𝐱𝐱𝐢𝐢𝐢. - un unico modo

268 22 9
                                    

New York, 17 settembre 2005

-Papà?- disse Alex, scuotendo il braccio del padre per farlo svegliare. Loki si rizzò di colpo a sedere, guardandosi intorno con gli occhi socchiusi. Probabilmente non si era accorto di essersi addormentato sul divano del soggiorno.

-Alex, tesoro, perché non sei ancora a letto?- rispose, prendendo in braccio la figlia e sistemandosela nel modo più comodo possibile sulle gambe.

-Ho fatto un incubo- rispose lei.

-Che genere di incubo? Che cosa hai visto?-

-C'ero io, ma ero più grande. Avevo i capelli più lunghi, un'armatura simile alla tua e...ero morta- 

A queste parole, Loki sentì il cuore fermarglisi nel petto per un secondo.

-Eri morta?- ripeté.

La bambina annuì, l'espressione tranquillissima, nonostante il sogno non troppo tranquillo che aveva fatto.

-E tu mi stringevi tra le braccia, e piangevi. Intorno a noi nevicava, così tanto che i miei capelli sembravano quasi bianchi- si fermò, guardando il padre dritto negli occhi, quegli occhi così simili ai suoi.

-Alex, io voglio che tu sappia una cosa- disse Loki, prendendole una mano nella sua.

-Io non permetterò mai a nessuno di farti del male. Io darei la mia stessa vita per proteggerti-

-Lo so, papà- lo interruppe lei -ma io pensavo più a un'altra cosa: cosa c'è dopo la morte?-

-Oh beh, è difficile a dirsi, ma...- si allungò verso il tavolo di legno davanti a loro, afferrando il libro "Miti e leggende norrene", che aveva regalato alla figlia per il compleanno -secondo le nostre credenze, quando un guerriero muore in battaglia, dal cielo iniziano a scendere decine e decine di valchirie, le più valorose guerriere di Asgard, che cavalcando i loro cavalli alati soccorrono gli eroi e li portano nel Valhalla, dove vivranno fin quando Ragnarok si abbatterà sulla loro terra-

Mentre raccontava, Loki passava il dito sulle pagine, mostrando ad Alex le varie illustrazioni colorate.

-Io voglio diventare una valchiria!- disse alla fine, facendo sorridere il padre.

-Guarda, ho anche costruito la mia spada!- continuò, correndo a prendere un pezzo di cartone a forma di lama, con l'impugnatura in polistirolo su cui era scritto, in lettere rosa pastello, "ALEXANDRA, FIGLIA DI LOKI".

-Sarai la più grande valchiria di Asgard, tesoro- commentò Loki, prendendola nuovamente in braccio e iniziando a salire le scale.

-Oppure saranno le più grandi valchirie di Asgard a soccorrere me, se morirò in battaglia- replicò lei.

-Beh, questo ancora non lo possiamo sapere-

Erano arrivati nella cameretta di Alex, le pareti verde foresta, il suo colore preferito. Il dio l'adagiò delicatamente sul suo letto, poi chiuse le finestre e le tende. Riusciva a sentire il respiro di Joanne, che dormiva nella stanza appena affianco. Ogni volta che la vedeva, era come la prima volta. Si trovava su Midgard, per una stupida scommessa che aveva perso contro suo fratello ed Heimdall. Stava semplicemente camminando per strada, fingendosi un uomo d'affari newyorchese, quando l'aveva vista. I capelli rossi che le sfuggivano da uno chignon disordinato, gli occhi verde smeraldo, il telefono in una mano e la borsa in un'altra. Era uscita di corsa da un alto palazzo quasi interamente di vetro (che poi si era rivelato essere una banca), probabilmente in ritardo per qualche appuntamento. Per la fretta, quasi tutti i fogli che teneva nella borsa erano finiti a terra. Come mosso da una forza invisibile, il dio si era trovato ai piedi della ragazza, ad aiutarla per rimetterli a posto. Quando poi si erano ritrovati così vicini da sfiorarsi, lei era arrossita, sistemandosi distrattamente gli occhiali dalle lenti rotonde sul naso. Si erano alzati in piedi, lei lo aveva ringraziato, e lui le aveva detto solo poche parole, prima di lasciarla andare.

