Cap.1

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Non ricordo da quanto tempo sono legata.
Ho gli occhi bendati e le braccia doloranti, sento le gambe indolenzite sul pavimento freddo.

Tento di mettermi in piedi, ma le caviglie legate me lo impediscono.

Non sento nulla, solo il rumore della risacca, capisco di trovarmi su una barca o comunque vicino al mare.

Ho fame, devo andare in bagno e non ho idea da quanto tempo mi trovo qui.
Possono essere passate diverse ore da quando mi hanno presa.

Sapevo che sarebbe successo prima o poi, mio padre mi aveva avvisato prima che lo sparassero.

"Ho cercato di proteggerti, ma non ci sono riuscito, verranno a prenderti, cerca di difenderti".
Queste furono le sue ultime parole.
Mi prese le mani tra le sue e me le strinse forte.
Mi guardò con gli occhi pieni di tante cose, rimpianti, delusione.

Poi è uscito e non l'ho più visto, se non all'obitorio di New York, quando mi hanno condotto lì quelli della polizia, per il riconoscimento del corpo.

Non riuscì a versare una lacrima, ero preparata alla sua morte e pensai che se l'era cercata.

Il vizio del gioco aveva offuscato la sua mente, da quando aveva perso la mamma in quel maledetto incidente. Non era stato più lo stesso.
Aveva cercato di isolarsi nel lavoro, di cercare una via d'uscita in quel limbo in cui era caduto, ma non c'era riuscito.

Alla fine mi aveva promessa.
Si, promessa.
Se non avesse pagato il debito avrebbero preso me.
Quando me lo disse mi misi a ridere.

Mancava un mese esatto al mio matrimonio.
Dovevo sposarmi con Derek, ci amavamo, ci conoscevamo da piccoli, eravamo praticamente cresciuti insieme.

Lui lavorava nella ferramenta del padre, io invece avevo appena finito l'università e volevo aprire un asilo.

Adoro i bambini, ne avremmo voluti nostri, crescere, educarli.

Con loro non si scherza, mi disse.

Con lui non si scherza.

Non mi disse altro, nemmeno chi fosse.

Volevo dirlo a Derek e scappare, ma poi arrivarono i poliziotti e mi dissero che lo avevano trovato in un vicolo sulla ventiquattresima.

Durante il funerale, Derek cercava di consolarmi ma io pensavo solo al momento in cui sarebbero venuti a prendermi.

La sera stessa, eravamo seduti in salotto.
Ero distrutta dalla sua morte, sapevo che sarebbe accaduto ma mi aspettavo che si salvasse, che rinsavisse o che in qualche modo riuscisse a pagare.
Ma il debito doveva essere alto.
Troppo per un uomo come lui.

Derek mi prese le mani per dirmi che mi amava, mi tenne stretta tra le sue braccia e io per qualche attimo mi sentii protetta.
Protetta che quello che mi aveva detto mio padre non sarebbe successo.
Adesso c'era lui con me, non mi avrebbe fatto mancare nulla, che avrebbe pensato lui a me.

Ma dentro di me sapevo che non sarebbe andata così, dovevo raccontargli tutto e andare anche alla polizia.
Magari avrebbe aiutato anche a dare un nome e un volto al suo assassino.
Ad un certo punto bussarono alla porta e lui andò ad aprire.

Lo aspettai sul divano, ma non sentii nessuna voce e quando non lo vidi arrivare, capì subito.

Mi alzai con l'intento di arrivare alla porta sul retro e scappare, ma non feci nemmeno due passi che non vidi più nulla.
Mi presero con un panno imbevuto di cloroformio e una benda sul viso che mi copri gli occhi.
E poi mi sono svegliata su questo giaciglio.
Senza sapere nemmeno dove fossi e cosa ne fosse stato di Derek.
Da dietro la porta sento dei passi, un parlottare confuso. Stanno parlando non nella mia lingua, sembra spagnolo, portoghese non saprei dire.

Con le ginocchia al petto e le mani dietro la schiena, mi avvicino sempre di più al muro, strisciando sul pavimento per volermi difendere, nascondere .
Ma nel buio più assoluto, la paura mi assale perché non so cosa e chi aspettarmi.
La porta si apre a doppia mandata, sento che si spalanca.
Sento dei passi avvicinarsi a me, una mano con forza mi toglie la benda, socchiudo gli occhi per abituarmi alla luce.
Due uomini a volto scoperto entrano e entrambi con un ghigno mi guardano, parlano tra loro ma non capisco cosa dicono.

Uno di loro si avvicina e mi osserva, mi sfiora il viso con le dita ruvide, indietreggio ancora, non sopporto quelle mani, ma l'altro lo ferma.

"Non toccarla o ti staccherà la testa"
Dice all'altro senza togliermi gli occhi di dosso, ma non sembra molto convinto delle sue parole.
"Non ci potremmo prima divertire?"
Azzarda ancora
"Se poi lei glielo dice, saremo cibo per pesci domani"

Si alza, volta la testa e sputa a terra.

Non capisco cosa vogliono allora da me.

Mi fanno alzare, mi sciolgono i polsi e mi portano con loro.

Mi conducono per una serie di corridoi, saliamo delle scale e  intuisco che siamo su una barca, ed anche molto elegante sembra dalle rifiniture, aggiungerei molto grande perché sembra non finire mai.

Arriviamo davanti una porta in legno, bussano leggermente e aprono.

Penso che dietro quella porta ci sia l'assassino di mio padre e quello che sarà il mio rapitore e carnefice.

Quando la porta si apre, una bellissima donna ci accoglie, con un bel sorriso e modi eleganti.
Indossa un abito di una fantasia in seta orientale, fasciato fino ai piedi, capelli lunghi biondi e viso molto curato.

Non so chi sia e forse nemmeno m'interessa saperlo.

"Sono Samira, come ti senti?"
Si rivolge a me in modo gentile, con modi garbati e un sorriso che vuole tranquillizzarmi.

Non le rispondo, ma qualcosa in lei m'impone di non essere aggressiva.

"Vuoi mangiare qualcosa? Ho fatto portare delle cose per te"
Mi fa cenno di sedermi, una tavola apparecchiata con molte cose da mangiare, ma ho lo stomaco chiuso.

"Vorrei usare il bagno" le chiedo.
"Certo" mi indica una porta vicino al divano e mi accompagna.

La sala da bagno è enorme, molto elegante, chiunque sia il proprietario della barca dev'essere molto ricco.

Mi rinfresco ed esco per affrontare di nuovo quella donna, vorrei farle molte domande, sapere cosa è successo a Derek, cosa ne sarà di me e soprattutto chi è che mi tiene prigioniera e perché.

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