Capitolo 7

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Capitolo VII

   "E mi sono innamorato, ma di tuo marito "

-Cristiano Malgioglio


Krys's POV

107, il numerino sulla targhetta in legno, agganciata ad una minuscola chiave dorata.

<< Ti aiuto a portare di sopra le tue cose >> disse mia zia, con quel suo tipico sorriso amorevole che ogni volta che vedevo allargarsi sul suo viso, era in grado di procurarmi un violento tuffo al cuore.

Con le braccia cariche di borse e sacchetti di ogni genere, zia Soomin mi guidò per una rampa di scale, fino a raggiungere uno stretto corridoio scarsamente illuminato.

<< Devo cambiare alcune lampadine qui >> ammise, guardandosi attorno con aria pensierosa.

Raggiungemmo una stretta porta di legno ruvido: sulla parte alta, a caratteri dorati, il medesimo numero riportato sulla chiave, che tintinnava penzolando dalle mie dita.

Zia Soomin posò a terra le borse, e un tonfo sordo, seguito da un sibilo, riecheggiò per tutto il corridoio.

Sembrava quasi che quelle borse avessero emesso un sospiro di sollievo...dunque, eravamo sulla stessa lunghezza d'onda.

<< Eccoci arrivate, Christine! Per qualsiasi cosa, non esitare a chiedere. Ora riposati >> ringraziai mia zia e le augurai la buonanotte, sebbene sapessi che sarebbe dovuta rimanere alzata fino all'alba del giorno successivo, quando zio Do Hyun avrebbe preso il suo posto.

Inserii -a fatica- la chiave nella toppa e dopo aver armeggiato per alcuni secondi, la serratura emise uno scatto, al quale seguì un familiare cigolio. In quel luogo non era raro poter sentire suoni di ogni genere: dagli schiocchi d'assestamento del legno vecchio dell'intera struttura, a cigolii sinistri degli infissi, fino ad arrivare persino al rosicchiare e allo zampettare dei topolini sulle assi del tetto!

Adoravo quel luogo quasi fosse casa mia.

Alzai l'interruttore e la piccola stanza fu inondata da una luce biancastra, non propriamente rilassante per i miei poveri occhi stanchi.

Immediatamente, sul letto singolo, dalla struttura in legno massiccio, notai che erano stati posati dei morbidissimi asciugamani, accuratamente ripiegati.

Trascinai le mie valigie all'interno della piccola stanza e richiusi la porta con un calcio, sospirando per lasciar fluire tutta la tensione dalle braccia.

Non vedevo l'ora di sollevare quel copriletto a righe rosse e oro per avvolgermi nelle pesanti coperte di lana e dormire per cento anni.

Da bambina, ero solita trascorrere in quel luogo dall'atmosfera d'altri tempi, le lunghe e soleggiate giornate estive, durante i miei brevi soggiorni in Corea.

A quei tempi, il piccolo ostello era gestito da una coppia di anziani coniugi, che essendo stati amici intimi dei miei nonni materni, conoscevano la mia famiglia da sempre.

Quando i due passarono a miglior vita -l'una a pochissimi mesi di distanza dall'altro-, i miei zii decisero di acquistare quella fatiscente -e meravigliosa!- catapecchia per pochissimi Won, ristrutturandola per renderla conforme alle normative, pur senza cancellare quell'aura di mistero che da sempre l'avvolgeva.

Mia madre prendeva in affitto la stanza più grande di tutto l'ostello, la numero 104, e ogni anno, per circa tre settimane, io e le mie sorelle giocavamo nel cortile di quella casupola isolata dal resto del mondo, scorrazzando e ridacchiando sotto il sole cocente.

Jeong|| KSJDove le storie prendono vita. Scoprilo ora