Capitolo Otto

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your hand fits in mine like it's made just for me

***

La prima cosa che fa Niall è ripetere quelle due parole, 'sono qui', a ripetizione, come una cantilena che si muove su note inutili e in ritardo, perché lui si sente esattamente così: è lì, ma non quando avrebbe dovuto.

Si accuccia vicino ad Harry, che non appena lo riconosce mormora il suo nome in un richiamo doloroso, scoppiando a piangere di nuovo. Niall osserva i suoi vestiti sporchi, la preoccupazione gli si annida negli organi, ma gli tira comunque le spalle, per farsi guardare, e gli alza la mandibola. Ricorda il bambino che ha conosciuto alle elementari perché gli aveva per sbaglio lanciato una palla sul suo ginocchio, facendolo piangere. Ricorda il suo sorriso enorme, i suoi ricci, le loro scuole medie, i loro sedici anni, il coming out di Harry mentre fumavano erba leggera, il suo nebbioso 'scopati chi vuoi, Harry, ma fallo protetto, e non con quello stronzo di Jeremy'; i ragazzi che ha dovuto allontanare e quelli che ha appena apprezzato, quelli più simpatici, la sua relazione all'università. Il sorriso di Harry tratteggia tutti quei ricordi come un pennarello indelebile.

Dove sei finito, Harry?

Improvvisamente, il riccio gli attira le braccia, stringendole tra le dita. Sembra si reggano a vicenda. "Matt, Niall- Matt-"

Niall ci mette un po' a ripescare quel nome dalle loro conversazioni di cinque mesi prima, mentre smette di pungolarsi su un ginocchio e si siede sul pavimento di mattonelle fredde. Gli passa indietro i ricci. Uno è un po' sporco. "Quello con cui sei uscito, tipo, un secolo fa? Cosa c'entra adesso? È lui la colpa del tuo umore in questo periodo? Ti piace, adesso?"

All'ultima frase, Harry scoppia di nuovo a piangere. Ed è mentre piange e singhiozza (Niall deve mettere insieme le frasi, a fatica, mentre inizia a tremare e gli accarezza viso, mani, spalle, polsi) che spiega dei biglietti, dei messaggi, delle chiamate, del sospetto che possa vedere in casa loro, del fatto che è entrato due volte. Della cena, della pistola, del bacio e della sua lingua, del calvario e della paura, dell'ansia di uscire e dell'inquietudine, del senso di colpa. Di come vuole ritornare a quando studiava, di quando era felice, di come si chiede che fine ha fatto, l'Harry che rideva nei corridoi dell'università mentre fotografava i suoi amici? Lo vomita tutto, e vomita ancora un po', ma Niall lo trascina in tempo al gabinetto. Mentre gli regge i capelli, piange sulla sua nuca.

Harry, meraviglioso Harry, protagonista e confidente di ogni suo pensiero dalle elementari, con cui ha parlato della sua prima cotta, che nonostante la sua sessualità l'ha aiutato a superare lo scoglio della sua prima volta, reggendolo. Con cui ha condiviso drink, birre, sigarette, canne, compiti, vestiti, battute, sorrisi, spintoni, ricordi. Harry che alla prese in giro a scuola alzava gli occhi al cielo, Harry che in prima superiore gli ha presentato Liam dopo aver fatto un progetto di scienze insieme, Harry con cui ballava i suoi album preferiti nella stanza.

Piange mentre lo costringe a entrare in doccia, mentre pulisce il bagno e la cucina e si lascia cullare dallo sbuffo del soffione, sinonimo che Harry è lì con loro, almeno fisicamente, illeso e al sicuro. Ora c'è Niall. Va tutto bene.

Nel buttare tutto, gli trema comunque la mano.

Chiama Liam, ma non sa che dice. Si scioglie di nuovo in lacrime, la fronte sul piano di marmo, singhiozzando e spiegando, stentatamente, che Harry ha uno stalker, quel Matt, quello che non ispirava fiducia in nessuno dei due. Lo prega di tornare a casa, Liam esala un rantolo e attacca.

Quando entra dalla porta, in contemporanea Harry esce dal bagno. A vedere i loro sguardi consapevoli e pieni di lacrime, il riccio scoppia di nuovo a piangere, sentendo di nuovo lo stomaco contrarsi: si avvicinano, lo stringono, a lungo, accucciati al pavimento come quando facevano i fortini con i cuscini e si sentivano immortali e invincibili.

Sky Never Looked So Blue ||L.S.||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora