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I giorni passarono, e Alessandro restava più tempo al bar di quanto ne passasse in casa.
Non si preoccupava se i fratelli, o la madre, sospettassero qualcosa.

Era troppo preso dalla sua esile figura che si aggirava per il bar.
Aveva compreso che, il sabato sera, lei cantava.

Era sempre più incuriosito da quella ragazza che, all’apparenza, pareva tanto innocente ma che, una volta conosciuta meglio, era tutta pepe e amante delle sfide a cuore aperto.

  «Sei stata bravissima, cara» si complimentò Angelo avvicinandosi a lei, aiutandola a farla scendere dalla sedia su cui prima era salita per far sentir meglio la sua voce per il bar.

Alessandro, non appena l’uomo si allontanò per servire i tavoli, si avvicinò, battendo le mani, emettendo un suono sordo, ovattato dalla presenta dei guanti neri di pelle, facendo voltare la giovane verso di lui.

  «Complimenti. Sempre più brava con le doti del canto, mia cara?» disse lui, ridacchiando appena.

  «Beh, mi è sempre piaciuto fin da piccola» sorridendo, gli voltò le spalle, tornando dietro al bancone a pulire dei bicchieri.

Alessandro, con un sorriso soddisfatto sul volto, tornò al suo posto al bancone, proprio di fronte a lei.

La guardò di nascosto, sentendosi di nuovo bambino. Fece roteare il liquido ambrato dentro il bicchiere, togliendo il capello per metterlo sul bancone.

Prese un respiro profondo, mettendosi una mano tra i capelli per portarseli indietro.

Forse dovrei tagliarli...

La rasatura ai lati del capo lasciava delle ciocche lunghe corvine che gli pendevano sulla fronte, coprendo di poco le sue iridi fredde come il ghiaccio.

Sospirò bevendo un altro sorso della sua bibita, sfiorandosi l’anello datogli dal padre.

  «Anche questa sera, rimane qui?» chiese la bruna togliendosi il grembiule sui toni del grigio e appenderlo vicino al bancone. Anche quel giorno aveva i capelli fermati grazie a una matita con qualche ciocca che sfuggiva alla sua presa.

  «Certo, vi devo accompagnare a casa...non voglio che succedano eventi spiacevoli» disse porgendole il braccio.

  «Che gentil’uomo» esclamo sorpresa, ridacchiando.

«Non lo sono con tutti» sussurrò guardandola di sott’occhio.

  «Onorata di esser una delle poche» rispose, voltando il capo verso di lui.

  «Tra due settimane ci sarà una festa da me...siete invitata» affermò quando l’edificio trasandato entrò nel suo campo visivo. «Vestitevi elegante»

  «Non ho abiti adatti, signor Ackerman» sussurrò, seriamente dispiaciuta.

  «Ve ne farò confezionare uno dalla mia sarta...verrà direttamente lei a prendere le misure giuste» disse accendendo un sigaro. «Qualche preferenza?» chiese dandole la schiena e voltando leggermente il capo nella sua direzione, pronto per ritornare a casa.

  «Sorprendetemi» disse soltanto, entrando in casa lasciando il corvino fermo per qualche secondo di fronte all’abitazione.

Alessandro sorrise, scuotendo leggermente il capo. Si voltò un’ultima volta verso la porta ripensando alla giovane, per poi ripercorrere il tragitto verso casa ignorando i pochi passanti presenti per strada.

Una volta giunto in casa, andò direttamente in camera, ignorando i richiami dei gemelli.

  «Alessandro» sentì dire il suo nome per l’ennesima volta nell’arco di pochi istanti.

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