-Lavori qui?-

Lei aveva annuito.

-Spero di rivederti- concluse, per poi sparire tra la folla.

E così era stato. Da allora, ogni giorno, alla stessa ora, si era fatto trovare davanti alla banca. E Joanne era sempre lì, che gli sorrideva, che gli faceva battere il cuore come nessun'altro prima d'ora. E quando era nata lei, la loro bambina, Alexandra, la loro vita sembrava fin troppo perfetta. Troppo bella per essere vera.

-Buonanotte, Alex- disse Loki, lasciandole un leggero bacio sulla fronte.

-Buonanotte, papà- rispose lei, dandogli un bacio sulla guancia.

Mentre lui finiva di rimboccarle le coperte, lei come ogni sera disse:

-Sei il papà migliore del mondo. Anzi, dei Nove Mondi-

Loki sorrise, avvicinandosi alla porta.

-E tu sei la figlia migliore non dei Nove Mondi, ma dell'intero Universo-

Quella notte Alex sognò le valchirie, migliaia di ragazze bellissime e letali, che scendevano dal cielo in una specie di scena a rallentatore.

--------------------------------------------------------

-Le gemme?- chiese Bucky a Tony, le guance ancora rigate di lacrime.

-Distrutte- rispose lui, lanciando un'occhiata al suo braccio, ancora non del tutto guarito.

-La macchina del tempo di Hank Pym?- replicò Nat, gli occhi lucidi.

-Distrutta anche quella-

-Mi state dicendo che siamo riusciti a riportare in vita metà dell'universo ma non possiamo riportare in vita una singola persona?- disse Steve, rivolto a nessuno in particolare.

-Si, Steve- rispose Tony -è esattamente così-

-Anche se in realtà...- si intromise Loki -un modo ci sarebbe. Ma è veramente troppo rischioso-

-Facciamolo- disse Peter, la voce ancora spezzata dal pianto -non mi interessa quanto sia rischioso-

-E tu pensi che a me interessi?- replicò Loki, tirandosi nervosamente i capelli all'indietro -io darei la mia vita pur di poter rivedere una sola volta mia figlia-

Il corpo di Alex era stato deposto in una bara nera, rimasta aperta proprio davanti al quartier generale degli Avengers. Peter aveva provato ad avvicinarvisi, ma ogni volta che ci provava scoppiava copiosamente a piangere. E pensare che Jason, il responsabile di tutto quello, era ancora vivo, lo faceva ribollire di rabbia.

-Cosa dovremmo fare?- chiese al dio.

Lui riuscì persino a piegare un lato delle labbra in un ghigno.

-Un'anima per un'anima- rispose, mentre Natasha veniva scossa da un brivido.

-Avrei potuto donare la mia energia vitale ad Alex, quando era in fin di vita. Ma se lo avessi fatto, sarebbe collassata all'istante. Ho troppo sangue divino nelle vene. Lei, invece, ne aveva solamente per metà. Per farla ritornare qui, qualcuno con la sua stessa percentuale di "divinità" nelle vene dovrebbe donarle spontaneamente la sua forza, tutta quella che ha. E capirete bene che esiste solamente una persona che potrebbe farlo-

Il suo nome rimase ad alleggiare nell'aria, non pronunciato da nessuno ma pensato da tutti.

Jason.

❝ 𝐂𝐇𝐄𝐑𝐎𝐏𝐇𝐎𝐁𝐈𝐀 ❞ || 𝑷𝒆𝒕𝒆𝒓 𝑷𝒂𝒓𝒌𝒆𝒓 ✓Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora