quarantadue

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"hai scordato le regole? non si rivelano i segreti di famiglia puttana".

per quanto io non sapessi nulla di tutto questo, nè di tokyo nè delle prove di cui si parlava, scoppiai in lacrime. jungkook e suo padre non mi avevano mai detto cosa ci fosse veramente dietro i bangtan. quello che sapevo era solo ciò che riuscivo a sentire dalle loro riunioni, ma nemmeno ci facevo troppo caso, odiavo stare in quella casa e non volevo mettermi nei guai. ero completamente disinteressata dalle loro faccende, perché sapevo di non poterli fermare.

piangevo perché ero cresciuta con yoongi, era stato un elemento fondamentale, ma dopo aver preso questa strada non sembrava essere più lo stesso.

era diventato un mostro, come tutti loro, si erano rovinati, non avevano più un cuore. yoongi infatti non esitò due volte ad andarci pesante. la verità era che non voleva credere che io non avevo fatto nulla per incastrarli.

tra le sue urla e le mie lacrime, in quel momento della notte venne a salvarmi lui.
infatti quando entrò nella nostra stanza subito capì che qualcosa non andava.
si affrettò a sedersi sul letto e vedendomi in lacrime mi prese il telefono dalle mani e mise in vivavoce.

"...mi stai ascoltando? ovunque tu sia sappi che se ti troveremo, sarà finita per te. lo sapevi già che saresti stata mia un giorno"

«non penso proprio» rispose jay.

"park ti uccido"

«non prendertela con lei, piuttosto guardati le spalle. le chiavi della vostra casa di shibuya non le ho di certo rubate, è stato qualcuno a darmele, ora sono cazzi vostri»

"cosa intendi"

«che sei di voi verranno arrestati questa notte»

"come solo sei"

«perché yoongi..c'è una spia tra di voi».

fu proprio yoongi a chiudere la chiamata e lasciarci finalmente in pace. dopo un ultimo singhiozzo mi asciugai gli occhi, ancora delusa dalla persona che era diventato.
«puoi stare tranquilla, non ci faranno nulla» mi rassicurò jay, ed ero così fortunata ad averlo al mio fianco. 

«mi sei mancato oggi» dissi in tutta verità, dopo esser stata da sola tutto il tempo a sopprimere la mia voglia di lui.

presi la sua mano per stringerla e lo abbracciai. le sue labbra sfioravano la mia spalla e ogni tanto lasciavano baci di qua e di là.
le sue dita affusolate portarono il lembo della mia maglietta sempre più su, lasciandomi brividi lungo la schiena.

passò la mano tra i miei capelli, portandomi una ciocca dietro l'orecchio, e lì lasciò un bacio, un bacio che poi diventò un morso.

«lo so»

jay conosceva il mio punto debole, le clavicole, e non esitò due volte a mordere la pelle più sensibile e a lasciarla viola e dolorante,
un taglio.
forse, non gli piaceva vederla candida.

sapeva che la temperatura si stesse alzando e si sbottonò i primi tre bottoni della camicia bianca, fino a quel momento stirata.

mentre faceva sparire la coperta che impediva  ai nostri bacini di toccarsi, gli allentai la cravatta e con essa lo avvicinai al mio viso per poterlo baciare, ma non mi diede modo di farlo.

infatti si stava slacciando i pantaloni, probabilmente li sentiva sempre più stretti, come io sentivo qualcosa che premeva fra le mie gambe.

parlava a bassa voce, mentre io guardavo la luna fuori dalla finestra, in preda al piacere. avevo farfalle nello stomaco e nodi in gola sebbene lui stesse andando lentamente, voleva creare un'attesa disperata,
anche se erano ore che aspettavo.

e le mie gambe stanche attorno alle sue guance tremavano, mentre le nuvole coprivano l'ultimo spiraglio di luce lunare, facendo piovere.

ricordo ancora i nostri corpi sciolti in osmosi, alternavano guerra e pace, sperando che l'alba non arrivasse mai, per non separarci dai nostri sogni.

ero un libro chiuso che in qualche modo lui aveva imparato a leggere. mi piaceva come suonava il mio nome dalle sue labbra.
come la nostra camera ansimante, i respiri affannati che cercavano aria l'uno nell'altro.

il ritmo e il tempo, ma non era quello di un'orchestra, nemmeno della pioggia che batteva sui vetri. le mani sulle anche come un'ancora, che premevano violentemente sulle ossa. i lividi, i rossori, i graffi, erano solo una piccola parte di noi, che mostrava i segni dell'amore, gocciolante.

gli sguardi e i baci, disperati, perché sapevamo di non essere al sicuro. il destino era imprevedibile ed implacabile, ma ci concesse una notte, quella notte, per dirci tutto ciò che non ci eravamo detti.

il suo corpo stanco sul mio, un ultimo bacio prima di entrare in un sonno profondo. e io lo stringevo a me cosicché non fosse volato via. odiavo il sole che stava sorgendo, si era portato via con sè la notte più lunga e intensa.

era la notte di capodanno. luci colorate che ancora apparivano nel cielo.

io amavo i fuochi d'artificio

ma nessuno quanto quello che
provavo quando ci baciavamo.

𝒅𝒓𝒊𝒑 ;; jay enhypenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora