Parte 7

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Ero sdraiata sul letto a fissare il soffitto così intensamente immersa nei miei pensieri da non sentire nulla intorno a me. La mia mente era un vero emporio di pensieri totalmente disordinato, dove passato, presente e futuro si mesdolavano. Pensavo ad Hurley, alla mia migliore amica Dora, aalla mia vecchia casa, pensavo a Joe, a quanto avrei voluto averlo accanto a me in quel momento e di quando desiderassi sentire le sue braccia allacciate dietro la mia schiena, avolgendomi in un dolce abbraccio. Invece ero sola, abbracciata all'infinito vuoto intorno a me, a pensare. Non sapevo perché avevo quella malinconia, ero appena tornata da Hokinawa, dovevo essere felice di essere tornata a casa, invece dal ritorno a Tokyo sentivo un vuoto dentro, come una voragine che inghiottiva la mia gioia e spuntava fuori dolore malinconico. Una mano passò dai miei capelli al collo, così spostai gli occhi per vedere chi era. Joe era lì, con il suo splendido viso da re e il suo magnifico sorriso. Mi alzai e Joe scomparve, lasciando posto a mio cugino Paolo. -Ma che ci fai qua?- chiesi sgranando gli occhi abbastanza delusa nel vedere che non c'era Joe. -La zia ci aveva chiesto di venire qui per il battesimo.- spiegò Paolo. Ok che mia madre e quella di Paolo erano sorelle, ma venire dall'Italia per un battesimo mi sembra esagerato. Il mio fratellino era nato da un mesetto, si chiamava Riccardo e faceva più casino lui quando piangeva che una band metal in biblioteca. Per calmarlo esisteva solo un modo: suonargli qualcosa al piano. -E va bene, ma perché sei in camera mia?- gli dissi alzandomi e andando verso la porta. -La mamma voleva che ti chiamassi- disse lui facendo spallucce. Feci una smorfia ed uscii dalla stanza, scendendo le scale e andando in camera di mia madre. La zia mi abbracciò appena misi piede nella stanza. -La mia piccola Jessica- mi disse ammirandomi, mentre mi faceva fare una giravolta. -Zia sono grande ormai- dissi spostandomi da lei e andando verso Riccardo che piangeva. -Vieni qui- lo presi in braccio e uscii dalla stanza, mentre zia e mamma parlavano di quanto fossi diventata bella. -Ti ho salvato da un mostro, eh piccolino?- dissi al mio fratellino e lui fece una piccola risata. -Allora, che cosa suoniamo?- chiesi sentendomi sulla panca davanti al pianoforte a coda. -Optiamo per Vivaldi?- Riccardo rise e io iniziai a suonare la primavera. Mi piaceva quella stagione, amavo andare sulla spiaggia dove soffiava un venticello fresco. Ci andavo sempre con Hurley, lì c'era il nostro scoglio, ci andavamo sempre quando dovevamo pensare, lui con i suoi problemi io con i miei. -Ma che brava- disse Paolo entrando dalla porta -Devo chiuderti in gabbia come quando eravamo bambini o te ne stai buono e non mi ronzi sempre intorno?- chiesi alzandomi con Riccardo in braccio. -Opta per la gabbia.- disse lui ridendo -Sei qui per un motivo vero?- -Perché prima in camera tua mi hai sorriso e subito dopo hai fatto un'espressione delusa?- chiese lui guardandomi -Non sono affari tuoi- gli dissi uscendo dalla stanza rapidamente per seminare mio cugino. -Almeno un indizio!- disse aprendo le braccia deluso, senza essere calcolato da me. -Abbiamo un cugino rompiscatole...- dissi sospirando, ma Riccardo non mi sentiva più, si era dolcemente addormentato. -Signorina- mi chiamò Aghata, la mia domestica. Era una ragazza giovane, sulla trentina. Sin dagli inizi ha servito i miei genitori. -Dimmi- le dissi guardandola. Aveva i capelli biondi che spuntavano dalla cuffietta bianca, il suo grembiule era stropicciato e un po' disordinato. -Ti sei persa ancora?- da quando eravamo arrivati a Tokyo Aghata faticava ad orientarsi nella grande casa, il Castello Di Rigo come l'aveva chiamato lei. -Sì signorina, mi scusi- disse desolata. Soffocai una risata -Ti regalò un gps- dissi e lei sorrise -C'è il signorino King alla porta, vuole parlare con voi.- Sentii una stretta al cuore -Ehm...sono a posto?- chiesi toccandomi agitata i capelli. -Siete bellissima signorina, come sempre. Mi dia suo fratello- disse la domestica porgendo le braccia verso Riccardo -Tieni, deve andare di mia madre- dissi e scesi con ansia le scale. Avevo una maglietta bianca a maniche lunghe con sopra una canottiera nera con dei bottoni, un paio di jeans scuri e delle ballerine bianche. -Ciao- disse Joe e io arrossii. Grazie a Dora, la mia migliore amica che abita a Hokinawa, capii che ero innamorata di Joe e questa consapevolezza mi metteva ansia. -Ehi- dissi io con un sorrisetto forse troppo nervoso. -Facciamo un giro?- mi chiese e io annuii, così uscimmo di casa.

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