«Desirèe» pronuncio il suo nome, allungando le prime due vocali cercando di dare un tono profondo e sexy alla mia voce.
La vedo stringersi nelle spalle come se un brivido le fosse corso lungo tutta la spina dorsale.
Dentro di me, mi compiaccio. Sono riuscito a far smuovere qualcosa dentro di lei senza neppure sfiorarla. Non me lo dirà mai e so per certo che terrà quella sensazione tutta per sé; in fondo chi sono io se non uno sconosciuto che le è stato appena presentato?
Ma non demordo, mi piace vedere la sua reazione, scoprire se quelle sue guance diafane si coloriranno lievemente come petali di rosa, oppure arderanno come il fuoco che sta scoppiettando nel camino.
Schiocco la lingua contro il palato come se avessi appena finito di degustare un vino pregiato e voglia che le mie papille gustative riconoscano il bouquet che lo compone.
«Desiderio» proseguo puntandole addosso il mio sguardo e facendolo perdere dentro quelle iridi scure come la notte più buia.
Un lampo, come una stella cadente che sta precipitando, si accende dentro quel firmamento. È solo un attimo, ma scorgo il suo stupore nel sentire come ho manipolato a mio favore il suo nome. Mi piace questo gioco, sento che potrei continuare ancora a lungo perché la mia sta diventando per lei una piccola tortura, lo capisco da come ha stretto a pugno le delicate manine, alla vena che le pulsa alla base del collo e, pur non avendo pronunciato sillaba, come nella sua testa, una frase di disappunto sti sta formulando. Vorrei farle un complimento, ma quello che sale alle mie labbra non sembra esserlo esplicitamente.
«Un nome così, dovrebbe essere vietato per una ragazza come te» le dico questa volta con voce più carezzevole.
Scuote il capo, quasi a volersi svegliare da quello che potrebbe essere un sogno piuttosto che la realtà. Alza un sopracciglio come a voler chiedere:
“Cosa ho di così particolare da innescare in te questo tipo di commento?” e io le sorrido; un sorriso appena accennato, ma anch’io a questo punto, nonostante abbia iniziato questo giochetto, non sono del tutto certo se sia meglio continuare a stuzzicarla o se invece non sarebbe più sensato offrirle da bere e metterla a proprio agio?
Fino a qualche ora fa, non ci conoscevamo affatto; ero venuto a questo party invitato da Pierre che lo aveva organizzato per far degustare ai suoi più stretti collaboratori, amici e parenti la produzione annuale del vigneto della sua famiglia. “Voglio assolutamente il tuo parere”. Era quanto mi aveva detto, per convincermi a partecipare.
Quest’anno si trattava di una produzione davvero eccezionale per le sue cantine, il nettare prodotto, aveva superato tutte le aspettative e sarebbe stato il migliore di tutta la regione se non dello stato. Pierre era certo che questo vino sarebbe andato a ruba e che i collezionisti avrebbero fatto carte false pur di accaparrarsi alcune bottiglie per le proprie cantine.
Sono felice per lui, che merita il successo che con tanta passione, sforzo, sacrifici e soprattutto lavoro ha inseguito per anni, ma lui, appena ci ha presentato se l’è squagliata, il maledetto, lasciandomi in balia di questa misteriosa donna dall’aspetto a dir poco conturbante, vestita con un abito che ricordava l’uva ancora acerba ma che, su di lei, sembra divino. Con quello sguardo profondo adornato da lunghe ciglia, gli occhiali da vista che le nascondono parte del viso, ma che le donano un aspetto decisamente intrigante, quel taglio di capelli spettinato che fa pensare che si sia appena alzata da letto nonostante sia impeccabilmente in equilibrio su quei tacchi altissimi sta seriamente minando la mia stabilità.
Tutte queste sensazioni sconosciute mi fanno sentire come se avessi appena scolato, senza averne gustato il sapore, l’intera bottiglia di vino rosso che il cameriere sta servendo.
Non riesco a smettere di guardarla, come se al posto degli occhi, avessi dei raggi x e volessi scannerizzare anche la sua anima. Percepisco il suo disagio ma, anche un certo interesse. Sento che tra di noi si sta formando come una ragnatela, un filo invisibile che ci sta avvolgendo, rilasciando al contempo piccole scosse elettriche che creano scintille.
Voltandomi verso il cameriere gli faccio cenno di avvicinarsi. Prendo due bicchieri di vino e ne porgo uno alla donna che ho difronte.
Lei non ha ancora detto nulla, ho parlato solo io. Desirèe si è limitata a scrutarmi e a rispondere con la mimica del volto ai miei commenti alquanto desueti.
«Credo che questo vino potrà battezzare la nostra conoscenza» le dico porgendole il bicchiere.
«Roland, hai davvero uno strano modo di comunicare con le persone» dice prima di proseguire fissando i suoi occhi nei miei. Credevo fosse timida, ma questo sguardo sta accendendo in me un fuoco come nessuna aveva mai.
«È questo il tuo approccio usuale con le donne?» mi chiede prendendo il bicchiere e guardandomi direttamente negli occhi sorridendo.
China leggermente la testa di lato come a scrutarmi meglio, ora è lei che possiede i raggi x al posto degli occhi: mi sta valutando e sento dentro di me aumentare la forza del fuoco che sta rischiando di bruciarmi.
Desirèe prosegue ma è quasi come se parlasse a sé stessa.
«Nessuno aveva mai dato così tanta importanza al mio nome».
Non posso fare a meno di sorridere a mia volta prima di risponderle.
«Forse nessuno si era soffermato a riflettere sul significato, recondito, del tuo nome». “O forse nessuno aveva mai sentito dentro di sé questo desiderio di portarti via, lontano da qui, che mi sta mandando in fumo anche i neuroni” penso mentre le sorrido.
Lei sembra stupita dalla mia risposta e muove il capo come ad assentire, poi sposta lo sguardo dal mio viso al bicchiere che tiene in mano, lo scruta, fa roteare il liquido rosso che sprigiona un profumo di more e bacche e ne aspira l’aroma.
Alza nuovamente lo sguardo su di me, io non ho perso neppure un suo gesto e mi sembra di aver perfino smesso di respirare per qualche istante.
«Assaggiamo questo capolavoro» mi dice facendo tintinnare il suo bicchiere contro il mio prima di portarselo alle labbra.
“Quanto vorrei essere al posto di quel pezzo di vetro”.
La delicatezza con cui appoggia le labbra al bordo del bicchiere socchiudendo gli occhi per meglio concentrarsi sul liquido che, pian piano, le scivola in bocca, il sospiro che emette appena le sue papille gustative vengono raggiunte dal nettare degli dei, come lo chiamavano i romani, è per me quasi come un orgasmo. Sono certo che lei non lo stia facendo per essere provocante, ma io non posso fare a meno di pensare che ogni suo gesto, ogni suo respiro, ogni sua smorfia, siano talmente provocanti da mandarmi in pappa il cervello.