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Si svegliò col cuore in gola, sognando per l’ennesima volta le giornate passate al fronte.

Sentiva ogni battito pulsargli nelle orecchie in un rimbombo fastidioso e opprimente.
Il suo respiro era irregolare e la sua gola completamente secca.

Si strofinò il volto, grondante di sudore, cercando di calmare i nervi a fior di pelle ma, vedendo che era tutto inutile, si sedette di scatto in mezzo al letto, cercando di regolarizzare il suo respiro e somatizzare.

Fuori era ancora notte fonda, ma non se ne sorprese molto.

La mezza luna alta in cielo illuminava di poco la sua stanza.

Sbatté più volte gli occhi cercando di riprendersi, per poi sbuffare irritato e portando indietro, con la mano, dei ciuffi corvini che gli ricadevano sul volto.

Era ormai da tempo che non dormiva per più di quattro ore di seguito e ci aveva fatto l’abitudine.

Alessandro, conscio di non riuscire più a dormire, scostò le coperte velocemente, alzandosi per andare verso il bagno, fiondandosi sotto la doccia.

Si avvolse un asciugamano attorno alla vita e un altro lo usò per asciugare di poco la sua chioma corvina.

Uscì a passo felino dal bagno, ritornando nella sua camera da letto.

L’unico rumore che si udiva, erano delle piccole goccioline che percorrevano lentamente e copiosamente il suo volto, fino a scontrarsi sul parquet di legno scuro lasciando, così, una scia di ogni suo passo.

Entrò nella sua stanza, andando direttamente verso l’armadio.

Si fermò davanti a esso, portando l’asciugamano sulle sue spalle.

Guardò per qualche secondo i suoi abiti per poi prendere il suo solito completo e indossarlo frettolosamente.

Saranno state circa le cinque del mattino eppure, nonostante tutto, si trovava in strada diretto verso quell’abitazione trasandata e tinta di grigio.

Starà dormendo..., pensò guardando come la casa sembrasse disabitata, data la mancanza di un qualsivoglia suono.

Mettendo le mani in tasca, si voltò deciso a tornare poco più tardi ma si bloccò quando sentì il suono della serratura scattare, rivelando la figura di Veronica.

  «E lei cosa ci fa qui, signor Ackerman?» chiese lei confusa, con una punta di curiosità malcelata che fece sorridere appena Alessandro.

Sembrò che la frustrazione di pochi attimi prima morisse nel momento in cui lui udì la delicata voce della bruna.

Sbuffò una risata, scuotendo leggermente la testa, avanzando lentamente verso la ragazza.

  «Lei perché è già sveglia, signorina Rossi?» chiese lui, arrivando a pochi passi dalla castana. «Non dovrebbe dormire a quest’ora?» continuò, sorridendo sghembo.

  «A differenza sua io devo andare al lavoro, signor Ackerman» rispose portando le mani dietro la schiena, oscillando di poco con i piedi avanti e indietro. «Lei, invece, che ci fa sveglio a quest’ora?» chiese di rimando con occhi curiosi puntati in quelli del corvino.

  «Semplici abitudini di guerra» rispose secco cercando di nascondere un po’ di cupezza che però non passò inosservata alla ragazza.

Guardò il corvino per qualche secondo facendolo confondere leggermente, data la sua reazione, per poi avvicinarsi al suo fianco, afferrandogli il braccio stringendolo al petto.

  «Dato che siete già qui, le dispiace accompagnare questa povera donzella in difficoltà?» chiese, facendogli gli occhioni dolci con voce piccola.

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