30: Soulmate [matsuhana]

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Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it
» Prompt: Soulmate
» N° parole: 1600
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Alla parola "anima-gemella" gli occhi di chiunque s'ingigantivano ed iniziavano a brillare. Erano due parole che ne formavano una, e così – voleva la convinzione comune – due persone legate dal destino, una volta trovatesi, sarebbero diventate una cosa sola. In molti si dicevano rassicurati al pensiero di avere una persona predestinata che l'attendeva, ma non Hanamaki Takahiro. Il ragazzo, d'altronde, assisteva ogni giorno alle discussioni dei suoi genitori, così se su una cosa era sicuro, quella era che tutta la faccenda delle anime gemelle fosse sopravvalutata, perché nessuno parlava mai del fatto che non per forza la tua persona doveva necessariamente essere qualcuno con cui saresti andato d'accordo. Era evidente con i signori Hanamaki, ma volendone avere la certezza un giorno Takahiro chiese spiegazioni a suo padre. Da lui apprese che sì, lui aveva inequivocabilmente saputo al primo sguardo che sua madre era la sua metà; sin da subito aveva iniziato a battergli forte il cuore e a dolergli la pancia in sua presenza, e tutt'ora gli accadeva. Era innamorato senza dubbio né possibilità di uscirne, ma – gli spiegò anche – i due non erano mai realmente andati d'accordo. Per mesi avevano cercato di capire cosa gli facesse più male: se stare lontani l'uno dall'altra o al contrario rimanere fianco a fianco. A distanza di anni e con il dono di un figlio, gli disse che ringraziavano entrambi il Cielo per aver scelto infine la seconda opzione. Takahiro – lo capì facilmente anche da solo – era l'unica cosa che i due adulti avessero in comune e sulla quale non avrebbero mai avuto bisogno di discutere.

Per il proprio futuro il ragazzo non voleva questo. Guardare una persona e capire che quella sarebbe rimasta – volente o nolente – a far parte per sempre della sua vita era una cosa che forse piaceva ai molti, ma non a lui. E mettere al mondo un bambino e dargli il peso di essere l'unica punta di sutura che permetteva al matrimonio dei genitori di non scucirsi era una cosa che gli piaceva ancora meno.

Non c'era molto che potesse fare, in ogni caso, perché l'universo funzionava così, ma era con apprensione che il castano si ritrovava a fare nuove amicizie; con paura che incrociava gli sguardi degli sconosciuti per strada, e allo stesso modo – ogni anno – si ritrovava a cambiare classe.

Non fu diverso il primo giorno di liceo. Scattò la foto di rito davanti all'edificio insieme ai suoi genitori, assistette alla cerimonia di apertura, ed infine raggiunse la classe che gli era stata assegnata. Come ogni anno, il tutto accompagnato da un unico pensiero ricorrente: "Fa che non la incontri oggi." ma se per quindici anni aveva avuto fortuna, quel giorno fu diverso. Alzò lo sguardo con l'intento di cercare un banco su cui sedersi, ma a trovare fu solo la sua anima gemella.

Sospirò e – immediatamente – capì cosa avesse voluto intendere suo padre quando gli aveva detto di aver capito al primo sguardo che sua madre era quella giusta.

Nel suo caso, la sua altra metà era un ragazzo, alto, magro, dai capelli scuri e lo sguardo serio; bello nel complesso, ma avrebbe anche potuto essere un rospo e a Takahiro sarebbe piaciuto ugualmente. Notò le sue guance imporporate e si chiese se anche le proprie non apparissero in quel modo; notò il modo in cui lo stava fissando e, ancora, si disse che probabilmente era solo il riflesso del modo in cui Hanamaki stava osservando il corvino.

Deglutì e questo, forse, gli snebbiò la mente quel tanto affinché Takahiro riuscisse ad occupare con la propria cartella – durante il tragitto verso l'altro – un banco singolo e distante da quello già preso dal più alto. Se era costretto a condividerci la vita, d'altronde, meglio prendersi per quanto possibile alcuni spazi. Si raggiunsero a metà strada. Il rossore persisteva ancora sulle guance della sua anima gemella, eppure furono gli occhi calanti a catturare l'attenzione di Hanamaki una volta avvicinati. Quel ragazzo dava tutta l'impressione di essere fin troppo serio e poco incline alle risate, il che non si prospettava un bene se comparato al carattere del castano.

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