Parte 10

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Ero seduta al mio banco, nella mia ultima settimana alla Royal Academy. Terminata quella settimana sarebbe terminato anche l'anno. Mio padre mi aveva già iscritta alla Raimon e questo mi dava fastidio. Mi infastidiva anche il fatto che non mi avesse detto che mio fratello Jasper era vivo, stava bene e mi controllava chissà dove, chissà da quanto e chissà perché non mi avesse mai voluto incontrare. -Sissi stai bene?- mi chiese qualcuno alle mie spalle. Mi voltai e vidi due occhi ambrati che mi fissavano preoccupati. Deglutii a fatica, quegli occhi mi attiravano come la calamita con il metallo. -Sì sto bene- dissi io. -Bene io vado- mi disse e se ne andò. Ultimamente mi stava evitando, anche Jude e David non mi parlavano più. -Come faccio a dirlo ai ragazzi?- mi chiesi sospirando. -Dire cosa?- mi chiese David spuntando all'improvviso. Sobbalzai spaventata. -Che sei un'idiota!- dissi io portandomi una mano al petto. -Sul serio Jessica- mi disse lui serio. Di rado lo vedevo così tranquillo e serio quando era con me. -Mio padre mi ha iscritta alla Raimon Junior High- dissi tristemente. Lui quasi urlò, ma riuscii a zittirlo coprendogli la bocca con la mano. -Non è un fatto che tutti devono sapere, quindi acqua in bocca! Soprattutto con Joe!- lo rimproverai ritirato la mano. -Ma perché vuole che ti ritiri dalla Royal?- mi chiese lui fissandomi con il suo occhio non coperto dalla benda di metallo. -Ecco, io sono stata... adottata. Ma i miei veri genitori sono vivi, credo... Il fatto è che... sono finita in orfanotrofio perché i miei erano tutti presi a prendersi cura di Jasper, mio fratello e... beh lui era in ospedale perché Ray Dark, il suo allenatore, gli aveva fatto eseguire qualcosa che metteva a dura prova i muscoli...- dissi io sussurrando. -Non lo sapevo- disse lui, rimasto sconcertato dalle mie parole. -Nessuno lo sa. Quindi vedi di non dirlo a nessuno!- gli dissi minacciandolo con lo sguardo. Lui annuì intimidito e io lo abbracciai. -Che cosa farei senza di te?- chiesi io, appoggiando la testa sulla sua spalla. -David!- Il ragazzo, sentendosi chiamare, sciolse l'abbraccio e si allontanò da me. -Scusami!- mi disse amareggiato e corse via. Feci giusto in tempo a vedere chi l'aveva chiamato: era stato Jude. Possibile che lui fosse sempre tra i piedi, interrompendo ogni cosa? Uscii da scuola infuriata, con le mani strette in pugni in modo così forte che le nocchie mi erano diventate bianche e le unghie stavano per entrarvi nella pelle. Entrai a casa come una furia, evitai tutti e salii in camera sbattendo la porta. Mi buttai sul letto stile sacco di patate. La mia faccia sprofondò nel cuscino che sapeva di detergente per lavatrici. Aghata aveva appena pulito la stanza e rifatto il letto con le lenzuola fresche di bucato. Iniziai a prendere a pugni il cuscino con estrema violenza, fingendo che quella fosse la faccia di Jude. Sentii bussare alla porta e alzai la testa. -Via di qui! Voglio stare sola!- urlai. Batterono ancora alla porta. -Lasciami in pace!- urlai più forte. Ci furono ancora dei colpi, allora mi alzai di scatto, prendendo il cuscino. Aprii la porta e lanciai il cuscino con tutta la mia forza, ma questo volò al piano di sotto. Mi guardai intorno: non c'era nessuno. Chiusi la porta e mi diressi verso l'armadio per prendere un'altro cuscino. Bussarono ancora alla porta. -Basta!- urlai stremata dal nervoso. Aprii con violenza la porta. Non c'era nessuno, di nuovo. -Stupidi scherzi. Paolo, so che sei tu!- dissi io inferocita. Sentii una risata venire dal basso. Chinai la testa e vidi Riccardo che protendeva le mani verso di me, desiderando silenziosamente di essere preso in braccio. -Oh, ma chi abbiamo qui? Un piccolo birbante!- dissi io con la vocina che si usa solitamente con i bimbi piccoli e lo presi in braccio. -Cosa ci fa qui questo bambino?- gli chiesi e lui rise. Giocai un po' con lui, poi mi squillò il telefono. -Pronto?- chiesi io che distrattamente non avevo guardato lo schermo del telefono. -Sono Jude- mi disse lui d'altra parte del telefono. -Sono occupata, addio!- dissi io -Ferma!- mi ordinò lui -Non ho tempo da perdere con te!- gli risposi io e feci per riattaccare. -Vieni al campo da calcio della scuola, sbrigati- mi ordinò lui. -E se...- non feci in tempo a finire la frase che Jude mi riattacco in faccia. -Bell'amico che sei!- dissi io buttando il telefono sul letto. -Ok fratellino, devo andare!- dissi aprendo la porta. Lo portai in camera sua e lo misi nella culla. -Dove va signorina?- mi chiese Aghata non appena uscii dalla stanza. -Devo andare a scuola, mi stanno cercando- dissi frettolosamente. -E ha che ora tornerà?- mi chiese ancora -Non ci metterò troppo!- le dissi e uscii rapida da casa. Corsi verso la scuola pensando a cosa mi avrebbe detto Jude. Al telefono sembrava un po' strano, agitato oserei dire. Mentre mi avvicinavo a scuola vidi un'ambulanza dirigersi proprio all'istituto. Accelerai il passo costringendomi a correre il più veloce possibile e arrivai appena in tempo per vedere un infermiere correre dentro la scuola con una barella al fianco. Corsi dentro, ma un uomo mi fermò. -Mi dispiace signorina, non può entrare- mi disse allontanandomi con forza. Vidi l'uomo uscire con la barella e notai che sopra c'era un ragazzo inerme. Aveva i capelli castani, era alto e magro, bello e sudato. -Joe!- urlai quando lo riconobbi. Era svenuto e non si muoveva. -Jessica!- mi sentii chiamare: era David. -Cosa diavolo è successo a Joe?- chiesi mettendomi le mani nei capelli. In quel momento mi arrivò un flash di mio fratello portato via con l'ambulanza. -Ha eseguito una tecnica che ha messo a dura prova i suoi muscoli, si chiama...- David provò a spiegarmi mentre mi teneva stretta a sé -Morso della belva- conclusi al suo posto. Era stata quella la tecnica che aveva quasi ucciso mio fratello.

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