ventunesimo

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Domenica 04/10/1987
Luca

Mi sveglio con la luce soffusa che entra dalle persiane. Mi giro immediatamente a vedere la sveglia che segna l'ora: mezzogiorno. Oggi i miei sono fuori tutto il giorno e in casa c'è solo Valerio che ovviamente starà studiando. Non che sia sbagliato, certo, ma da quando frequenta l'università e si è trasferito a Milano con altri ragazzi è diventato ancora più riservato di quello che era prima. Io e lui non parliamo più di tanto. Oppure è meglio dire che io e lui non abbiamo mai parlato punto. Va bene, lui è un introverso e riservato topo di biblioteca, ma è sempre stato così rigido, così chiuso e così riservato sotto tutti i punti di vista. Sì, alle feste di liceo ci andava anche lui (chi non ci va?), ma niente di più. Niente sgarri, niente note, niente di niente. Mentre lui è sempre stato un enigma, e con enigma intendo difficile da leggere e difficile da capire, io, nonostante la mia introversione, sono sempre stato un libro aperto. È sempre stato facile capire le mie intenzioni, anche se ho imparato a mascherarle molto bene. Sono sempre stato il "fratello minore ribelle", ma ribelle non in modo negativo, piuttosto sono sempre stato più scalmanato, più aperto, più all'avanguardia. Avevo, e ho, sempre mille nuove idee, mille pensieri e la testa costantemente fra le nuvole.
Le differenze sono state sempre visibili. Forse è per questo che io e lui siamo arrivati a questo punto. Questa freddezza che c'è tra noi è cresciuta col tempo, e nonostante lui abbia solo quattro anni più di me, sembra appartenere ad un'altra generazione. Magari però è così solo a casa; magari ha una qualche vita segreta ed esce tutte le sere a spassarsela con le ragazze o con... no dubito. Magari è proprio lui l'anima della festa, ma io non lo so e non so se lo saprò mai.
Beh, di certo non potrà battermi in quanto ad azioni folli e ribelli. In quello ho decisamente vinto io ieri sera. Pensando a ieri sera...
"Luca" bussa mio fratello alla porta di camera interrompendo il mio flusso di pensieri
"È pronto" annuncia
"Arrivo" gli rispondo, mettendomi una felpa e dirigendomi in cucina dove trovo la tavola già apparecchiata per due. Mi siedo cominciando a versarmi un bicchiere d'acqua mentre lui mette in tavola due piatti di pasta al pesto.
"Oggi pomeriggio non disturbarmi, mi serve il telefono. Devo finire di fare un progetto con il mio gruppo"
"D'accordo, tanto non è che abbia da fare qualcosa. Studierò".
"A proposito, ieri sera potevi anche fare meno casino, hai svegliato tutti"
"Non è stata colpa mia"
"Ah beh, non sei stato tu ieri sera ad ubriacarti e tornare a casa alle tre come se nulla fosse" dice sarcastico, cosa che fa raramente
"Stefano si è ubriacato anche lui e non poteva portarci a casa in macchina quindi siamo tornati a piedi"
"Tu e chi?"
"Io e Claudio, un mio amico. Abita nel cortile quello là" faccio cenno indicando più o meno la zona del cortile
"Ah okay. Ora capisco la chiazza marone sulla tua camicia, e sì, è in bagno e la mamma si è arrabbiata"
"Vabbè viene pulita, al massimo ne compro un'altra. Mh buona sta pasta"
"Uno dei pro di abitare da solo è che qualcuno per forza deve cucinare"
"E quel qualcuno saresti tu?"
"Scusa? Tu non saresti più bravo di me. Se lasci cucinare quei tre là ti mandano a fuoco l'appartamento. Ecco perché mi sono preso questo impegno" mi dice in modo che sembri rilassato.
"Capito -dai, ora che sono qui riusciremo a scambiarci qualche parola più intima- come va in università"
"Bene, è stancante e tra poco dovrò cominciare a lavorare alla tesi, ma per il resto va bene"
"E con i coinquilini?"
"Due sono cambiati, ora siamo io, quello dell'anno scorso e due primini, uno di Brera e uno di architettura. Ci troviamo bene, non c'è nessun rompipalle come te" mi dice continuando a mangiare la sua pasta come se niente fosse. È comunque già tanto che stiamo avendo una conversazione decente dopo settimane. Sento che se chiedessi qualcosa d'altro non farà male a nessuno
"E la tipa?"
"L'ho lasciata da un pezzo, non lo sapevi? Ormai sarà stato marzo dell'anno scorso. Ci sono state...ehm, complicazioni. Sì, chiamiamole così"
"Ah... non lo sapevo, non mi parli mai di nulla... Anzi, non mi parli mai" gli dico ottenendo in risposta solo un silenzio davvero imbarazzante. Prendo un'altra forchettata di pasta e poi decido di fargli un'altra domanda, forse un po' troppo intima dato il basso grado di confidenza tra noi, ma giusto per spezzare l'atmosfera"
"Ma ora c'è qualcuno che ti piace?" chiedo mentre lui alza lo sguardo.
