Parte 18

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-Andiamo, non può essere così male, no?- disse Joe con la sua dolce voce allegra che riusciva sempre a strapparmi un sorriso. Il telefono mi scottava l'orecchio. Era passata quasi un'ora da quando l'avevo staccato dalla carica per chiamare Hurley, ma Joe mi aveva preceduta e da allora continuammo a parlare. -Ti giuro che è orribile! Non sai come mi sono sentita quando si è aperta la porta della classe e io sono entrata- rabbrividii al ricordo del signor Raimon che mi presentava alla mia nuova classe, la seconda A. Per mia fortuna, se così possiamo definirla, Nathan era in quella classe, almeno conoscevo qualcuno. -Oh, Sissi, stai esagerando!- disse lui con un risolino un po' di scherno. Da poco aveva iniziato a chiamarmi Sissi e, quando sentivo quel nome, avvertivo una forte scarica elettrica corrermi lungo la schiena. -No, è orripilante, erano tutti lì a fissarmi, i ragazzi non mi staccavano gli occhi di dosso e...e le ragazze non la smettevano di criticarmi. Voglio tornare alla Royal, uffa!- esclamai disperata. -Ho la soluzione...aspetta, hai detto che i ragazzi ti fissavano?- chiese lui, a un tratto completamente serio. -Se non si chiamano Joseph King non avranno mai la mia attenzione- risi io -Ora dammi questa soluzione di cui parli- aggiunsi dopo. Lo sentii fare un piccolo risolino, poi attaccò. Staccai con un gesto meccanico il telefono dall'orecchio per controllare che non fosse un problema di batteria, ma proprio mentre il mio occhio cadeva sul 70% della batteria, sentii suonare il campanello. In quel momento Riccardo, che dormiva due stanze più in là, esplose in un pianto disperato. Scattai in piedi e corsi nella sua stanza, lo presi in braccio e lo cullai, ma lui piangeva e urlava, si stava agitando e io lo rimisi in culla prima che mi cadesse dalle braccia. -Signorina, c'è un suo amico- disse Aghata, accorrendo in mio aiuto e muovendo la culla per fare in modo che Riccardo si calmasse, ma lui continuava a piangere. Mi voltai e vidi Joe stagliarsi in tutta la sua altezza sulla soglia della porta. -Ciao- mi salutò lui venendomi incontro. Avvampai. Ero vestita con un'orribile felpa blu notte e dei pantaloni neri, non indossavo nemmeno le scarpe, ma le ciabatte pelose a forma di gatto. Riccardo pianse ancora più forte, forse infastidito dal fatto che qualcuno aveva tolto l'attenzione. -Vieni con me, piccolo disastro!- dissi prendendolo in braccio. -Possiamo parlare dopo?- chiesi guardando Joe e avvampando ancora di più. -Basta che prima mi suoni qualcosa- disse lui sorridendo. Per poco non mollai la presa su Riccardo, che fece un verso di disappunto verso Joe. -Qualcuno è geloso- disse Joe accarezzandogli la testa e Riccardo si scostò di colpo, sempre con un verso di disappunto. 

Il mio fratellino si era finalmente riaddormentato e io e Joe eravamo seduti in camera mia. -Allora, non l'hai capito?- chiese lui prendendomi la mano. Sentii un tuffo al cuore. Era da tanto che non lo faceva. -Capito...capito cosa?- chiesi fissandolo in quegli occhi meravigliosi di quel bellissimo color ambra. -La soluzione par farti stare meglio- sorrise lui e io ebbi un altro tuffo al cuore. -N...no- balbettai ammaliata dal suo stupendo sorriso. -La soluzione è la seguente- disse sempre sorridendo e la sua mano scattò sulla mia guancia. Chiusi gli occhi assaporando quella bellissima sensazione, poi sentii una pressione delicata sulle labbra e realizzai: Joe mi stava baciando. Le sue labbra sapevano di miele, la sua mano era leggera come il vento, il suo cuore che batteva contro i nostri petti era pieno di amore. Le sue labbra si separarono dalle mie e ci guardammo negli occhi. -Ti amo- mi sussurrò e io quasi svenni al suono di quelle parole. -Anche io- gli dissi, afflosciandomi tra le sue braccia. Non volevo più che se ne andasse.

-Tu scherzi!- urlai io contro mio padre, il giorno dopo a colazione. Lui, impassibile e serio, mi fissò da sopra gli occhiali. -No, tu darai una mano alla Raimon, sarai una tuttofare a un club. Scegli quello che vuoi. Allora, queste sono le opzioni- e mi allungò un foglio con elencati i vari club. -Scordatelo!- esclamai decisa e lui sbattè la mano sul tavolo, facendo esplodere Riccardo in un pianto furente. -Tu lo farai! La Raimon ti ha accettata, cosa che non avrebbe fatto un'altra scuola, quindi tu ora accetti di aiutare uno di questi club o io...- sospirò -Senti, lo so che volevi restare alla Royal con i tuoi amici, ma la tua vita è più importante. Se Dark ti riconosce, finirai nei guai- mi disse poi con più calma. Afferrai il foglio e iniziai a leggere. I vari club erano:

-club di tennis, escluso a prescindere perchè il tennis era lo sport che odiavo di più

-club di scacchi, escluso perchè non volevo dei secchioni a fissarmi

-club di danza classica, bocciato su tutta la linea, perchè io odiavo la danza classica

-club di musica, da tenere in considerazione

-club di calcio, da tenere in considerazione anche questo

Avevo sentito che il capitano della squadra, Mark Elans (nota autrice: non è un errore di battitura) o qualcosa del genere, stava convincendo il preside a permettere che la sua squadra partecipi al Football Frontier. Se così fosse stato, avrei potuto vedere Joe giocare, visto che la Royal partecipava a quella competizione da anni e non perdeva da quasi 40 anni. -Ho scelto- dissi mentre mi alzavo -Club di calcio- Calò il silenzio. Sapevo che cosa ne pensavano i miei, ma non mi importava. -Non importa se non vi va, mi sembrava di aver capito che dovevo scegliere il club che mi piaceva di più, o forse dovevo scegliere quello che piaceva di più a voi?- chiesi isteria e poi me ne andai.

Il giorno dopo una ragazza dai capelli castani mi si presentò con il nome di Silvia e disse di essere un'aiutante del club di calcio. Così quel pomeriggio ci presentammo alla zona del raduno, un'orribile baracca di legno che stava ormai crollando. All'interno tutto era pieno di polvere e tutto rovinato. Notai che c'erano dei ragazzi, erano soltanto sette. -Quando arriva il resto della squadra?- chiesi guardando Silvia e lei fece un sorriso imbarazzato. -Loro sono la squadra- disse indicando i sette ragazzi. La guardai male. -Ma dovrebbero essere in undici, o no?- chiesi io. -Sì, ma nessuno vuole giocare...- commentò lei a disagio. Sbuffai fortemente e commentai con un irritato "fantastico", ma non seppi mai fino ad oggi che quel giorno rivoluzionò per sempre la mia vita.

King's loveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora