava colpendo con i pungi. Con violenza, con frustrazione.
Il sangue le si raggrumò in bocca, quanto avrebbe dovuto sopportare ancora per non sentire più dolore?
La faccia le si era arrossata tanto, e le bruciava come se su di essa fosse appena scoppiato un incendio perenne. Fuoco che non si spegneva nemmeno con lo scorrere delle lacrime.
Si fece scappare un singhiozzo, in gola le si formò un nodo talmente stretto che le sembrava di soffocare; sputava sangue e malessere.

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