"In realtà ehm, più o meno... è complicato, sì... ma ora non stiamo qui a parlarne" conclude con una risatina nervosa. Ecco, se c'è una cosa che lui non per niente bravo a nascondere erano le bugie. Lui è sempre stato un enigma, ma quando si parla di mentire, pure un bambino di cinque anni sarebbe capace di farlo meglio. Ogni volta inizia a tremargli la voce o inizia a guardare da altre parti evitando il contatto visivo. Cioè ovviamente mi sta nascondendo qualcosa, non è che da un giorno all'altro ci mettiamo a raccontarci i segreti a vicenda, però ecco vorrei che questa cosa tra noi si risolvesse.
"Tu e Cristina invece?"
"Oddio -esclamo portandomi una mano sulla fronte- io e Cristina niente. È come una sorella, non c'è nulla tra di noi. Non c'è nessuno e non mi va di parlarne in questo momento" gli dico serio tornando a mangiare. Dopo questo tentativo fallito di intimità stiamo un po' in silenzio finché poi riprendiamo a parlare di cose superficiali, come film, libri e scuola, ma mai più cose così intime. È quasi come se nessuno dei due volesse rientrare nell'argomento, come se nessuno dei due volesse veramente aprirsi all'altro e quindi rimaniamo sempre sul superficiale senza mai addentrarci, cosa che invece sarebbe utile per capirci di più.
Finito di mangiare ritorniamo alle nostre attività, lui si appropria del telefono in salotto mentre io mi metto in camera mia a studiare.
La giornata piovosa contribuisce a diminuire la mia voglia di studiare; non vorrei fare assolutamente nulla in questo momento, solo stare sdraiato sotto la pioggia... che bello sarebbe. Ancora più bello se con Claudio. Già, Claudio.
Ho ignorato quel pensiero per tutta la mattina, ma ora si sta insinuando in modo talmente prepotente che è impossibile evitarlo. Non l'ho sentito. Chissà come sta... ricorderà qualcosa o no? Starà male o no? Perché non mi ha chiama? L'avrò forzato? Oppure lui pensa di aver forzato me e si sente in colpa? La mia mente è un vortice di pensieri, ma c'è una domanda che non svanisce come le altre: Claudio mi piace?
Mi piace davvero, o è stato tutto frutto dell'ebbrezza di ieri sera? Non so, sento di volere qualcosa di più della semplice amicizia... sono confuso ma allo stesso tempo sono sicuro di ciò che voglio. Mi piacciono i ragazzi? Non lo so, ma so che vorrei baciarlo o tenergli la mano un'altra volta. Ma le ragazze mi piacciono ancora... Non so se i miei sentimenti siano giusti, sono davvero troppo confuso. E se mi sbagliassi? E se mi fossi fatto qualche strano complesso mentale? Non voglio fare del male a nessuno, specialmente a Claudio. Non voglio che pensi male di me... in realtà non voglio che nessuno pensi male di me. Devo parlargli e mettere le cose in chiaro o tutto rischierà di trasformarsi in un enorme e complicato malinteso.
Inoltre c'è anche il rischio che qualcuno ci ha visti. Non ci voglio nemmeno pensare... tutto diventerebbe un grosso casino e probabilmente né io né lui né lui ne usciremmo vivi.
Il problema è che nessuno mi ha chiamato per dirmi qualcosa quindi non so se interpretare il silenzio come "Mi fai schifo, ti odio" oppure come "Non ho visto niente e non ho nulla da dirti". Insomma, so implodendo e i miei pensieri ormai hanno preso il sopravvento. Devo sapere di più.
Prendo coraggio e, in un attimo che c'è il telefono libero, chiamo a casa di Claudio.
"Pronto"
"Chi parla?" mi risponde una voce al di là della cornetta
"Sono Luca, ho accompagnato lui alla festa ieri sera. Lui è in casa?"
"Ah, ciao! Sono Ambra, non so se ti ricordi. Comunque sé, è qui, ma ha la febbre e sta dormendo in questo momento"
"Ah, mi dispiace, puoi dirgli che l'ho chiamato?"
"Sì, lo farò. Ci sentiamo"
"Va bene grazie, allora ti saluto" gli dico mettendo giù il telefono per poi fare un lungo sospiro. Che palle, non posso nemmeno uscire a farmi un giro perché si è messo a piovere a dirotto... posso fare una cosa sola
"Vale!" esclamo dalla camera
"Che vuoi?" urla mio fratello in risposta
"Vieni un momento?"
"Che scassapalle -lo sento dire prima di aprire la porta- cosa devi fare?"
"Sì, c'è un esercizio che non-" non faccio in tempo a finire la frase
"No" secco e poi richiude la porta, perciò mi alzo e vado da lui. Uno dei pro di avere un fratello che studia ingegneria sono le ripetizioni gratis.
"Eddai, per favore... ce n'è uno che non mi viene e martedì ho la verifica"
"Uffa -dice sbuffando sonoramente- dai, porta qua, prima facciamo, prima mi libero di te"
"Sì, grazie!" rispondo per poi andare a prendere il quaderno.
La giornata quindi, continua più noiosa che mai: io studio, Valerio studia, Claudio sta a letto con la febbre, dei miei amici nemmeno l'ombra, fuori piove e sembra che tutta l'atmosfera magica e festosa di ieri sera si sia cancellata definitivamente durante la notte.
È come se fosse una specie di punizione divina per il troppo divertimento... non è giusto.

Come stiamo nel post serata? Premetto che non mi piace moltissimo questo capitolo, quindi eccolo in tutto il suo splendore
Alice

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