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Il bruno sbiancò, guardando come il figlio cadesse a terra, ormai privo di sensi.

  «Vi prego...non fate del male a mio figlio» mormorò, guardando il corvino dinnanzi a sé. «Prendete me, ma non lui! Non c’entra niente in questa storia» esclamò.

  «Neanche nostro fratello c’entrava con i nostri affari...era troppo piccolo» Lorenzo attirò l’attenzione dell’uomo, guardandolo con disprezzo. «Ed è stato ammazzato da un cecchino che voi Inglesi avete pagato!» esclamò, in fine, puntandogli contro la propria arma.

   «Per me saresti dovuto morire seduta stante» disse velenoso, Tommaso, annuendo alle parole del gemello.

Non ascoltarono ulteriormente le sue misere parole, che lo presero con di forza, legandogli le mani dietro la schiena.

Una volta assicuratosi che fosse ben stretto, iniziarono a spingerlo fuori alla sua abitazione, premendogli la pistola dietro le scapole.

I gemelli, nel frattempo, trascinavano in malo modo il ragazzino per il colletto della sua camicia nera, senza curarsi troppo se sbattesse la testa o altro.

Ben presto giunsero di nuovo dinnanzi alla villetta e, in totale silenzio, spalancarono le porte.

Al suono tonfo del legno che sbatté contro il muro, Veronica corse subito a vederne la causa, sospirando di sollievo quando riconobbe quella chioma corvina.

  «Signor Ackerman-» si bloccò di scatto, fermandosi sui suoi stessi passi quando Alessandro si girò verso di lei, guardandola gelido.

Le si accapponò la pelle, le gambe iniziarono a tremare proprio come le mani.

Gli occhi le si fecero lucidi per qualche istante, guardando come la sua possente figura sparisse dietro una vecchia porta, sporcando il pavimento di sangue.

Non l’ho mai visto in questo stato..., pensò, coprendosi la bocca con una mano, lasciandosi cadere sulle sue stesse ginocchia per lo spavento.

Sapeva delle voci che giravano sul conto di Alessandro Ackerman ma non ci aveva mai creduto fino ad adesso, pensando, sperando, che non fossero altro che meri pettegolezzi.

Alessandro, di solito, le riservava solo uno sguardo dolce, delicato e malizioso...l’opposto a quello con qui la fissò pochi istanti prima. Quello era gelido, rancoroso e iniettato di sangue, eppure si percepiva fin da subito che quello era uno sguardo stanco.

Ed era vero.

Il corvino, ormai, era stanco di tutto quello che lo circondava.
Era stanco di combattere, di impugnare una pistola.
Era stanco e voleva risposare come non faceva da tempo.
Ma soprattutto, era stanco di restare da solo...certo, era circondato da tante persone, ma sapeva che molte di loro lo facevano principalmente per non avere guai o altro.

Veronica rimase accasciata sul gelido pavimento fino a quando Monica non le si avvicinò e la tirò a sé, cercando di calmare quel pianto isterico.

  «Assicuratevi che sia ben stretto» disse semplicemente Alessandro guardando come i gemelli legassero i polsi dell’uomo per poi appenderlo al soffitto.

Spostò lo sguardo sul ragazzino bloccato di fronte al padre, imbavagliato e legato contro lo schienale della sedia e costretto a guardare la figura ancora priva di sensi del signor Smith.

  «Svegliatelo» ordinò senza distogliere quelle sue pozze fredde e ricolme d’ira da quelle color cioccolato fuso del minore. «Goditi lo spettacolo, ragazzino» disse prima di voltarsi verso il bruno.

Con un pugno in pieno addome, il bruno aprì di scatto gli occhi, annaspando in cerca di aria.

  «Ben svegliato» disse, in modo ironico, Tommaso attirando, così, l’attenzione dell’uomo. «Dormito bene?» chiese, muovendosi alle sue spalle, sfiorandogli la schiena con un coltello. «Non rispondi, eh?» sussurrò al suo orecchio quando, in risposta, ricevette solo del silenzio. «Oh, avanti! Non fare il maleducato di fronte a tuo figlio» esclamò.

Il signor Smith saettò lo sguardo verso il ragazzo, come se non avesse notato la sua presenza fino a quel momento.

Sgranò gli occhi, iniziando a muoversi cercando di liberarsi dalla ferrea presa della corda, invano.

  «Oh, non ci credo...il signor Smith che si preoccupa per qualcuno!» esclamò Lorenzo ghignando. «Stai tranquillo, Jacob, non gli torceremo alcun capello...per adesso» sussurrò in fine, roteando un coltellino tra le dita e poggiarlo contro la guancia del figlio.

Con sguardo impassibile, Alessandro prese un pugnale, avvicinandolo al fuoco.

  «Voi, Jacob Smith, avete pagato un cecchino per uccidere uno dei miei» mormorò al suo orecchio, avvicinando la lama alla sua scapola segnando una linea in obliquo. «E non uno qualsiasi...» disse. «Lui era mio fratello minore!» esclamò premendo maggiormente la lama e facendola scorrere da una spalla all’altra, incurante delle urla dell’uomo.

Strinse le labbra in una linea dritta, osservando come il liquido vermiglio fiottasse dalla ferita in modo costante.

  «Voi Inglesi del cazzo vi siete messi contro la famiglia sbagliata» sussurrò al suo orecchio, premendo maggiormente sulla ferita.

Non ci volle molto prima che svenisse a causa di tutto il sangue perso in pochi istanti. Il ragazzino si agitò sulla sedia, guardando la vecchia figura dinnanzi a lui.

Le ore passarono velocemente, e le urla dell’uomo, pian piano, iniziarono a diminuire fino a ridursi in un flebile sussurro.

La schiena era ormai martoriata dai colpi con la cinghia da parte di Tommaso e l’addome era grondante di sangue grazie a Lorenzo mentre, Alessandro, nel frattempo, obbligava il ragazzino a guardare.

Ogni volta che voltava il capo, il corvino glielo impediva in modo da fargli tenere sempre gli occhi puntati sul bruno.

Quando nella stanza rimbombò nient’altro che il silenzio, era ormai pieno pomeriggio. Lorenzo si appoggiò al muro, alternando lo sguardo dal gemello al fratello maggiore.

  «Dovremmo avvertirlo...» sussurrò a un certo punto.

I fratelli si girarono di scatto, guardandolo confusi.

  «Intendo che dovremmo avvisare Marco che suo fratello più piccolo è...morto» sussurrò a fatica, buttando fuori una boccata d’aria generosa.

  «Tsk, parlaci tu» disse Alessandro, togliendosi i guanti per poggiarli sul tavolino. «Io con quello ho chiuso da molto tempo» sussurrò, guardandolo da sopra la spalla, voltando appena il capo.

Lorenzo annuì, facendo sospirare Tommaso che, non appena comprese la situazione, abbassò lo sguardo, stringendo i pugni lungo i fianchi.

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