Era passato più di un mese dai funerali di Yigit e di Huma ed ero di nuovo sola. Can era partito nuovamente per la Francia questa volta non per fuggire ma per una buona azione. Aveva deciso di pubblicare il racconto di cui era protagonista, scritto dal ragazzo che l'aveva tenuto prigioniero, e di devolvere il ricavato della vendita ai familiari delle vittime da traffico di droga ma per farlo desiderava avere il consenso della madre del suo carceriere e inoltre desiderava conoscerla per ringraziare indirettamente attraverso di lei, il ragazzo di quanto aveva fatto per lui. Avrebbe poi fatto rientro in barca per riportarla a casa considerando che si trovava ancora ancorata al sud della Francia.
Per me era tempo di riflessioni. Non era stato facile rendersi conto di non conoscere per niente la persona che era stata al mio fianco, mi aveva mentito e si era preso gioco di me e aveva approfittato del mio stato confusionale. Non era stato un marito, anche se a modo suo sono certa che mi avesse amato, era un farabutto assetato di potere, di denaro e di voglia di riscatto verso una vita che non aveva mai amato e che non lo aveva amato.
Una persona non si conosce mai a fondo, nemmeno vivendoci accanto e questo potevo affermarlo con certezza. Nemmeno io ero stata sincera con lui, anch'io gli avevo mentito. Troppe cose mi avevano fatto dubitare fin da subito di lui al punto da tacergli la verità. Da mesi ormai avevo riacquistato la memoria, poco per volta avevo riempito gli spazi vuoti di quel puzzle che era la mia vita, avevo faticosamente incastrato i tasselli mancanti fino a ricostruire totalmente la mia storia. Osman, Metin e la mia famiglia mi erano state di grande aiuto, mi erano sempre rimasti accanto rispettando i consigli dei medici di non forzare la mia memoria, ma quando avevo cominciato a ricordare, mi avevano aiutato a capire alcune cose a me incomprensibili e a mettere i tasselli nel punto giusto. Emre poi era stato fondamentale raccontandomi nei dettagli il fratello tanto amato da entrambi.
Poi c'é stata quella telefonata, anzi quel messaggio. Era un caldo mattino di luglio quando sul mio telefono apparve un messaggio da un numero sconosciuto, lo era per la memoria del telefono ma non per il mio cuore, sapevo chi era il mittente di quel messaggio. Era una fotografia, non c'era scritto nulla ma per me che lo sapevo leggere diceva: "Amore mio, vita mia è finita, sono a casa". Non c'era bisogno d'altro, le nostre anime che non si erano mai allontanate del tutto tornarono a essere una sola. L'amore che ci univa era più forte di ogni forza maligna che aveva tentato inutilmente di dividerci.
Persa nei miei pensieri non mi rendo conto di aver passeggiato fino al lungomare, dove ho sempre amato rifugiarmi fin da bambina. Mi siedo al solito posto, uno scoglio piatto di fronte alla Torre di Leandro e ammiro la splendida visione del Bosforo al tramonto. Uno splendido esemplare alato attira la mia attenzione volteggiando con le sue possenti ali sul porto. Una strana sensazione mi pervade.
Nello stesso momento un uomo è impegnato con le manovre per portare la sua barca in porto.
Il mio cuore comincia a battere all'impazzata la visione dello splendido esemplare alato è offuscata da altre immagini proiettate dal mio cuore e da una sensazione di serenità. Riconosco questa sensazione: la provo solo quando lui mi è vicino, il mio albatros sta tornando a casa e questa volta per sempre. Finalmente potremo essere quella famiglia che tanto abbiamo desiderato e che, sono certa di non sbagliare, sta già crescendo dentro di me.
FINE
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LA FIAMMA DEL RICORDO
Fiksi PenggemarNon sempre tutto è come sembra. A volte le persone che appaiono buone forse mentono, si fanno vedere per quelli che non sono. Come sarebbe andata a finire tra Can e Sanem se non fosse stato lui a perdere la memoria ma qualcun altro?