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Che bello! Che bello! Che bello!

Ci siamo parlate! Abbiamo riso! Siamo state per un minuto assieme! Non ci posso credere! Non ci posso credere! Era lei! Dannatamente lei!

Queste frasi mi ronzano nella testa, mentre esco dal supermercato con le buste della spesa in mano. La scena mi si ripete nella testa, come quando ti piace una scena del film e la rimetti sempre da capo. Mi sento così leggera, così serena, così felice. Sento che adesso tutto è possibile. Ne ho la prova.

Mentre mi dirigo verso il parcheggio, vicino alla fermata del pullman, vedo Clarissa raggiungere la sua auto, guardarsi intorno preoccupata e salire in auto, per poi mettere in moto e andarsene.

Guardo la macchina fino alla curva, poi scompare rapida e silenziosa.

Che dea. E avevamo scambiato due risate. Stupendo. Ero davvero tanto felice, per la prima volta ci eravamo davvero guardate, davvero osservate e davvero parlate. No, beh, non proprio, però c'era stata un po' di comunicazione e questo bastava per iniziare a conoscerci.

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Vi ricordate quando ho scritto: "... come per magia, le nostre vite non si separarono per molto tempo... "? Ecco. Non stavo mentendo.

Era lunedì mattina. Classica routine, ma mi fermai al bar davanti all'edificio Enter. Ordinai un cappuccino e un biscotto al cioccolato da pucciarci dentro. Quel giorno non avevo molta fame.

Ad un tratto suonò il campanellino che avvisava che un cliente era entrato.

Due uomini in giacca e cravatta accompagnavano Clarissa.

Il cuore prese a battere a mille.

"Un caffè lungo, per favore." disse Clarissa.

Notai che la mano della barista tremava. In effetti quella donna metteva un po' di timore.

Quel giorno Clarissa era ben vestita. Aveva un tutino pregiato bianco e nero intero e un paio di stivaletti eleganti a tacco basso.

La barista le porse il suo caffè e poi prese a pulire i tavoli rimasti.

Improvvisamente Clarissa si voltò dalla mia parte e rimase a fissarmi intensamente, come se mi stesse studiando.

"Aspettate qui." ordinò ai suoi bodyguard.

Si alzò, prese il suo caffè e la sua borsa e si fermò davanti al mio tavolo.

"Posso?" chiese.

"Si... Si. Certamente."

"Rilassati, non devi essere nervosa. Mica mangio. A parte i miei colleghi." sorrise.

Anche io feci una piccola risata.

"Ci siamo incrociate, anzi, scontrate al supermercato. Ricordo bene?"

"Si. Ricorda bene." dissi io, cercando di tenere il mio sguardo sul suo volto.

"Piacere. Clarissa Nencetti." allungò la mano.

"Anita Morgan." risposi io.

"È un piacere. Per caso ci siamo incrociate anche al Light Blue?"

Cavolo. Se lo ricorda. Almeno quel giorno poteva dimenticarselo. Ero imbarazzante.

"Non mi ricordo."

"Si, solo eri più truccata e avevi un bel vestitino da rimorchio." scherzò lei.

"Ha ragione." feci un mezzo sorriso io.

"Quanto vorrei tornare alla tua età." continuò con fare sognante : "Quanti anni hai?"

"Diciannove, signora."

"Signora? Non ci provare. Ahah, chiamami Clarissa."

"Oh, scusi."

"Brava. Diciannove anni. Che bella età. Sei all'ultimo anno di liceo?"

"Si."

"Cosa studi?"

"Lingue. Vorrei poi scrivere libri in più lingue possibili, come i grandi letterati del passato." non so perché, ma improvvisamente mi parve normale parlare con lei. Era lì, che mi ascoltava. Perfetta.

"Brava. Non se ne vedono molti di ragazzi interessati alla letteratura. E cosa vorresti scrivere?"

"Romanzi, saggi, documentari... Insomma, un po' di tutto."

"Quali lingue studi?"

"Francese, inglese, italiano e tedesco."

"Caspita, tante lingue."

"Quelle che conosco meglio sono l'italiano, l'inglese e il tedesco."

"Come mai il francese no?"

"È complesso. Molto elegante e io non sono brava ad interpretarlo bene. Ecco, non sono molto elegante e quindi una lingua così raffinata e perfetta non rientra molto nei miei canoni. Non per questo non mi impegno a studiarla. Anzi. "

" Che brava ragazza. Sei in gamba Anita. Molto in gamba, è per questo non voglio che tu faccia tardi a scuola. "

Guardai l'orologio e mi alzai di corsa.

" Oh mamma, sono le otto. Mi scusi... "

" Scusami... " mi rimproverò :". Comunque scusami tu, sono io che continuavo a farti domande. "

Le sorrisi.

" Dov'è la tua scuola? "

" Ad un isolato da qui. "

" A che ora esci?"

"Alle due."

"Allora buona giornata."

"Anche a lei... No, anche a te."

Così dicendo corsi via e mi diressi a scuola saltellando, tutta contenta.

My Beautiful Sugar MommyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora