5. in ospedale pt 2

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ELEONORA

Allison è uscita, io e Federico siamo oramai soli da una decina di minuti e la tensione nell'aria è palpabile, quando incrocio il suo sguardo avverto qualcosa muoversi nel mio stomaco, è in piedi davanti al mio letto, le mani in tasca la t shirt bianca nonostante i pochi gradi che ci sono questa mattina mi fanno tornare alla mente il passato, il che è pericoloso, dato che mi sono promessa di andare avanti e di non guardarmi indietro e ora lui è qui e io non ho la più pallida idea di che cosa fare o cosa dire

"stai bene?" mi domanda lui quando stacco quel contatto visivo e gli do le spalle

"ti importa?" gli domando con aria fredda, cerco di non lasciar trasparire alcuna emozione

"Eleon-" comincia mi girò di scatto

"NO...non dire niente" urlo

"per favore" la mia voce ora è ridotta ad un sussurro e lo guardo mentre trattengo le lacrime agli occhi, non voglio piangere

non piangerò

non davanti a lui

"smettila di fare finta che ti importi qualcosa di me" fa un passo verso di me e mi sento in dovere di allontanarmi "non sto fingendo", la bile mi sale in gola, "ti importava di me anche quando mi hai lasciato e te ne sei andato?" nessuno dei due aveva osato tirare fuori l'argomento fino ad adesso.

non risponde , mi giro e comincio a trafficare nella mia borsa come faccio ogni volta che sono nervosa

"hai fatto quello che ogni persona con un po' di buon senso avrebbe fatto puoi anche andare via adesso" dico senza mai girarmi, avverto la pelle bruciare sotto al suo sguardo, non dice niente

l'ha sempre fatto, nei momenti in cui si trova in difficoltà o cerca di scappare dai suoi problemi si rivolge al silenzio

"dove stai andando adesso?" mi domanda

"a lavorare" mi limito a rispondere fredda e disinvolta

"non sei nelle condizioni di farlo" faccio un respiro e caccio indietro le lacrime per poi girarmi verso di lui

"e tu non sei nelle condizioni di dirmi quello che posso o non posso fare, non sei mio padre né tanto meno il mio ragazzo"

"sì è vero" risponde e a piccoli passi si avvicina a me, questa volta non mi muovo di un centimetro continuo a fissare il suo corpo ed a evitare i suoi occhi

"ma Allison è il tuo medico, e dice che devi stare qui" alzo gli occhi al cielo

"lei non è qui" rispondo velocemente

"infatti ci sta tenendo d'occhio da dietro la porta" per un attimo sul mio viso si disegna un sorriso debole

"Chiesa lasciami passare" esclamo quando sono davanti a lui, la notevole differenza d'altezza tra me e lui è sempre la stessa, se non maggiore e la sua vicinanza continua a farmi lo stesso identico effetto, dal primo giorno

"siamo già ai cognomi?" mi domanda, non lo guardo il mio capo è basso e gli occhi sono puntati sul suo petto coperto dal tessuto sottile della sua maglia

"da molto tempo" rispondo, quando sento una suoneria familiare sono costretta a guardarlo è la mia suoneria, dove diavolo è il mio telefono?

Il castano di fronte a me tira fuori dalla tasca dei pantaloni un cellulare, il mio cellulare per la precisione

"chi ti ha dato il permesso di prendere il mio telefono?" chiedo arrabbiata, mi guarda divertito

"l'ospedale" risponde scrollando le spalle mi alzo sulle punte nel tentativo di afferrare il mio telefono, ma è inutile

AGAIN ?// FEDERICO CHIESADove le storie prendono vita. Scoprilo ora