Ackerman si mise i guanti, con un ghigno malefico sul volto, per poi voltarsi verso l'uomo ancora privo di sensi.
Guardò con la coda dell'occhio la porta da cui, pochi istanti prima, uscirono i gemelli.
Avevano legato l’uomo a una sedia.
Le mani tenute ferme, con delle catene arrugginite e le gambe legate a quelle della sedia di legno logora.Aspettò pazientemente che si svegliasse, pronto con le domande e i modi con cui riceverne le risposte in caso di opposizione.
Teneva d’occhio l’uomo, stando attento a ogni suo minimo scatto.
Eppure, con la mente era in un posto ben più lontano da quello scantinato pieno di muffa e sangue secco sulle mura.Cercava di rimanere calmo ma, ogni volta che evitava di prestare attenzione al biondo dinnanzi a lui, pensava nientemeno che alla ragazza del bar.
Alla bruna che, da ormai parecchi giorni, occupava ogni suo minimo pensiero.
Alla bruna che, con un semplice movimento, riusciva a mandarlo fuori di testa.Il biondo di fronte a lui si guardava attorno, confuso, ancora stordito dal forte colpo dietro la nuca.
La testa girava, tossì ripetutamente, cercando di rimanere il più lucido possibile.
La ferita alla sua fronte continuava a sanguinare pulsando, portandogli una tremenda fitta alla testa.
La sua vista era annebbiata e non capiva dove si trovasse, eppure, quando si accorse della figura del signor Ackerman, iniziò a tremare come una foglia.
«Let me go...» disse egli, guardandosi attorno mentre cercava di allentare la ferrea presa delle corte attorno ai polsi.
Alessandro sfiorò, con il suo amato coltello, la guancia dell’uomo che cercò di scansarsi voltando il capo, ma il corvino gli prese con forza il volto con la mano riuscendo a farlo stare fermo, e gli fece un taglio che partiva da vicino l’orecchio destro fino a fior di labbra.
«Sai, scappare è inutile...» sussurrò raccogliendo con l'indice una goccia di sangue, per poterla fissare con avidità e un sorriso stampato sul volto.
«You’re a monstrer!» esclamò il biondo, guardandolo negli occhi. Rise con tanto di lacrime, per poi avvicinarsi ad un tavolo.
«Urla pure quanto vuoi, eh! Continuerò fino a quando non mi dirai dove si trova lei» disse il corvino, prima di piantare nella gamba sinistra dell'uomo un coltello da cucina lacerandone le carni fino al ginocchio, per poi spingere la lama il più a fondo possibile.
Non smetteva di urlare mentre Alessandro, invece, di sogghignare.
«Prima di tutto dimmi come ti chiami...» quel suo sussurro era sovrastato dalle urla dell’uomo.
Sembrava che non sentisse la voce del signor Ackerman, anzi pareva che desse ascolto solo al bruciore del taglio fresco e a come la lama gli penetrasse nelle carni che lo facesse urlare ancor di più.
«Te lo ripeto un’ultima volta...come diavolo ti chiami?!» urlò, roteando con forza il coltello, facendo gridare maggiormente il biondo.
«Marcus...mi chiamo Marcus Sena» ghignò soddisfatto, lasciando la presa, tenendo il coltello conficcato nella sua gamba.
«Bene, Marcus, voglio sapere dove cazzo si trova la ragazza» sussurrò al suo orecchio, per poi allontanarsi. «Allora?» insiste lui, quando ricevette in risposta nient’altro che silenzio.
Si grattò una guancia irritato, distogliendo lo sguardo puntato verso quei molteplici oggetti.
«N-Non te lo dirò...bastard» mormorò, impaurito, con voce tremante e un ghigno strafottente stampato sul volto.
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La mia Ossessione
Teen Fiction1929, Italia del primo dopoguerra. La popolazione, lotta per sopravvivere a un periodo particolarmente difficile, sia dal punto di vista economico che sociale. Ed è proprio in mezzo alla povertà, che risalta soprattutto una delle famiglie più import...